martedì 25 febbraio 2014

Piano d'azione europeo contro la violenza sulle donne


Il Parlamento europeo oggi ha dato sostegno a Antonyia Parvanova (NMSP, Bulgaria) che ha richiamato l'attenzione sull'attuazione di un piano d'azione europeo volto a combattere tutte le forme di violenza contro le donne, compresa la tratta contro delle donne. 3,000 donne nell'UE muoiono ogni anno per le conseguenze della violenza. Si stima che tra il 20-25% delle donne nell'UE hanno subito violenza fisica almeno una volta nella loro vita. Oltre il 10% hanno subito violenza sessuale.

L'azione dell'UE nella lotta contro la violenza verso le donne è stata a lungo una priorità nell'area della parità di genere per il gruppo dei liberali e democratici (ALDE). Ma fino ad ora, non c'è stata nessuna strategia sovranazionale per prevenire la violenza contro le donne (VAW), nonostante la chiara dimensione transfrontaliera del problema.

Nella sua relazione, Parvanova si appella per lo scambio di buone pratiche, informazioni e formazione dei funzionari coinvolti. La violenza basata sul genere deve essere considerata come un crimine con una dimensione transfrontaliera. La Commissione europea dovrebbe presentare, entro la fine di quest'anno, un piano per sostenere l'azione degli Stati membri in materia di prevenzione sulla violenza contro le donne. In particolare, è da presentare un piano di azione dell'UE sulle MGF, affrontando questioni quali la prevenzione e la protezione.

Parvanova, che sostiene una campagna da anni per l'azione dell'UE nella lotta contro VAW, dice:
 
"la violenza contro le donne (VAW) è una conseguenza delle disuguaglianze tra uomini e donne, così come un ostacolo alla piena partecipazione delle donne nella vita economica, sociale, politica e culturare. Non c'è dubbio che la violenza contro le donne ha una dimensione transfrontaliera e deve essere affrontata a livello UE. Non c'è bisogno di norme minime, comuni definizioni e azioni per prevenire VAW e per meglio proteggere la metà della nostra popolazione. Lo scopo di questo rapporto è di esaminare possibili lacune nella legislazione esistente e impostare i dettagli di un'ampia strategia dell'UE e possibilità in materia di lotta alla violenza contro le donne. La leadership dell'Unione europea è necessario più che mai. L'Unione europea dovrebbe contribuire a far sì che una vita libera dalla violenza diventi una realtà per tutte le donne nell'Unione europea."
 
Il tema di quest'anno della giornata internazionale della donna è la lotta alla violenza contro le donne. Parvanova parteciperà a una riunione straordinaria del Parlamento su "Prevenire la violenza contro le donne - una sfida per tutti". 
 

venerdì 14 febbraio 2014

Il mondo balla per la giustizia: oggi One Billion Rising

Il mondo balla per la giustizia: oggi One Billion Rising
(Alex Ogle/AFP/Getty Images)
Donne - Contro la violenza sulle donne e bambine. Domani in tutto il mondo una mobilitazione internazionale nata dal lavoro di Eve Ensler, autrice dei "Monologhi della vagina". Quest'anno il tema è la giustizia .
 
One Billion Rising questa volta è “for justice” e cioè “un appello per promuovere una giustizia rivoluzionaria”, come la chiama Monique Wilson direttrice dell’evento mondiale che anche quest’anno chiede di danzare contro la violenza su donne, ragazze e bambine. Una mobilitazione internazionale nata dal lavoro di Eve Ensler che ha portato per anni in giro per il mondo i suoi “Monologhi della vagina”, e che lo scorso anno ha voluto lanciare il XV anniversario del V-Day, chiamando un miliardo di donne e uomini in una mobilitazione che ha visto più di 10mila eventi sparsi per tutto il Pianeta.  

Ma la danza non basta ed è per questo che OBR domani, 14 febbraio, punterà il suo dito dritto verso la giustizia, o meglio contro l’ingiustizia che colpisce trasversalmente tutte le donne di ogni età, ceto sociale, cultura, paese e provenienza.

“Molti dei nostri sostenitori – spiega Eve Ensler – ci hanno scritto per dirci che quest’anno volevano andare oltre, andare più in profondità, affrontare la questione dell’impunità e della mancanza di responsabilità da parte delle istituzioni, quali fattori significativi nella perpetuazione della violenza contro le donne. E un miliardo per la giustizia, chiama le sopravvissute, e coloro che le hanno aiutate, a rompere il silenzio attraverso l’arte, la danza, le processioni, i rituali, con canzoni, parole, testimonianze e altre modalità che meglio esprimano il loro senso di ribellione, i loro bisogni, i loro desideri e la loro gioia”.

“One Billion Rising for justice” è quindi un evento non perché si balla ma perché se è vero che nel mondo “in media, almeno una donna su tre è stata picchiata, abusata sessualmente o aggredita dal partner durante la sua vita”, come riporta l’Onu, questa è l’occasione in cui molte persone vengono raggiunte da un messaggio preciso sulla violenza contro le donne, e soprattutto le associazioni e chi lavora sul territorio può unirsi, confrontarsi e fare rete per spingere in quello che è la specificità del proprio luogo (come dimostra la mappa) dandosi forza reciproca.

Per questo il 14 febbraio non si ballerà soltanto: per domani le donne bosniache hanno ottenuto di far discutere in parlamento la legge sulla sull’indennità di guerra per gli stupri subiti durante il conflitto, e in Perù il Demus, un’organizzazione che si batte per migliaia d’indigene sterilizzate durante il regime Fujimori e per le tutte le donne stuprate durante il conflitto armato, ha messo un processo “finto” in cui chiama in causa lo Stato per adempiere all’obbligo di dare il giusto risarcimento alle donne con una Corte presieduta da importanti personalità come Cecilia Medina Quiroga, ex presidente della Corte dei diritti dell’uomo Inter-Americana (IACHR). In tutta l’America Latina, che ha il più alto tasso di femminicidio nel mondo, dal Guatemala alla Colombia, il Costa Rica, Panama, Cile, El Salvador, tutte e tutti gli attivisti si sono mobilitati da mesi sia nelle comunità rurali, che cercando canali di interlocuzione con funzionari governativi, e in Messico si sta lavorando per ospitare 12.000 persone nella Plaza de la Constitución di fronte alla Cattedrale di Città del Messico.


In Sud Africa, sia a Città del Capo che Johannesburg, si affrontano due grandi temi: la violenza contro la comunità LGBT e gli stereotipi maschili, mentre i gruppi di donne del Sud-Est e Asia meridionale - Filippine, India, Nepal, Bangladesh, Indonesia, Thailandia - chiedono uno sviluppo economico e ambientale sostenibile per le donne nel sud del mondo e la fine della militarizzazione e dell’intervento straniero nelle zone di conflitto. In Usa le campagne sono tantissime e ci si concentra su immigrate, diritti delle farmworker, le molestie sessuali sul luogo di lavoro, trafficking e turismo sessuale.

Negli ultimi 20 anni ci son state 20.000-50.000 donne stuprate in Bosnia, 250.000-500.000 in Ruanda, 50.000-64.000 in Sierra Leone, e una media di 40 donne stuprate al giorno nella Repubblica Democratica del Congo: stupri di guerra per cui ancora adesso molti dei responsabili, sono rimasti impuniti (dati Onu). Le spose bambine sono circa 60 milioni con territori, sempre secondo l’Onu, come il Medio Oriente in cui la situazione è difficile da valutare perché il fenomeno non è censito, e Paesi come lo Yemen dove l’elenco delle “piccole spose” che muoiono di parto è un bollettino di guerra. Nei 14 anni di guerra civile liberiana il 40% delle donne ha subito violenze con conseguenze psichiche e fisiche devastanti, e nella sanguinosa guerra civile in Sierra Leone migliaia di donne, ragazze e bambine sono state stuprate e ridotte a schiave sessuali, mentre un numero imprecisato di donne e ragazze sono state violentate in Darfur, nel Sud Sudan e sui Monti Nuba durante conflitti dove venivano spezzate le gambe alle ragazze che scappavano per evitare lo stupro, secondo Amnesty International. Donne che nei campi profughi di Kenya, Ciad, Etiopia, Eritrea, continuano a essere violentate appena si allontanano dalla propria locazione per fare legna da ardere.


Una violenza che si combatte a partire dalla parola, dalla rottura del silenzio e con il racconto delle storie individuali, come chiede Eve Ensler. Per una giustizia reclamata e pretesa che metta in luce la violenza contro le donne non solo come violenza fisica o sessuale ma come violenza che nasce dalla discriminazione di genere da quando una persona nasce femmina. “Il richiamo alla giustizia - dice Nico Corradini, una delle responsabili di OBR Italia - non è solo riferito all’accesso delle donne alla giustizia ma esprime il desiderio di una vita in cui sia possibile una maggiore giustizia sociale a partire da una reale parità tra uomini e donne in tutti gli ambiti della vita quotidiana: a scuola, in famiglia, sul lavoro, ovunque. Questo – spiega – è un movimento che arriva veramente a tutti e che può divulgare anche quello che molti non sanno o che conoscono solo superficialmente”. OBR, che ha anche appoggiato la campagna spagnola e poi europea #yodecido per l’accesso delle donne all’interruzione di gravidanza volontaria contro i tentavi di cancellarla, come quello del governo spagnolo, valuta come passo importante di una società, l’autodeterminazione delle donne, e riguardo la violenza non rinuncia a sottolineare la necessità dell’applicazione della Convenzione di Istanbul che dà “un quadro completo di come affrontare il tema e per definire azioni che vanno dai centri antiviolenza alla prevenzione, l’educazione, e la sensibilizzazione in ogni ambito: passi necessari per un cambiamento culturale profondo”, conclude Corradini.

Parlare di violenza contro le donne, e di una maggiore giustizia sociale, significa parlare di un fatto che tocca tutte in diversi modi e in diverse fasi della vita, e in cui le istituzioni e le autorità troppo spesso non intervengono o intervengono in maniera superficiale o inefficace, esponendo in ogni caso e ulteriormente la donna che chiede giustizia. Sia la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (2011), e sia la Carta redatta dalla 57a “Commission on the Status of Women” dell’Onu (2013), sottolineano come la violenza contro le donne comprenda “ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi o possa provocare, danno fisico, sessuale o psicologico o una sofferenza alle donne e le ragazze, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o arbitrarie privazione della libertà, sia in pubblico che nella vita privata”, a cui si aggiunge l’esportazione a “governi, soggetti attivi nel settore del sistema delle Nazioni Unite, organizzazioni internazionali e regionali, delle donne e di altre organizzazioni della società civile e del settore privato, ad adottare le azioni a livello nazionale, regionale e globale”, per “il raggiungimento della parità di genere e l’empowerment delle donne in tutte le sue dimensioni”, in quanto “essenziali per affrontare le cause profonde della violenza contro le donne e le ragazze”.

Questo perché ancora adesso, come sottolineato anche dal rapporto di Michelle Bachelet, ex responsabile di UN Women oggi presidente del Cile - “Il progresso delle donne nel mondo: alla ricerca della giustizia (2012) - troppo spesso “i crimini contro le donne non vengono divulgati” e che “milioni di donne nel mondo continuano a subire ingiustizia, violenze e disparità nelle loro case, nel loro posto di lavoro e nella loro vita sociale”, fattori che rendono difficile il superamento reale di una disparità tra uomini e donne.

Una discriminazione presente non solo in paesi “lontani” ma anche nella civile Europa, come la Danimarca dove “un certo numero di reati e abusi sessuali non consensuali in cui la vittima è indifesa a causa di una malattia o ebrezza, non sono punibili per legge se il perpetratore e la vittima sono spostati”, o la Norvegia dove “nonostante il numero di stupri denunciati alla polizia sia aumentato, più dell’80% di questi casi sono stati chiusi prima di giungere in tribunale” (Rapporto Amnesty International 2012).



domenica 9 febbraio 2014

Lettera aperta a Laura Boldrini

Lombardi (M5S) : “Cara Laura ti scrivo. Riacquista la tua dignità di donna”

Postato l'8 febbraio 2014 da Felice Marra su ItaliaInCrisi

Cara Laura ti scrivo, così parliamo un po’.

Dopo la tua veemente solidarietà a Bignardi, Fazio, Augias, Pippo, Pluto e Paperino, a tutti tranne che alla mia collega Loredana Lupo, picchiata dal tuo deputato questore sotto i tuoi occhi, devo dire che a otto giorni da tale episodio trovo il tuo silenzio ASSORDANTE.

Ho seguito con molta attenzione l’invasione da parte tua di tutte le TV ed i giornali in cui ci dipingevi come trogloditi sessiti e sbavanti di rabbia.

Ho cercato con altrettanta attenzione un cenno di umano dispiacere per la vile ed ingiustificabile aggressione subita da Loredana tra le pieghe delle tue parole stizzite o della tua espressione indispettita ed una punta isterica, quasi da insegnante che non riesce a mantenere l’ordine e va a piagnucolare dal suo superiore.

Ero certa che una donna come te, portabandiera sui media di valori di pace, solidarietà, antiviolenza, tutela delle donne, avesse fatto seguire i fatti alle parole.

Ero sicurissima che, nonostante le ormai incolmabili divergenze di tipo politico tra noi, il tuo impegno fosse così serio e reale da mettere davanti a tutto una durissima presa di posizione contro una violenza senza giustificazioni.

E ti facesse assumere immediatamente una presa di distanza nettissima, che dico nettissima, SIDERALE dal quel questurino manesco di due metri che ha colpito una donna in tua vece.

Eh sì mia cara, il tanto bistrattato Regolamento della Camera dei Deputati parla chiaro al suo art.

8 comma 1, dove recita che il presidente “Assicura il buon andamento dei suoi lavori e che “sovrintende a tal fine alle funzioni attribuite ai Questori”.

È una tua precisa responsabilità il colpo sulla faccia di Loredana Lupo.

Ho anche aspettato qualche giorno che tornassi lucida ma tu niente, continui nel tuo impressionante silenzio.

Eppure avrei dovuto cogliere qualche segnale di allarme quando qualche mese fa mi telefonasti per partecipare alla pièce teatrale che stavi organizzando alla Camera in occasione della giornata mondiale contro il femminicidio.

Avrei potuto intuire una certa ipocrisia di comportamento quando, al declinare l’invito a causa del mio avanzato stato di gravidanza che non mi avrebbe potuto garantire la presenza, non solo non mi hai neanche fatto un cenno di auguri, non hai avuto il buon gusto di cercare una giustificazione per non avermeli fatti prima, dicendo magari che non lo sapevi e hai sostenuto invece che proprio per la mia pancia io ero perfetta per rappresentare l’archetipo della donna, instillando in me l’allora microscopico dubbio di volerti servire del mio pancione per portare acqua al mulino del tuo teatrino.

Laura, cara Laura, ti chiamo ancora così perchè ci siamo sempre date del tu e questa è una lettera da Roberta a Laura, anche perchè hai smesso di essere la mia Presidente nel momento in cui ti sei permessa, da terza carica dello stato, di tentare di delegittimare una forza democratica che rappresenta un terzo del Paese ma di cui non condividi l’azione politica.

Cara Laura, dicevo, sei ancora in tempo per dare concretezza alle tante parole che spendi sui media in difesa delle donne: caccia il questurino violento, metti al sicuro noi donne che ogni giorno lavoriamo alla Camera dai suoi accessi di rabbia e abbraccia Loredana.

E riacquisterai la tua dignità di donna.

Roberta Lombardi
Portavoce M5S Camera

martedì 4 febbraio 2014

Genitori ed insegnanti a confronto con Educatori e Psicoanalisti

Gli adulti imparano, gli adulti insegnano l'arte della convivenza tra uomini e donne (di ZeroViolenzaDonne)

Zeroviolenzadonne festeggia i 5 anni di attività con un Progetto nelle Scuole delle periferie romane finanziato dall’Otto per mille della Tavola Valdese

"Cosa vuol dire essere genitore?",


"Come si insegna l'identità sessuale?"

"Cosa vuol dire crescere in periferia?"

"Quanto influisce la Tv nell’educazione dei bambini?"

Queste sono alcune delle domande a cui Zeroviolenzadonne ONLUS cercherà di rispondere incontrando i genitori e gli insegnanti di alcune Scuole materne ed elementari, con il progetto "Gli adulti imparano, gli adulti insegnano la relazione tra uomini e donne" reso possibile grazie all'Otto per Mille della Tavola Valdese.  Il Corso prevede 5 incontri in ogni Scuola di due ore ciascuno.

Il Corso prevede 5 incontri di due ore in 4 Istituti Comprensivi di altrettante periferie romane: Istituto Via dell'Archeologia a Tor Bella Monaca, Istituto Via del Rugatino a Torre Maura, Istituto Via del Casale di Finocchio a Finocchio, Istituto Via dei Sesami a Centocelle.

Sempre più spesso infatti gli adulti si ritrovano impreparati a dare una risposta alle domande dei bambini e degli adolescenti legate alla definizione della propria identità affettiva e sessuale, ai pregiudizi e alle discriminazioni ad essi collegati.
I mutamenti profondi della famiglia hanno comportato una trasformazione delle relazioni tra i sessi, e i ruoli materni e paterni spesso non sono così distinti e caratterizzanti. Lo sviluppo culturale e tecnologico inoltre ha modificato profondamente il comportamento umano.


Scopo del progetto quindi è formare gli adulti perché educhino i bambini e le bambine a comprendere la propria identità come strumento principale di riconoscimento dell'altro per una cultura del rispetto delle diverse appartenenze di genere, delle scelte affettive e sessuali. In particolar modo quando trasmesse dai media e dalle pubblicità.
Il Corso inoltre svolgerà un'azione di informazione sui temi della violenza contro le donne, i bambini e le bambine, tra i maggiori fattori di disgregazione sociale.

"La genitorialità si manifesta soprattutto come disposizione psicologica e non consiste solo nel desiderio di avere figli, ma anche nella capacità di crescerli in modo adeguato" - dice Monica Pepe, coordinatrice del progetto e curatrice del sito Zeroviolenzadonne.it.
Il progetto ha anche lo scopo di fornire un sostegno al contesto educativo laddove bisogna accogliere i dubbi e le paure dei bambini e degli adolescenti e aiutarli a sviluppare la propria identità personale, affettiva e sessuale.

- Istituto Via dell'Archeologia a Tor Bella Monaca,

- Istituto Via del Rugatino a Torre Maura,
- Istituto Via del Casale di Finocchio a Finocchio,
- Istituto Via dei Sesami a Centocelle
queste le Scuole e le periferie romane.
 

"Ci sembrava prioritario intervenire dove le differenze sociali sembrano accorciate dal consumo e dalla tecnologia, ma di cui in realtà non si parla più - conclude Monica Pepe - mentre persistono situazioni critiche e di disagio aggravate dalla crisi culturale e di valori che il Paese vive da anni".

Gli argomenti e i relatori del Corso sono:
- Individuo e identità di genere nel processo educativo dei genitori, Geni Valle (psicoanalista A.I.Psi.)
- Sentimenti e Sessualità: il rimosso dell'educazione scolastica, Geni Valle (psicoanalista A.I.Psi.)
- Maschio e femmina, adulto e bambino nel processo educativo formativo, Stefano Ciccone (genetista, Maschile Plurale)
- Media e linguaggio del corpo, Loredana Lipperini (scrittrice)
- La città dei bambini nella mente degli adulti, crescere e vivere in periferia, Gianni De Domenico (educatore)