martedì 13 dicembre 2016

Report Tavolo "Narrazioni della violenza attraverso i media"


https://nonunadimeno.wordpress.com/…/report-tavolo-narrazi…/

I lavori del tavolo “Narrazioni della violenza attraverso i media” sono partiti analizzando la comunicazione sul tema della violenza in un’ottica transmediale: dall’informazione alla pubblicità, dalle serie televisive alle canzoni, c’è un sostrato strutturale di rape culture, una cultura che tollera, legittima, persino alimenta la violenza (maschile) contro le donne.

Nella carrellata di immagini pubblicitarie che abbiamo visionato la violenza di genere viene (an)estetizzata: dai corpi femminili privi di vita o sottoposti a violenza è rimossa ogni traccia di dolore e sofferenza, i corpi appaiono in salute e belli, diventano oggetto di contemplazione, spesso nella forma di spettacolo erotico, destinato ad uno sguardo maschile eterosessuale (benché si usi questa tecnica per promuovere generi commerciali destinati a un pubblico femminile, come l’abbigliamento).

L’(an)estetizzazione contribuisce ovviamente alla normalizzazione, accettabilità, persino desiderabilità sociale della violenza sulle donne.

Dalle pubblicità commerciali alle canzoni di Rihanna ed Eminem fino agli articoli di giornale sui casi di femmicidio c’è una straordinaria coerenza di costruzione discorsiva, in cui la violenza sulle donne è raccontata dal punto di vista di chi la esercita e sublimata come parte del “mito fusionale”, dell’ideologia dell’amore romantico/passionale: l’uomo che agisce violenza viene rappresentato come ‘innamorato’ della vittima, il movente è la gelosia, ritenuta una “passione sana” (al contrario della violenza che è morbosa od eccessiva) oppure l’incapacità di accettare la separazione, raccontata con modalità che producono empatia ed assoluzione, deresponsabilizzando e legittimando l’autore della violenza.
Un altro frame spesso impiegato è quello della relazione conflittuale, che giustifica una violenza letale come reazione a una discussione e sposta la responsabilità dall’aggressore all’intera dinamica di coppia, di fatto alludendo alla corresponsabilità della vittima. In ogni caso, nonostante l’impiego del termine femminicidio sia aumentato da 4 articoli nel 2006 a 5000 articoli nel 2013, il modo di affrontare e descrivere il fenomeno rimane ancorato alla percezione della violenza come questione individuale.

Anche nelle campagne di comunicazione sociale permangono diversi stereotipi, tra cui la vittimizzazione della donna, rappresentata come passiva, inerme, e l’irrapresentabilità del maschio violento, assenza, ombra, fantasma, se non mostro, strategie che servono ad allontanare la violenza come “altro da noi”. Abbiamo invece ribadito la necessità del partire da noi, di costruire altre narrazioni della violenza, e abbiamo visionato insieme alcune buone pratiche ed esperienze positive sul terreno della produzione di immaginario, nate in campo educativo (il video “Questo non è amore” e la campagna “Che cos’è l’amor”, è stato citato anche il lavoro educativo/comunicativo della campagna NoiNo.org sul maschile ragionando su come lavorare sulla rappresentazione del maschile). È stato ribadito che il nostro lavoro deve puntare a rinnovare e ridefinire il discorso, uscendo dalle trappole narrative di questo ordine discorsivo, rifiutando il paradigma psicopatoligizzante, allarmistico ed emergenziale, e chiedendoci cosa ha da dare la parte maschile su questo e con quale strumenti possiamo combattere contro la microfisica della violenza che innerva le nostre vite.

Per la stesura degli obiettivi inerenti il tema Narrazioni del Piano antiviolenza femminista che Non Una Di Meno scriverà nei prossimi mesi, è stato proposto di partire da quello che esiste, (Convenzione di Istanbul, Cedaw, Rapporto Ombra Cedaw) e dalle buone pratiche solo in parte raccontate oggi che vorremmo raccogliere, sistematizzare e far confluire in una pagina web ad hoc del sito https://nonunadimeno.wordpress.com/

È stato proposto di fare pressione pubblica per ottenere un ente in seno a un futuro Ministero delle Pari Opportunità che sanzioni le pubblicità sessiste, delegittimando lo Iap (Istituto autodisciplina pubblicitaria), e l’Agicom, dimostratisi più volte inefficaci.
È stata inoltre denunciata l’esclusione delle associazioni di donne che lavorano su sessismo nei media dalle consultazioni CambieRAI realizzate per il rinnovo della convenzione Stato-RAI dello scorso ottobre e l’assenza delle questioni di genere dal relativo questionario Istat, che si richiede sia arricchito, somministrato su un campione più adeguato, chiarito dal punto di vista di genere.
È stato proposto di lavorare sul contratto di servizio della Rai (scaduto dal 2012) per presentare degli emendamenti.
È stata anche affrontata la questione dello Hate speech in rete e lanciata la proposta di creare una sorta di “task force” comunicativa che realizzi una grande campagna di comunicazione integrata femminista con un hashtag comune, che possa sia monitorare in modo capillare la produzione informativa, che diffondere contenuti sui social e attraverso i blog che fanno parte del percorso di Non Una di Meno, in una sorta di coordinamento della diffusione dell’enorme mole di materiale comunicativo autoprodotto dalle realtà afferenti al percorso nazionale.

Diverse associazioni culturali sono intervenute per ribadire la necessità di fare rete nella produzione e diffusioni di immaginari alternativi, anche in ambito artistico, performativo, musicale, creando piattaforme di condivisione e di autoformazione, mentre da alcune esperienze di centri antiviolenza è emersa la necessità di parlare di più di quello che si fa nei centri, di dare più voce alle donne che sono uscite dalla violenza (pratica ritenuta invece da altre pericolosa e facilmente strumentalizzabile, come ad esempio nel caso di Lucia Annibali).



Anche se si crea l’interlocuzione con alcune giornaliste, nel rapporto con i media il lavoro dei centri antiviolenza rimane comunque invisibile o distorto. 

Si sono ricordate alcune esperienze importanti nella narrazione dei media dal punto di vista dei centri antiviolenza, come il festival La violenza illustrata, e alcuni esempi di narrazione positive: Pensavo Fosse amore | Via del Gambero 77. Da più parti è venuta inoltre la richiesta di lavorare, a partire da noi stesse, sul linguaggio di genere, perché se non ci nominiamo non esistiamo. C’è chi ha proposto di lavorare su campagne e azioni positive, ma dandoci obiettivi programmatici, e chi ha lanciato l’idea di organizzare pressioni strutturali sull’ordine dei giornalisti, le testate, i pubblicitari con azioni di lotta che ci permettano di agire il conflitto verso i media. È uscita ovviamente anche la proposta di percorsi formativi per chi si occupa di comunicazione, in cui possano essere protagonisti i centri antiviolenza.
È stato inoltre proposto di richiedere una commissione di esperte, un osservatorio che vigili sulla comunicazione, anche quella governativa, visti i recenti casi del Fertility Day o lo spot Rai contro la violenza sulle donne. Qualcuna ha ipotizzato un meccanismo di rating.

Sintetizzando i piani, molto diversi tra loro, emersi durante la discussione riguardano:
- pressione sulle istituzioni nell’ambito della comunicazione
- monitoraggio narrazioni mediatiche mainstream
- mobilitazione femminista e pratiche di lotta contro i media
- formazione di giornalisti/e e comunicatori/trici
- autoproduzione di narrazioni
 

L'immagine può contenere: folla, una o più persone, spazio all'aperto e sMSIl tavolo “Narrazioni della violenza attraverso i media” ha raccolto esperienze, analisi, proposte molto diverse tra loro, e non tutte le donne e gli uomini che volevano intervenire sono riuscite a farlo: una ricchezza che ci ha motivate a definire la costituzione di 5 sottotavoli di lavoro, ossia dei gruppi operativi dedicati a “informazione”, “fiction”, “pubblicità”, “nuovi media”, “narrazioni artistiche” con la presenza delle professioniste (giornaliste, comunicatrici, artiste), delle ricercatrici, delle operatrici antiviolenza, di chi si occupa di educazione e delle attiviste in ognuno dei gruppi i lavoro tematici individuati. 

Nel gruppo è emersa la necessità di rivedersi dopo Natale, richiesta che si sposa perfettamente con la data del 4-5 febbraio proposta successivamente in assemblea. Si è inoltre deciso di costituire una mailing list unendo gli indirizzi delle persone già iscritte al tavolo con quelli raccolti alla fine della mattinata del 27 novembre, per cominciare a condividere tutti i materiali e preparare, tramite i gruppi operativi di lavoro, le basi per il prossimo incontro.
Il tavolo comunicazione aderisce alla proposta di Sciopero delle donne per l’8 marzo, e discuterà delle azioni pianificabili sul piano comunicativo in vista di quella data.

sabato 3 dicembre 2016

Chi ha paura della marea?

di Infosex - Esc Atelier 
 
Se le donne di tutto il mondo fanno moltitudine
26 novembre 2016: Roma è tornata a essere bella. Donne di tre generazioni differenti hanno aperto e attraversato una manifestazione oceanica, moltitudinaria, di oltre duecentomila corpi sessuati che hanno rotto e diradato la nebbia della prima mattina, il grigio, l'asfissia e l'immobilismo che ormai sembravano regola, battito monotono e irreversibile, del quotidiano. Il sole splende di nuovo, le strade pulsano di vita, desiderio, gioia, quei corpi si intrecciano, confondono, compongono: è marea. Non quella evocata per puro esercizio retorico o strana licenza poetica – slogan spesso tanto più arroganti quanto più frustrati – ma marea vera, che si riappropria della presa di parola pubblica, dello spazio comune, impersonale, inappropriabile e, perciò stesso, profondamente ed eminentemente politico. Del resto si sa, con le donne non c'è Uno che tenga, che esso sia il Sovrano o il Popolo. Una moltitudine dunque, ma non indistinta, piuttosto parziale e (orgogliosamente) differenziata, quella che si è ingrossata e ha preso forma in questi mesi – ma forse dovremmo dire anni – di lavoro, il più delle volte invisibile, nei centri e negli sportelli anti-violenza, nei quartieri, negli spazi sociali, nelle scuole e nelle università, quella che è scesa in piazza lo scorso sabato per dire basta alla violenza maschile sulle donne.

Ma per leggere e interpretare cosa si è dato il 26 novembre a Roma e già prima nelle piazze di tutto il mondo occorre allargare lo sguardo e partire da lontano, ripercorrere lo sviluppo e l'intimo intreccio tra antiche strutture patriarcali, modi di produzione e governo dei corpi. Forse il maggiore contributo della critica femminista all'analisi marxiana della genesi dei modi di produzione capitalistici è stato quello di ampliare lo schema fondamentale della cosiddetta accumulazione primitiva. Le recinzioni messe in atto agli albori della modernità non hanno riguardato primariamente ed esclusivamente le terre, i primi spossessati non sono stati i contadini, ma i corpi delle donne. Con essi, i loro saperi e poteri, un modello altro di comunità. Meglio: la traccia, a mezzo di violenza, di un confine netto tra produzione e riproduzione, la recinzione delle donne – per dirla con Ivan Illich – nello spazio chiuso del focolare domestico è stato ciò che ha reso possibile il lavoro di fabbrica e, quindi, lo sviluppo capitalistico. Presupposto per troppo tempo non detto delle enclosures è stata la “caccia alla streghe”, questo il grande insegnamento di Silvia Federici e, con lei, di un certo femminismo.

Come è noto la storia non ha un decorso lineare e ascendente, ma procede per salti e discontinuità, arretramenti e giri a vuoto, arresti e improvvise accelerazioni. E mai come oggi, in una rinnovata fase di ristrutturazione capitalistica, non solo l'idea di progresso torna a mostrare il suo volto propriamente ideologico, ma l'eterogeneità temporale che caratterizza la produzione contemporanea – quella che tiene insieme hi-tech e nuove forme di lavoro schiavile – subisce una radicale intensificazione. Nuova accumulazione originaria che porta necessariamente con sé processi di rifeudalizzazione, quindi di inusitata ed efferata combinazione di arcaico e (post)moderno, brutale ricolonizzazione dei corpi stessi che, ancora una volta, colpisce in primo luogo le donne.

Bisogna partire da qui se, materialisticamente, si vuol comprendere il fenomeno della violenza di genere come fenomeno strutturale e non emergenziale. Bisogna partire da qui per capire e cogliere il senso profondo che lega le forme specifiche di sfruttamento del lavoro femminilizzato alle ultime e diverse proposte di legge che ambiscono, con rinnovata efferatezza, a controllare e catturare la facoltà riproduttiva delle donne, a distruggere l'accesso all'aborto, a limitare drasticamente la libertà di scelta. Perché ai processi di nuova accumulazione primitiva, spossessamento ed espulsione corrispondono sempre nuove tecniche di disciplinamento e governo dei corpi. Bisogna perciò, una volta di più, partire da qui per afferrare la straordinarietà e la centralità delle lotte delle donne che si stanno dando in tutto il mondo: dall'Argentina alla Polonia, dal Messico alla Turchia, dal Cile all'Islanda, dal Brasile all'Italia.

Un nuovo movimento femminista globale è nato da queste premesse, lo abbiamo visto a Rosario, Varsavia, Città del Messico, Istanbul, Santiago, Reykjavík, Sao Paolo, Roma. Il suo metodo è fatto di solidarietà, di creazione di nuove forme di mutuo sostegno e auto-difesa, di traduzione – Ni Una Menos, Non Una Di Meno, Not One Less –, nella consapevolezza che la partita in gioco ha a che fare con la riconfigurazione del comando capitalistico che, in quanto tale, si muove e agisce al di là dei confini nazionali. Un nuovo femminismo che è finalmente combinazione virtuosa e alleanza reale non solo tra diverse generazioni, ma anche e soprattutto tra diversi femminismi. Che ha rimesso al centro l'intersezionalità come pratica per immaginare forme di resistenza all'altezza dei dispositivi di controllo e di sfruttamento contemporanei, i quali sollecitano e intensificano la produzione delle differenze per estrarne valore. Riprendendo e riattualizzando le suggestioni del Black Feminism, del femminismo decoloniale e queer, si tratta di andare oltre l'idea di un ipotetico essenziale femminile, di praticare l'intersezione delle differenze e delle lotte delle e dei subaltern* del mondo per sovvertire i meccanismi di sussunzione e cattura e imporre nuove pratiche di liberazione e autodeterminazione.

In tal senso la marea che è scesa in piazza il 26 è stata (e vuole essere) una marea parziale, di parte – la “parte dei senza parte”, direbbe Rancière –, che ha intrecciato e combinato assieme le rivendicazioni delle donne con quelle delle soggettività transfemministe, delle e dei migranti, delle studentesse e degli studenti, delle e dei precari. La produzione contemporanea, infatti, fa leva sulla cosiddetta femminilizzazione del lavoro, categoria con la quale si intende non solo la generalizzazione a tutta la forza lavoro di ciò che storicamente ha caratterizzato il lavoro femminile – intermittenza, supplementarietà, gratuità –, ma anche la messa a valore delle forme di vita, delle capacità di cura e relazionali e, quindi, il divenire labile del confine tra produzione e riproduzione, il divenire immediatamente produttivo della riproduzione.

È dalla materialità delle loro vite che le donne in tutto il mondo si stanno sollevando, affermando un nuovo ordine del discorso rispetto al problema della violenza di genere: violenza allora non è solo quella fisica, il cui ultimo e tragico esito è il femminicidio, ma quella generata da un sistema complessivo di produzione e sfruttamento che utilizza strutture arcaiche e patriarcali, di segmentazione e segregazione sociale. Si articola ed esprime sui luoghi di lavoro, attraverso le molestie e le discriminazioni, la disparità salariale, i sotto-compensi, il lavoro gratuito, attraverso l'assenza di un welfare universale e individualizzato capace di garantire l'indipendenza economica e quindi una reale possibilità di autodeterminazione, nelle strutture sanitarie pubbliche, nelle “crociate anti-gender” tra i banchi di scuola, negli sgomberi e nel definanziamento dei centri anti-violenza e dei presidi delle donne. Ancora, violenza è quella che vuole le donne vittime, silenziose e addomesticate, che pretende di tappare le loro bocche, di oscurarle mediaticamente quando queste tornano a gridare, ad affermare la propria potenza e libertà.

Ed è da qui, dalla parzialità dei corpi delle donne su cui è inscritta la coesistenza e l'intreccio di produzione e riproduzione che può ripartire un movimento radicale, capace di farsi moltitudine, in grado di opporsi alle più complessive logiche e politiche neoliberali, all'intensificazione dello sfruttamento, al controllo della vita in quanto tale.
Fiere di essere incompatibili con questo sistema, le donne si sono rimesse in movimento: a Roma, lo scorso 27 novembre, la marea si è raccolta in un'assemblea che ha visto la partecipazione di oltre 1500 persone e ha iniziato il lavoro di scrittura dal basso di un Piano Femminista contro la violenza che tenga conto della complessità e dell'ampiezza del discorso al riguardo e, quindi, delle nostre rivendicazioni su salute, libertà di scelta, lavoro e welfare, educazione e formazione, nuovi modelli di mutualismo e auto-difesa. Rivendicazioni che non si inscrivono semplicemente ed esclusivamente nella cornice delle politiche istituzionali, ma che vogliono farsi – e già sono – immediatamente strumento di lotta e trasformazione.
Per questo è stato accolto anche a Roma, come ormai in 22 paesi in tutto il mondo, l'appello delle argentine che lancia lo sciopero globale delle donne per il prossimo 8 marzo 2017. 
Il mondo dovrà fare esperienza di cosa significa “un giorno senza di noi”, senza le donne, senza quella parzialità che è diventata paradigma dei modi contemporanei dello sfruttamento. Si tratterà allora di capire cosa vuol dire oggi bloccare la produzione e la riproduzione globali, la messa a valore delle cosiddette soft skill, dei nostri stili di vita, dei generi che ci vengono imposti, del lavoro invisibile e gratuito. Uno sciopero sociale e politico, quindi, che sia anche innanzitutto sciopero dai generi, blocco e sovversione dei meccanismi di cattura e controllo delle differenze e delle soggettività. Reinventare la pratica dello sciopero a partire dalla parzialità femminista, questa è la sfida, ricostruire il comune dello sciopero muovendo dal punto di vista di questa moltitudine differenziata, tornare a far male al capitale, a inceppare l'ingranaggio, con la tensione di chi vuole e pretende un cambiamento radicale. Da oggi la marea ritorna in movimento, al grido di “Se la nostra vita non vale, producete senza di noi!” inonderà le strade di tutte le capitali globali, bloccherà il mondo.
Chi ha paura della marea, di questa marea, inizi a tremare.

fonte: http://www.dinamopress.it/news/chi-ha-paura-della-marea

domenica 27 novembre 2016

Manifestazione NonUnaMeno del 26.11.2016

Perché i telegiornali hanno oscurato
la grande manifestazione delle donne?

post di
Casa Internazionale delle Donne

L'immagine può contenere: 1 persona , spazio all'aperto

Da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni per dire no alla violenza sulle donne. Questo il percorso del corteo 'Non una di meno' che ieri ha sfilato per le strade di Roma richiamando tra le fila della manifestazione anche molti uomini, alcuni giovanissimi. Un evento nato dal basso che testimonia una volontà comune, forte e radicata, ma che, come sottolinea il comunicato stampa rilasciato oggi, non ha trovato spazio nei maggiori telegiornali nazionali.

Ieri a Roma una manifestazione di almeno 200mila persone condotta dalle donne, potente e bella come una marea, ha detto all’opinione pubblica di questo Paese che la violenza maschile deve finire perché rovina e spegne le nostre vite, e che le femministe hanno la competenza, il metodo e l’esperienza per sapere quali misure adottare e quali interventi. Oggi discuteremo in migliaia alla Università di Roma un piano d’azione nazionale femminista contro la violenza maschile che sia utile ed efficace. Quando sarà pronto chiederemo con tutte le nostre forze che venga adottato.
Ma nelle edizioni della sera i maggiori telegiornali hanno fatto scomparire la notizia.
Il TgUno, che appena il 25 novembre condannava la violenza sulle donne, ieri sera ha intervistato solo la Ministra Boschi e poi, come per caso, è stata data la notizia che migliaia di donne avevano sfilato a Roma per dire no alla violenza.
RaiDue ha mostrato un papà con un bambino sullo sfondo del Colosseo e della manifestazione, sembrava una festa per famiglie.
La7 non si è accorta di niente.
E allora si pone un problema di democrazia e rispetto delle leggi.
Non accettiamo più che i governi non agiscano da subito per contrastare il femminicidio, che si chiudano i Centri Antiviolenza, che non si faccia prevenzione, educazione, formazione. Volete un’altra manifestazione, più grande? Noi abbiamo le ragioni urgenti, l’energia e la rabbia per farla.

giovedì 17 novembre 2016

FONDAZIONE NARI

National Advocacy for Rights of Innocent - NARI

Visione
Diritti e giustizia per tutti, in particolare per le donne e i bambini che portano alla società il potere, perché ognuno goda la propria vita in pace e prosperità.

Missione
Rafforzare le comunità vulnerabili attraverso la loro partecipazione attiva e il sostegno sociale e culturale in particolare i diritti di donne e bambini per la salvaguardia dei loro diritti, contribuire a una società giusta.

Valori
I valori di NARI Fondazione riflettono le migliori pratiche di:
Rispetto e dignità umana
Onestà e integrità
Porre fine alla violenza contro le donne
Pace - Armonia 
Sensibilità di genere
Trasparenza e responsabilità
Impegno e dedizione
Obiettivi
Integrare e promuovere l'educazione ai diritti civili e umani a tutti i livelli attraverso il sostegno, la creazione di capacità e di sensibilizzazione in diverse sezioni della società, tra cui donne, bambini, minoranze e dei giovani.

Empowerment delle donne attraverso l'aumento della loro partecipazione alle attività economiche e al processo decisionale, garantendo l'accesso alle risorse e il controllo sulle attività di sussistenza.

Migliorare le condizioni di salute delle donne povere e bambini in comunità svantaggiate attraverso il rafforzamento delle strutture sanitarie esistenti e la partecipazione della comunità.

Lottare per garantire alla madre e al bambino strutture sanitarie di base che portano alla madre sana e alla nazione sana.

Garantire la qualità dell'istruzione per tutti, soprattutto per le ragazze nelle società diseredate come un diritto fondamentale e pre-requisito per l'empowerment delle donne.

Promuovere e fornire formazione qualitativa e quantitativa indipendentemente dalla discriminazione di genere, setta, religione, casta o credo, lingua o colore.

Mobilitare ogni individuo e, in generale, tutta una società per quanto riguarda i diritti delle donne, la sensibilizzazione di genere e le pari opportunità per entrambi i sessi in tutti i campi della vita e di fornire tutti i diritti fondamentali.

Organizzare diverse attività sociali per le donne e per i diritti del bambino, per sviluppare l'etica e il rispetto per le donne nelle società moderne e svantaggiate.

Governance
NARI Fondazione crede in un governo democratico per garantire la partecipazione di tutte le parti interessate nel processo di sviluppo.

Leadership organizzativa
La leadership organizzativa si compone di seguenti comitati a guardare dopo le attività organizzative e di prendere decisioni strategiche in linea con la visione e gli obiettivi.

Corpo Generale
Si sono costituiti da membri generali dell'organizzazione e ci sono 10 membri registrati legali. Questo corpo complessivo bada alle attività organizzative attraverso l'elezione del comitato esecutivo per l'amministrazione dell'organizzazione. Questo corpo approva anche l'appartenenza alla organizzazione, approva il piano strategico e altre questioni legali.

Comitato esecutivo

Si compone di 7 membri eletti, ed è responsabile dell'amministrazione generale della organizzazione, coordinamento e messa in rete, ricerca e sviluppo. Questo Comitato riferisce al corpo generale sotto la guida del presidente.

Comitato Tecnico Consultivo
Technical Advisory Board composto da esperti di diverse professioni e campi. Questo comitato fornisce assistenza tecnica e linee guida per l'organizzazione per fare il suo lavoro e per il funzionamento efficace ed efficiente. Questo comitato lavora in parallelo con CE.

Unità di attuazione del programma
L'unità di attuazione del programma è responsabile per l'attuazione delle attività organizzative nelle comunità sotto la guida del direttore esecutivo, che riferisce del Comitato Esecutivo. PIU è composto da esperti qualificati e professionali nei loro rispettivi campi. PIU è suddiviso in diversi reparti per intraprendere programmi e attività di supporto.

Unità di attuazione del programma

Il monitoraggio, la valutazione, la responsabilità e l'apprendimento Dipartimento -MEAL
MEAL è il reparto di base in termini di progettazione del progetto e dello sviluppo di quadri logici per le attività. E' responsabile di intraprendere ricerche per valutare le esigenze della comunità e lo sviluppo di nuovi progetti in consultazione e la partecipazione dei soggetti interessati. Si sviluppa in quadri di monitoraggio e valutazione per fornire efficacia ed efficienza dei progetti.
 
Dipartimento per lo Sviluppo delle Risorse Umane

Il dipartimento di HRD è responsabile per lo sviluppo delle risorse umane, che comprende lo sviluppo di capacità di dipendenti, la motivazione e la professionalità.

Dipartimento per la Pubblicazione e la Communication

PCD è responsabile per la generazione di report di organizzazione puntuale come specificato. Crea legami e di networking con i media, le comunità e le altre parti interessate a commercializzare attività organizzative. Esso opera sotto la supervisione del direttore esecutivo.

Fund Raising Department
Le sue opere sono sotto la supervisione del direttore esecutivo ed è responsabile per la raccolta di fondi per le attività organizzative. Mantiene i collegamenti con i donatori, aziende corporate, e filantropi per sostenere le attività della fondazione NARI. Funziona anche come ponte tra i donatori e le comunità.

Dipartimento dell'amministrazione generale
GAD si compone di Finanza, Amministrazione e Logistica. Tali servizi facilitano e sostengono le attività organizzative come per le procedure operative. GAD opera sotto la diretta supervisione del direttore esecutivo.


NARI Programmi della Fondazione

Struttura organizzativa della Fondazione NARI

organigramma

NARI Fondazione Partners
United Nation Trust Fund to End Violence Against Women
Insaf Network Pakistan (INP)
Shirkat Gah-Women’s Resource Center
Sindh Development Society-SDS/ WE CAN Pakistan
Girls Not Brides
Pakistan Coalition For Education (PCE)
Coalition for Tobacco Control (CTC-Pakistan)
World Vision Pakistan
Scaling Up Nutrition, SUN-CSA, Pakistan
Sindh Community Foundation-SCF
Strengthening Participatory Organization-SPO
The Pakistan Institute of Labor Education & Research (PILER)
The Change Organization (TCO)
Collation Against Child Labor in Pakistan-CACL Pakistan
District Support Group (Advocacy For Article 25-A) 
People’s Peace Alliance (ASR-Lahore)
Pakistan Rural Support Program-PRSP
Women Development Department –WDD
Social Welfare Department Government Of Sindh
NHN Sindh Chapter
Peace & Justice Network Pakistan



Le strategie future di NARI Fondazione
NARI FONDAZIONE sviluppa le proprie strategie, ogni cinque anni, in linea con i bisogni e le esigenze delle comunità e aggiornamenti come e quando necessario. NARI Fondazione ha formulato le sue strategie future per 2013-2018 per servire le comunità.
1. Advocacy e consapevolezza per l'emancipazione delle donne e l'assistenza per i diritti dei bambini, a livello comunitario attenzione allo sviluppo di genere.
2. Migliorare l'istruzione delle ragazze e ridurre il tasso di abbandono delle ragazze dal livello primario nelle comunità rurali del Sindh.
3. Women Empowerment per migliorare le vite di donne povere e le comunità a basso reddito attraverso l'analisi della catena del valore in agricoltura e attività artigianali nelle aree rurali e periurbane o Sindh con particolare attenzione alle aree colpite dall'alluvione.
4. Sviluppare la leadership nei giovani attraverso la creazione di capacità e di impegnarsi in attività di apprendimento come scambio giovanile, esposizione visite corsi di formazione e la formazione di donne / ragazze gruppi giovanili nelle zone rurali del basso Sindh.
5. Migliorare il sistema di istruzione per l'istruzione di qualità attraverso corsi di formazione degli insegnanti, che incorporano la tecnologia arricchendone gli approcci e aumentando l'iscrizione nelle scuole primarie nelle zone colpite dall'alluvione nel Sindh.
6. Estensione dei servizi del centro di assistenza sanitaria primaria. Promozione Salute e assistenza di madre-bambino.
7. Rafforzamento delle capacità organizzativa in termini di risorse umane su moderni approcci arricchiti di tecnologie.
ATTIVITA' RECENTI

Nome del Progetto:   Referral Mechanism Survival support Unit –SSU at NARI Foundation Office Sukkur 
Supporting Organization/Donor:   Self NARI Foundation
Anno:     2012 to Continue
Distretto:     Sukkur


Nome del Progetto:   Advocacy Campaign On Education For All Article 25-A
Supporting Organization/Donor:   Self  NARI Foundation
Anno:     2012 to Continue
Distretto:     Sukkur 
  
Nome del Progetto:   Awareness Raising Session with Community/Village on Laws with Related to Violence Against Women (VAW),PSL & SOPs/Rights of Survivors of Darul Aman Sukkur
Supporting Organization/Donor:   Shirkat Gah-Women’s Resource Center
Anno:    2014
Distretto:    Sukkur

Nome del Progetto:    Advocacy for preventing activities against Smoking and PAN-GUTKA-NASWAR.etc.
Supporting Organization/Donor:      Coalition For Tobacco Control (CTC-Pak)
Anno:    2014/15
Distretto:    Sukkur

Nome del Progetto:    Conducting the Mapping of the Referral Pathways and Available Service for Shelter Homes at Sukkur District in Different Departments and Organization that are Service Providers for Women Survivors of Violence Supporting Organization/Donor:    Shirkat Gah-Women’s Resource Center
Anno:    2014
Distretto:    Sukkur


Nome del Progetto:     Conducting Awareness session with rural women on basic documents registration of birth, marriages, divorce, death & importance of voting rights, Nikah Nama
Supporting Organization/Donor:     Shirkat Gah-Women’s Resource Center
Anno:    2015
Distretto:    Sukkur

Nome del Progetto:    Global Action Week (GAW)Vote for Education 2015 Dialogue on Financing of  Education
Supporting Organization/Donor:     Pakistan Coalition for Education (PCE)
Anno:    2015/16
Distretto:    Sukkur

Nome del Progetto:    Legal Empowerment of Poor Project-District Legal Empowerment Committee (DLEC)Awareness Campaign
Supporting Organization/Donor:     Insaf Network Pakistan (INP) -EDACE
Anno:    2015/16
Distretto:    Sukkur

Nome del Progetto:    Advocacy on Sindh Child Marriage Restraints Act 2013 (Formation of 10 Human Rights Support Groups in10 villages main objective of this Project is to Curb Early Marriages through Human Rights Education and Advocacy in Sindh.)
Supporting Organization/Donor:    United Nation Trust Fund to End Violence Against Women/ Sindh Community Foundation
Anno:    2016
Distretto:    Sukkur

Nome del Progetto:    Training Session on Inheritance and Procedural information on Land Reforms with Community Women District Sukkur Sindh.
Supporting Organization/Donor:    Shirkat Gah-Women’s Resource Center
Anno:    2016
Distretto:    Sukkur



NARI Foundation Board of Directors and Senior Management
Board of Directors


S. N    Name                       Designation              Profession      
1    Ms. Afshan Asghar          Chairperson        Human Rights Activist      
2    MS. Shakeela Kanwal       Member               Social Worker      
3    Ms. Saba Khan                Member               Social Worker      
4    Ms. Saiqa                       Member               Social Worker      
5    Ms. Shabana                   Member                   Doctor      
6    Mr. Anwar Ali                 Secretary/ED      Development Professional      
7    Mr. Kashif Hussain           Member           Development Professional     

Management Committee


S. N    Name                        Designation          Qualification/Experience       
1    Mr. Anwer Ali Mahar       Executive Director     Masters in Social Sciences
2    Mr. Zulfiqar Ali Laghari    Advisor/Consultant     MBA, MA, MPhil (Sociology)
3    Ms. Shabana                      Doctor                      MBBS      
4    Ms. Ruqia Parween              Manager HR                MPA (HRM)      
5    Mr. Syed Imran Ali Shah     Manager Admin                MBA      
6    Ms. Rehana Mangi             Program Officer GBV        MA      
7    Mr. Abdul Waheed             Manager Finance             MBA (Finance)      
8    Mr. Abdul Shakoor Abasi     Program Officer ED         MA (Economics)      
9    Mr. Manzoor Hussain Abro   Program Officer MER        MA (Sociology)      
10    Mr. Qambar Ali Solangi      Program Officer Advocacy     MA (LLB)    




mercoledì 16 novembre 2016

#NonUnaDiMeno

Report dell’assemblea nazionale – Roma 8 ottobre 2016

NON UNA DI MENO!
Verso la mobilitazione nazionale delle donne contro la violenza di genere
tutte a Roma il 26-27 novembre 


Prima di qualsiasi considerazione viene il ricordo di chi non è potuta essere con noi, eppure era presente come lo sarà in tutte le nostre lotte.
Ciao Silvia, che la terra ti sia lieve.

Oltre cinquecento donne, provenienti da tutta Italia, si sono ritrovate l’8 ottobre presso la facoltà di Psicologia dell’Università Sapienza di Roma, nell’assemblea del percorso nazionale contro la violenza maschile sulle donne “Non Una di Meno”.
Un’assemblea ricca di decine di interventi ha reso la complessità di analisi e di proposta sul fenomeno della violenza di genere, e ha portato all’articolazione di diverse proposte sul tema. Si è definita una lettura sfaccettata della violenza: non come fatto privato, che avviene unicamente tra le mura domestiche, ma come fenomeno continuamente generato e riaffermato anche dalle politiche istituzionali – educative, sociali ed economiche – e dalle narrazioni tossiche prodotte dai media. La violenza sulle donne, quindi, non può più essere trattata in termini emergenziali e securitari, laddove si tratta di un problema complesso, stratificato e, quindi, strutturale.

Con forza anche le donne dei centri antiviolenza, nati dal movimento femminista, hanno sottolineato in molti interventi come la violenza maschile sulle donne sia un fatto sistemico, che può essere affrontato solo con un cambiamento culturale radicale che contrasti anche il tentativo di istituzionalizzazione degli stessi centri antiviolenza, trasformandoli in luoghi di accoglienza neutri delle donne, riaffermando piuttosto il loro ruolo politico di agenti di cambiamento.
Sono state richiamate le lotte delle donne argentine, che proprio in coincidenza con l’assemblea romana hanno dato avvio, in oltre 50000, al loro incontro nazionale a Rosario, per rilanciare la campagna “Ni Una Menos” con un’unica grande data di mobilitazione continentale; così come molteplici sono stati i riferimenti alle donne polacche e curde, come esempio della potenza e della portata generale che lotte articolate da un punto di vista di genere e femminista possono assumere a partire dalla loro specificità, sino a rappresentare l’unica opposizione reale alla torsione antidemocratica in atto ormai a livello globale.
Con questa aspirazione, l’assemblea ha espresso la volontà di costruire un grande corteo nazionale il prossimo 26 novembre, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un corteo che attraversi Roma e che valorizzi appieno il protagonismo delle donne e le rivendicazioni di cui sono portatrici.

Le donne non vogliono essere più rappresentate come vittime e vogliono attraversare e determinare lo spazio pubblico e politico in piena autonomia. È stata in tal senso espressa la volontà di vigilare e contrastare eventuali strumentalizzazioni da parte dei media e delle forze politiche. Questo obiettivo va perseguito assicurando la massima visibilità alle donne e non alle organizzazioni politiche e sindacali (l’indicazione è quindi di scendere in piazza senza bandiere e simboli identitari).
Contro il sistema sociale, economico, politico e culturale che produce la violenza nelle forme del  sessismo, della transomofobia e del razzismo in ogni ambito della nostra vita, sarà un corteo delle donne, aperto però a tutt* coloro che assumono la violenza di genere come problema prioritario nei processi di trasformazione dell’esistente.

L’intento è quello di non celebrare una scadenza in maniera rituale, per quanto ampia, bella e potente possa essere, ma di fare del 26 un punto di partenza di un percorso di lunga durata capace di proporre un Piano Femminista contro la violenza di genere e di aprire un processo di mobilitazione ampio che tocchi tutti gli aspetti dell’autodeterminazione femminile.
Per questo si è convocato, sempre a Roma, un secondo momento di discussione nazionale il 27 novembre, che si articolerà in tavoli tematici e workshop per iniziare a lavorare tutte insieme e redigere il piano di proposta:
I tavoli proposti sono i seguenti:
  1. La narrazione della violenza attraverso i media: come immaginarne un ribaltamento in chiave femminista
  2. Educazione alle differenze, all’affettività e alla sessualità: la formazione come strumento di prevenzione e contrasto alla violenza di genere
  3. Diritto alla salute, libertà di scelta, autodeterminazione in ambito sessuale e riproduttivo
  4. Piano legislativo e giuridico
  5. Percorsi di fuoriuscita dalla violenza e processi di autonomia
  6. Femminismo migrante
  7. Lavoro e accesso al Welfare
  8. Sessismo nei movimenti
La campagna di avvicinamento alla mobilitazione nazionale del 26 e 27 sarà scandita da una giornata coordinata di iniziative dislocate nelle varie città, la cui data rimane da fissare; il blog https://nonunadimeno.wordpress.com/ sarà strumento di condivisione dei materiali e di coordinamento e diffusione delle iniziative di promozione, approfondimento e finanziamento del corteo nazionale del 26 e dell’assemblea del 27 novembre.
Senti la registrazione audio dell’assemblea a cura di Radio Sonar

FONTE

 

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 Et voilà, il gioco è fatto!


La manifestazione nazionale delle donne contro la violenza maschile convocata per il 26 novembre a Roma sarà aperta dalle donne con lo striscione unitario #nonunadimeno.
A seguire tutt@ coloro che si riconoscono nella lotta contro la violenza maschile sulle donne.
Saremo una marea colorata in cui ognun@ potrà sentirsi a proprio agio.
Appuntamento in piazza della Repubblica alle ore 14.
Leggi il comunicato…



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