sabato 28 settembre 2013

Appello di ConvenzioneNoMore

convenzione antiviolenza <convenzioneantiviolenza@gmail.com>

  
A tutte e tutti coloro che hanno firmato la Convenzione NO MORE chiediamo di scrivere o mandare email con il testo allegato ai capigruppo alla Camera e ai parlamentari del loro territorio, invitandoli a sostenere gli emendamenti proposti dalla Convenzione NO MORE, nel dibattito parlamentare che inizierà alla Camera a partire da Giovedì 26 settembre 2013.

Questi gli indirizzi dei capigruppo alla Camera:


r.brunetta@camera.it
dellai_l@camera.it
giorgetti_g@camera.it
meloni_g@camera.it
migliore_g@camera.it
nuti_r@camera.it
pisicchio_g@camera.it
speranza_r@camera.it

E al Senato:


luigi.zanda@senato.it
renato.schifani@senato.it
nicola.morra.63@facebook.com
massimo.bitonci@senato.it
mario.ferrara@senato.it
karl.zeller@senato.it
loredana.depetris@senato.it
 

Grazie,
il coordinamento No MORE!







 PROPOSTE DI EMENDAMENTI DELLA CONVENZIONE NO MORE!
 ALLA LEGGE DI CONVERSIONE N. 1540 DEL 2013 

In data 10.09.2013 la Convenzione NO MORE! Contro la violenza sulle donne – femminicidio, che già aveva criticato le misure in materia di violenza di genere contenute nel d.l. 93/2013, è stata audita dalle Commissioni Giustizia ed Affari Costituzionali della Camera dei Deputati riunite.
 In quella sede la Convenzione No More ha ribadito che “Le associazioni promotrici della Convenzione No More ritengono che questo decreto legge rappresenti una risposta istituzionale alla violenza maschile e del femminicidio che, pur in presenza di alcune norme positive, rimane disorganica e lontana dalle reali esigenze delle donne che vogliono uscire da situazioni di violenza e degli operatori e operatrici che devono supportarle in questo percorso.
  Come dimostrano numerosi tragici episodi, alle donne non è mancata la coscienza del pericolo, ma non sono state sostenute né protette dalle istituzioni alle quali pure si erano rivolte e che avevano il dovere di agire”.

 La Convenzione No More in vista della scadenza di giovedì 26 settembre 2013, termine in cui il decreto legge arriverà nell’aula della Camera per la discussione e la votazione, ha proposto una serie di emendamenti al disegno di legge di conversione depositato, al fine di renderlo conforme agli obblighi internazionali e comunitari assunti dallo Stato italiano in materia di violenza maschile sulle donne.
 Riteniamo che la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne e la violenza domestica (c.d. Convenzione di Istanbul) , approvata all’unanimità dal Parlamento italiano nel maggio 2013, debba essere il riferimento essenziale per le definizioni delle forme di violenza in modo organico e senza restrizioni per costruire i passi successivi alla sua compiuta applicazione.

 La Convenzione di Istanbul attua una strategia di intervento che privilegia la prevenzione del fenomeno, e soprattutto la protezione delle vittime per contrastare la violenza contro le donne, lasciando alla repressione penale il ruolo sussidiario che le compete. Tale strategia si fonda sul presupposto che un’efficace azione di protezione delle vittime, sin dalle iniziali manifestazioni criminose (stalking, maltrattamenti, lesioni personali, violenze sessuali) può inibire i successivi comportamenti di sopraffazione che caratterizzano le violenze contro le donne, comportamenti che spesso conducono al femminicidio.

 Si fa pertanto richiesta:

- o A tutte/i i Parlamentari che hanno aderito alla Convenzione e a tutti coloro che hanno votato convintamente la Convenzione di Istanbul di presentare e sostenere gli emendamenti proposti dalla Convenzione No More.
- o emendare il decreto legge, attraverso la modifica nella legge di conversione dei singoli istituti previsti, per renderli compatibili con gli obblighi internazionali ed europei assunti dalle Istituzioni e per renderli più efficaci / meno dannosi nell’impatto sulla vita reale delle donne e degli operatori tenendo conto di tutti i rilievi in questo senso nati dalla attuale discussione.
- o impegnare il governo alla predisposizione di un immediato intervento organico e coordinato a partire dal rinnovo del Piano Nazionale antiviolenza che deve essere valutato con le realtà delle donne e adeguatamente finanziato a partire dalla raccolta dati integrata e organica, dalle azioni di prevenzione stabili, di formazione in ogni struttura dello stato e di promozione di una cultura rispettosa della libertà femminile oltre che repressiva delle azioni violente.

 A tutte e tutti coloro che hanno firmato la Convenzione NO MORE chiediamo di contattare, scrivere e mandare email a tutti i capigruppo alla Camera e ai parlamentare del loro territorio invitandoli a sostenere gli emendamenti proposti dalla Convenzione NO MORE.

sabato 21 settembre 2013

Centri antiviolenza in Italia

Centri antiviolenza e case rifugio per donne maltrattate

In attuazione della Legge Regionale 64/1993 "Norme per l'istituzione di centri antiviolenza o case rifugio per donne maltrattate",  nel Lazio sono stati istituiti e sono finanziati dieci Centri Antiviolenza di ambito provinciale, per il sostegno, soccorso e ospitalità delle donne, anche straniere, con figli minori, vittime di violenza fisica, sessuale e maltrattamenti.

Ogni centro è dotato di un numero telefonico con caratteristiche di pubblica utilità. Il centralino telefonico è in funzione nel corso dell'intera giornata.

Il centro antiviolenza mantiene costanti e funzionali rapporti con le strutture pubbliche quali il pronto soccorso ospedaliero, i carabinieri, i commissariati di pubblica sicurezza, i consultori, i servizi socio sanitari, le strutture scolastiche operanti nel territorio. Le singole strutture di accoglienza e residenza sono istituite con deliberazione dai comuni, dai loro consorzi, o dalle province. I centri sono gestiti attraverso convenzioni con enti o associazioni che abbiano tra i loro scopi essenziali la lotta alla violenza contro le donne e i minori.

Riguardo agli alloggi del patrimonio residenziale pubblico, la Giunta regionale, ad integrazione di quanto previsto nell'art. 19 della legge regionale 25 giugno 1987, n. 33, può finalizzare la riserva di alloggi per situazioni di emergenza abitativa a casi di donne vittime di violenze in famiglia laddove siano iniziati i relativi procedimenti giudiziari.

Sia la permanenza nel centro, sia gli eventuali interventi da questo svolti a favore delle donne e dei minori ospiti sono gratuiti per un minimo di 90 giorni dalla data di ingresso nel centro stesso.

Di seguito si riportano i centri antiviolenza e le case rifugio presenti nelle 5 province del Lazio.

leggi tuttoCentri in Provincia di Roma

Comune: Roma
  • Centro Provinciale per donne che non vogliono subire violenza;
  • Centro Provinciale di Accoglienza per donne in difficoltà sole o con figli;
  • Centro Antiviolenza del Comune di Roma;
  • Centro Provinciale di Accoglienza per donne vittime di Tratta.
Comune: Valmontone
  • Centro Provinciale Prima Accoglienza e Assistenza sociale per donne in difficoltà.

leggi tutto Centri in Provincia di Frosinone

Comune: Ceccano

  • Centro Antiviolenza per donne in difficoltà.

 leggi tuttoCentri in Provincia di Rieti

Comune: Rieti

  • Centro OASI.

leggi tuttoCentri in Provincia di Latina

Comune: Latina
  • Casa Rifugio “Emily”.
Comune: Terracina
  • Casa Rifugio”Crisalide”.
  • Casa Rifugio”Crisalide”leggi tuttoCentri in Provincia di Viterbo
Comune: Viterbo
  • Centro Provinciale per donne maltrattate

http://www.socialelazio.it/prtl_socialelazio/?vw=contenutiDettaglio&idarg=117&idargP=56

Invece nel sito casadelledonne sarà facile trovare i luoghi delle donne contro la violenza nel resto d'Italia
Abruzzo (3) Basilicata (1) Calabria (3) Campania (6) Emilia-Romagna (16) Friuli-Venezia Giulia (6) Lazio (11) Liguria (4) Lombardia (16) Marche (4) Molise (0) Piemonte (9) Puglia (8) Sardegna (4) Sicilia (12) Toscana (12) Trentino-Alto Adige (4) Umbria (2) Valle d'Aosta (1) Veneto (8)
Questa mappa è interattiva (nel sito su citato) e permette la ricerca dei centri antiviolenza presenti sul territorio nazionale. Selezionando una regione si accede alla scheda, suddivisa per province.
Inoltre è possibile selezionare direttamente la regione dalla lista qui sotto.
A fianco del nome è indicato il numero di strutture presenti nella regione.


domenica 15 settembre 2013

Zephaniah per l'educazione libera in Pakistan

tratto dal blog di Zephaniah - Zephaniah Free School in Gujranwala Pakistan, Free education for girls and children and skills training for women empowerment

"Discussione con
i miei studenti sul caso di stupro di una bambina di cinque anni in Pakistan

Dato che di Domenica vado in un altro villaggio per insegnare inglese, colgo l'occasione per discutere anche su altre questioni di relazionarsi con le donne nel nostro mondo.

Oggi si discute sul caso di stupro di una bambina di cinque anni a Lahore Pakistan. Le mie ragazze hanno espresso la loro rabbia riguardo questo episodio e vorrebbero dimostrare la loro protesta. Sono tutte d'accordo che, essendo ragazze, dovrebbero alzare la voce contro questa crudeltà.

E questo vale non solo per quelle ragazze, ma anche per le ragazze nelle mie altre scuole, così ho detto ai miei tutti gli studenti di essere molto attenti. Ho intenzione di convocare una riunione con le madri per dire loro di
accompagnare i loro figli fino alla porta della scuola per la loro protezione.

Non ho idea di quando il sistema giustizia del nostro mondo sarà in grado di fermare tali animali, che non hanno il diritto neanche di essere chiamati animali, perché non lo meritano. Così prenderò ogni iniziativa per tutelare i nostri studenti e noi stessi con l'aiuto dei loro genitori.

Misure anti-violenza in Egitto

JEDDAH – Molte donne egiziane qui hanno accolto con favore la decisione del governo precedente di formare per quest'anno un'unità speciale di agenti di polizia femminile per combattere le molestie e la violenza contro le donne.


L'unità è costituita da 10 qualificati agenti di polizia femminile. Alcuni delle agenti sono professoresse di psicologia e di malattie neurologiche e di servizio sociale. Le ufficiali si recheranno negli Stati Uniti presto per ottenere formazione nella lotta contro i crimini sessuali e la violenza contro le donne.


"I maschi ufficiali probabilmente non possono trattare con lo stato mentale di una vittima di crimine del sesso. Molte delle vittime hanno paura di chiedere giustizia. Parte dell'attività dell'unità è quello di convincere le vittime a difendere i loro diritti e chiedere giustizia contro i molestatori," ha detto, in un'intervista con il canale egiziano Al-Hayat TV, la colonnella Manar Mokhtar, una ufficiale di polizia presso l'unità per la lotta alla violenza contro le donne.


La capitana Rehab Antinori, un'altra ufficiale presso l'unità, ha detto che si vuole aiutare le vittime ad affrontare la società e a far capire loro che sono le vittime, e non dovrebbero avere vergogna di questo.


"Molti dei casi di violenza non sono stati denunciati a causa della pressione che le vittime sono costrette a subire dalle loro famiglia," ha detto Rehab.


"L'unità da noi rappreentata le ascolta e le convince che sono loro le vittime non le colpevoli», ha aggiunto.


Molte donne egiziane hanno detto che la nuova Unità riuscirà a ripristinare la fiducia nelle donne molestate e aiuterà a limitarne tali casi.


Israa Mohamed, una donna egiziana di 23 anni lavora nel settore della comunicazione, ha detto che ha dovuto affrontare molestie molte volte nel trasporto pubblico. Lei non ha mai segnalato questi casi alla polizia perché era imbarazzata a segnalarlo a un ufficiale di polizia maschile.


"Ho affrontato la molestia sessuale due volte nel trasporto pubblico, nonostante il fatto che indossavo l'hijab ed ero vestita decentemente. I molestatori non si curano di ciò che si indossa. Penso che la presenza di ufficiali di polizia donne aiuterà a segnalare tali casi,"ha detto.


giovedì 12 settembre 2013

Terra Donna

Roslyne Sophia Breillat
Come custode dell'amore su questo pianeta, che incarna lo spirito immortale della terra nel suo grembo.
Sua bellezza interiore è nutrimento per corpo, anima e cuore.

Sua naturale selvatichezza, Elisir, la mistica della femminilità è nettare, il suo spirito senza tempo è eterno.

Compromettere il suo amore in un mondo che sempre più saccheggia, distrugge ed inquina le ricchezze di Gaia, per lei significa faticare a trovare il suo vero potere come una donna.

Come Gaia è la sua vera essenza, tutto ciò che è fatto sulla terra, è fatto a lei. 
Senza onorare e proteggere questa vasta fonte di vita all'interno di ogni donna e la terra, la nostra civiltà attuale è condannata.
Donna contemporanea, perdendo la tua intrinseca connessione alla terra, hai sacrificato la saggezza istintuale di Gaia e la tenera ricettività per l'eccessiva energia maschile all'interno del corpo e della psiche.

C'è difficoltà crescente con la concezione, mestruazioni, parto, fare l'amore e la menopausa, come il corpo femminile assorbe la perdita dell'amore che fluisce sempre dalla terra e dalla fertilità.
Donna ti è stato insegnato dai media di andare là fuori e cacciare per tutto ciò che ha bisogno, come se tu fossi un uomo.

Ti è stato insegnato a essere razionale, intellettuale e mentale, invece di vivere in armonia intuitiva all'interno del misterioso corpo di Gaia.

In preda alla disperazione, hai dimenticato come si aspetta, in sincera ricettività femminile, per il vero amore che venire a te.

Ogni volta che una donna perde il contatto con la sua innata capacità per ricevere amore, lo spirito immortale di Gaia perde ogni significato e scopo. Ogni volta che ad una donna è negato lo spazio per il suo nutrimento, tenerezza e sacralità intrinseca, il venerato spirito di Gaia è perso.

Quando una donna è davvero nel suo essere, lei e Gaia sono uno. Entrambi condividono il legame stesso, stessi segreti, stessi misteri, lo stesso amore, per ognuno è in armonia con il ritmo primordiale di Gaia. Entrambi condividono lo stesso corpo, lo stesso spirito, il cuore stesso. Entrambi gioiscono nella purezza amorevole della terra.

~ Roslyne Sophia Breillat, citato da Susun Weed
Art: "Chalice Well" di Amanda Clarke Katharine Krueger ~ viaggio di giovani donne ragazze Empowerment http://JoYW.org/ 
la formazione inizia il 18 settembre 1:00 pm CST per imparare a condurre i Cerchi:
http://www.joyw.org/13-week-training * per chiedere al gruppo speciale formazione australiana *

Donne ispiratrici

Iniziativa di US-Pakistan Wonen's Council

Questa settimana la donna ispiratrice è la signora Fakhara Kulsum.

Fakhara ha servito come consulente legale per l'Alto Commissariato Pakistano a Kuala Lumpur, in Malesia, dove le sue principali responsabilità comprendevano casi criminali ai sensi del Codice Penale e questioni relative al benessere della comunità pakistana. 
Lei è un membro dell'Associazione malesiana Donne Pachistane e onorata legale consulente  del gruppo
Descritta come una buona parlatrice, energica, fiduciosa e personalmente donna pakistana di bell'aspetto, Fakhara è stata coinvolta nell'assistenza per il benessere lavorativo dei cittadini pakistani residenti in Malesia. 
Lei ora risiede in Pakistan, dove continua a lavorare per il benessere dei pakistani nel suo paese.  
Fakhara è stata descritta come una combattente, anche per quanto ha affermato:
"Credo che lotta e leggerezza sono le due condizioni quando si è in una situazione problematica, e ciò che ho imparato in queste situazioni sperimentandole è che bisogna combattere, perché vedo l'opportunità in ogni difficoltà ». 

Ha conseguito un bachelor e master presso l'Università di Karachi, e un Master di Diritto presso l'Università Internazionale islamica in Malesia.  

Se c'è una donna ispiratrice che pensi che dovremmo mettere in evidenza, inviaci un messaggio su Facebook o via email all'indirizzo womenscouncil@american.edu



martedì 10 settembre 2013

Singolare campagna in India

Dee indù col volto tumefatto contro la violenza domestica




Le immagini delle più popolari dee indù campeggiano in tutta l’India ma nessuno le ha mai viste così: hanno il volto tumefatto, gli occhi pesti. Anche Durga, la più potente. L’«invincibile guerriera» è ritratta con la faccia ferita, come Saraswati (conoscenza) e Lakshmi (prosperità). 
I loro volti — rivisti e corretti a colpi di make up — sono i protagonisti di una singolare campagna indiana contro la violenza domestica, promossa da Save Our Sisters, un’iniziativa di Save the Children. 

Nonostante la venerazione per le donne propria dell’induismo, la religione più popolare in India, il Subcontinente «non è un Paese per donne»: nella «terra degli stupri», ogni 20 minuti avviene un abuso sessuale, stima la Bbc. 

La campagna sottolinea l’incongruenza di avere donne forti nella mitologia e donne bistrattate nella realtà: «Prega di non vedere mai questo un giorno. Oggi più del 68% delle donne in India è vittima di violenza domestica. Domani sembra che nessuna donna sarà risparmiata. Nemmeno quelle che preghiamo».

A quasi un anno dalla grande mobilitazione dell’opinione pubblica seguita al caso della studentessa morta dopo essere stata violentata su un bus a New Delhi, le denunce di stupro e violenza domestica nel Subcontinente sono aumentate rispetto ai 600 casi di New Delhi e ai 244.270 in tutta l’India del 2012. 
Un segnale desolante: il disprezzo verso la donna resta radicato. 
Ma anche un dato incoraggiante: le donne indiane stanno trovando il coraggio di parlare.

lunedì 9 settembre 2013

suffragette ieri e oggi

 Il movimento delle suffragette viene da lontano...
Spesso il termine suffragette viene usato al posto di femminista, si tratta in ogni caso di figure femminili che hanno cambiato il ruolo della donna nella storia portandola ad emanciparsi.

La prima donna che anticipò il movimento delle suffragette  della storia la si può incontrare dopo la Rivoluzione francese nella figura di Olympe de Gouges che pubblicò un romanzo nel quale rivendicava i diritti delle donne tra cui il diritto al voto dal titolo "Le prince philosophe" e che cercò per prima di organizzare un gruppo di donne che portasse avanti il movimento, purtroppo pagò cara questa sua azione di coraggio essendo poi condannata a morte con la ghigliottina.

Questo movimento si sviluppò in seguito in Inghilterra dove la sua nascita è da datarsi nel 1872, qui la scrittrice e filosofa Mary Wollstonecreft aveva pubblicato il libro "A Vindication of the Rights of woman" dove appunto parlava della naturale uguaglianza tra uomo e donna che viene però tolta dalla diversa educazione data dalla società che porta la donna a vivere in una situazione di inferiorità. Ottenuto il voto municipale (1869) e di contea (1880), il movimento si pose l'obiettivo del voto per il parlamento.


Bisogna apettare di arrivare al 1897 per vedere costituito il primo movimento nazionale delle suffragette detto National Union of Women's Suffrage Societies (Società nazionale per l'emancipazione femminile), le cui esponenti cercavano di coinvolgere anche gli uomini nella loro battaglia ma con scarso successo.
Il rifiuto di concedere l'estensione del voto femminile portò Emmeline Pankhurst a fondare nel 1903 un movimento che venne definito "militante": l'Unione nazionale sociale e politica delle donne. Questo si fece promotore di agitazioni culminate in numerosi arresti. Tale movimento fu definito delle "suffragette" in contrapposizione a quello delle "suffragiste" che perseguiva lo stesso obiettivo con metodi più moderati.

Evidentemente la società non era ancora pronta ad un simile passo perchè fu solo agli inizi del 1900 che fu possibile fondare l'Unione sociale e politica delle donne che aveva al suo interno centinaia di donne disposte a fare lo sciopero della fame e ad incatenarsi facendo azioni dimostrative per ottenere il diritto al voto.

Fu stampato anche un settimanale dal titolo "Le suffragette" che narrava le gesta di queste coraggiose e combattive donne, e fu così che nel 1918 il parlamento inglese decise di concedere il diritto al voto inizialmente alle donne  mogli dei capofamiglia con più di 30 anni e qualche anno dopo a tutte le donne inglesi senza distinzioni.

In Italia invece dovremo attendere il 2 Giugno 1946 per vedere  le donne  votare per la prima volta, precisamente per scegliere tra monarchia o repubblica.

Naturalmente da allora altre lotte sono state fatte per ottenere altrettanti diritti, basta pensare ai movimenti femminili italiani dove le donne sono scese in piazza per chiedere l'approvazione del divorzio e una maggiore informazione sui contraccettivi, ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza il lavoro del movimento delle suffragette.

La marcia delle suffragette su Washington, cent'anni fa il corteo di 8mila donne per chiedere il diritto al voto Cent'anni fa, in America, 8mila donne marciarono su Washington. 
Era il 3 marzo 1913. Marciarono, come altre avevano già fatto negli anni precedenti in Europa (in particolare in Francia e in Inghilterra), per chiedere che il diritto al voto fosse esteso anche al genere femminile. 
A capo di quel folto gruppo c'era Alice Paul, organizzatrice dell'evento per conto della National American Woman Suffrage Association. 
Le immagini in bianco e nero di quella parata, conservate nella Library of Congress, raccontano il loro coraggio e il loro orgoglio, ma non le loro difficoltà. 
In una città piena di uomini per le strade - il giorno seguente ci sarebbe stato l'insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson - quelle donne non hanno avuto vita facile. 
In molti, stando alle cronache dell'epoca, tentarono di ridicolizzarle. E non riuscendovi con le parole, qualcuno pensò bene anche di aggredirle. Sotto gli occhi di una polizia totalmente indifferente. Più di 100 manifestanti, quel giorno, finirono in ospedale. Un esito drammatico che nell'immediato, non valse a niente. Ci vollero infatti altri sette anni affinché il Congresso americano riconoscesse il voto a ogni donna.


Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci.
Non devono temere di attraversare gli sterminati campi dell’irrazionalita’,
e neanche di rimanere sospese sulle stelle, di notte,
appoggiate al balcone del cielo.
Non devono aver paura del buio che inabissa le cose,
perche’ quel buio libera una moltitudine di tesori.
Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere,
conoscono come nessun uomo sapra’ mai.
(Wirginia Woolf)

domenica 8 settembre 2013

CARE Perù

Il Programma di educazione CARE Perù promuove il diritto all'educazione delle ragazze, ragazzi e adolescenti che vivono in situazioni di vulnerabilità. Inoltre promuove l'eliminazione di ogni forma di discriminazione, attraverso proposte innovative di educazione interculturale bilingue.

Per ulteriori informazioni su questo programma visitate il sito Internet:
El Programa de Educación de CARE Perú promueve el derecho a la educación de las niñas, niños y adolescentes que viven en condiciones de vulnerabilidad. Además, promueve la eliminación de cualquier forma de discriminación, mediante propuestas innovadoras de educación intercultural bilingüe.

Conoce más sobre este programa ingresando a nuestra web:
Foto: El Programa de Educación de CARE Perú promueve el derecho a la educación de las niñas, niños y adolescentes que viven en condiciones de vulnerabilidad. Además, promueve la eliminación de cualquier forma de discriminación, mediante propuestas innovadoras de educación intercultural bilingüe.

Conoce más sobre este programa ingresando a nuestra web: http://bit.ly/134UH4F


7 settembre: Giornata dei diritti delle donne

GIORNATA DEI DIRITTI CIVICI DELLE DONNE
Ogni 7 settembre si celebra il giorno dei Diritti Civili della Donna Peruviana, che commemora la lotta delle donne per la loro partecipazione, su un piano di parità con gli uomini, nella società e nel suo sviluppo completo come persona.
  

Foto: DÍA DE LOS DERECHOS CÍVICOS DE LA MUJER

Cada 7 de Septiembre se celebra el día de los Derechos Civiles de la Mujer Peruana, conmemorando la lucha de la mujer por su participación, en pie de igualdad con el hombre, en la sociedad y en su desarrollo integro como persona.

Nobel per Malala

Congratulazioni a Malala Yousafzai, che ha ricevuto l'International Children's Peace Prize 2013 all'Aia. 
Lei ha promesso di continuare una campagna per l'educazione delle ragazze "in modo che i bambini di tutto il mondo possano avere il diritto di andare a scuola."
 كرمان توكل la già premiata Nobel Tawakkol Karman si è presentata a lei con il premio, dicendo «Malala tu sei il mio eroe».

Congratulations to Malala Yousafzai, who was awarded the 2013 International Children's Peace Prize in The Hague. 
She promised to continue campaigning for girls' education "so that children all over the world can have a right to go to school." 
Nobel Laureate توكل كرمان Tawakkol Karman presented her with the prize, telling Malala "you are my hero".

Read more: http://www.abc.net.au/news/2013-09-07/pakistani-girl-shot-by-taliban-speaks-at-the-hague/4942494
FONTE

Il femminicidio linguistico di Marilia Rodrigues, «la brasiliana»

Oggi voglio condividere qui un articolo di Gennaro Carotenuto (poiché è il migliore che abbia letto fra i tanti) e poi aggiungere una considerazione degna di nota, in quanto si riferisce al "dilemma" aborto=omicidio così come è considerato oggi, dopo le modifiche apportate alla legge originale. Mi riferisco alla Legge 22 maggio 1978, n.194 (generalmente citata come "la 194").

4 settembre 2013 di DB

Marilia Rodrigues, la cittadina brasiliana di 29 anni assassinata in provincia di Brescia, viene uccisa in queste ore una seconda volta, in quanto donna, in quanto bella e in quanto straniera ed extracomunitaria e in quanto proveniente da un Paese al quale facciamo corrispondere stereotipi razzisti e sessisti sulla presunta disponibilità della donna. E in un Paese, l’Italia, dove l’ex-ministro della difesa Ignazio La Russa definì il Brasile come un Paese buono per ballerine ma non per giuristi, siamo di fronte a una triste conferma sulla nostra incapacità di stare al mondo.

Se fosse stata francese o tedesca o bresciana la povera Marilia non sarebbe stata etichettata come «la tedesca» o «la bresciana». Sarebbe stata «la cittadina tedesca» oppure sarebbe stata «la ragazza francese». Oppure «la donna inglese», o «la signora svizzera», spesso definendone lo status sociale, in modo più sbrigativo per «donna», più deferente per «signora». Invece basta fare una piccola ricerca per prendere atto che, per la maggior parte dei giornali, Marilia è solo «la brasiliana» (ma poteva anche essere «la siciliana» o «la napoletana») con un senso fra il lascivo e il razzista che si coglie dall’ellissi dell’identità che i media si sentono liberi di fare quando non si sentono liberi di dare per scontato un passato scomodo (o meglio facile) per la vittima.

Dobbiamo rifarci alla stampa brasiliana per sapere qualcosa di più di lei e restituirle un po’ di identità al di fuori degli stereotipi. Veniva da Uberlândia Marilia, città di poco meno di un milione di abitanti nello Stato di Minas Gerais. Questo è uno dei grandi Stati industriali della potenza brasiliana, una specie di Lombardia, caratteristica che fa fatica a essere associata dalla nostra stampa a quel Paese e non ha neanche una grande squadra di calcio da ricordare o un carnevale notevole, ammesso che interessi davvero sapere da dove veniva quella vita spezzata nella provincia lombarda.

Invece Marilia viveva a Milano con la mamma da circa dieci anni. Solo di recente la madre era tornata a Uberlândia. Marilia, che non aveva altri parenti in Italia, aveva continuato a vivere e lavorare a Milano fino a quando aveva cominciato a far la pendolare col Paese dove aveva trovato lavoro e avrebbe poi trovato la morte. Non è vero quindi che «la ragazza del trolley» fosse senza fissa dimora (quindi sbandata, quindi disposta a saltare nel letto del primo che le offrisse un pasto caldo). Non faceva né la ballerina, né la «ragazza immagine», né le pulizie nel posto dove è stata uccisa, ammesso e non concesso che tali professioni umilino – per motivi diversi – la dignità della donna. Anzi, in quell’impresa che col Brasile lavorava, Marilia aveva guadagnato un ruolo amministrativo di responsabilità nel quale faceva valere le sue competenze linguistiche in portoghese, la sua conoscenza del Paese, i suoi studi specifici e avrebbe col tempo superato la precarietà dei ragazzi della sua generazione con un buon avvenire davanti. In ogni caso il suo, insindacabile, e al quale aveva diritto.

Infatti, nei dieci anni in Italia, aveva studiato turismo e aveva lavorato come hostess per una compagnia aerea. Marilia non era la brasiliana «misteriosa e sfuggente» che magari usava l’avvenenza per campare alle spalle del bravo italiano che avesse «perso la testa per lei» ma era una giovane donna che aveva scelto di vivere, studiare e lavorare fra noi per buona parte della sua vita adulta. Nulla di misterioso né di border-line e, probabilmente, ad avere la pazienza di cercarli, decine di amici possono raccontarla. Per scrivere questi pochi dati non ho fatto alcuno sforzo: ho perso cinque minuti su «O Globo» e un altro paio di noti quotidiani brasiliani che ne hanno ricostruito il passato. In Italia al contrario si trova ben poco per una notizia in prima pagina nella quale, come spesso accade, i media scelgono di appoggiarsi all’accomodamento, allo stereotipo, al razzismo e al sessismo aperto nel liquidare Marilia «la brasiliana» come altro da noi. Presto prenderanno posizioni giustificazioniste per l’assassino, vedrete.

FONTE (1) (2):

Dunque, letto ciò, oltre a quanto spiegato da Gennaro, direi che c'è da riflettere sulla condanna per "uccisione" e "duplice uccisione" che ci riporta alla tanto discussa (oggi come allora) e controversa (oggi) legge 194 (che era ben chiara nella sua forma originale!).
Uso la parola "uccisione" di proposito, perché omicidio è ... come dire... genericamente maschile! mentre femminicidio è una parola coniata solo negli ultimi tempi, ma in questo caso, visto che non si sa se la futura vita nel grembo di Marilia fosse stata figlia o figlio, direi che la parola "uccisione" ci sta tutta!
E inoltre, come la si mette la si mette proprio di uccisione si tratta perché sono state private della vita due persone (in questo caso)!
(ucciso= chi è stato privato della vita)

Rosa V. e io abbiamo riflettuto su qualcosa che in pochi hanno notato (o meglio, non ne hanno parlato!): Marila era incinta e chi ha commesso il reato dovrebbe essere giudicato con l'accusa di duplice uccisione, poiché se l'aborto è considerato "uccisione" allora anche questo caso dev'essere considerato come uccisione duplice!!
Dunque è tempo che si mettano d'accordo su come intervenire in queste circostanze, in quanto nella situazione in cui ci troviamo al momento riguardo la 194, chi ha ucciso Marilia e la vita che portava in grembo deve essere condannato per duplice uccisione! e se proprio non vogliono considerarla  tale (duplice uccisione, appunto) allora ...che sia ripristinata la legge ORIGINALE sull'aborto!
O non dev'essere considerata assassina la donna che sceglie di abortire, o (se continua ad essere considerata tale) si deve praticare l'accusa della duplice uccisione quando (come in questo caso) la vittima è incinta.

Non può e non deve essere che
 "il re non fa corna" (adagio napoletano)
si usa quando un'accusa vale per uno e non per un altro