sabato 21 maggio 2016

Succedeva nel 2016

di Giovanni Battista de Maso
Stamattina ho condiviso una foto che mi ha molto emozionato: una mamma sdraiata a pancia in su, ripresa dall'alto, con il suo bambino appena nato attaccato al seno e la bellissima placenta, "l'Albero della Vita", ancora attaccata al bambino, adagiata sul grembo della donna.


Ho subito pensato a mia mamma-ostetrica, a quando io ero dentro alla sua pancia, all'amore e la magia che mi ha trasmesso per questo evento mistico di creazione della Vita, tanto disumanizzato ai nostri giorni, ho pensato al profumo dei bambini appena nati, al tepore della placenta tra le mani, agli occhi divini delle donne durante l'espulsione.

L'immagine è stata oscurata perché "mostra contenuti per adulti, come violenza esplicita" (...)
sì, proprio così: "violenza esplicita"...
I nostri posteri rideranno di noi, gente. Io mi faccio una risata un po' amara, un po' piena di speranza e ri-condivido.

Aiutatemi a condividere, se credete, in questa danza contro l'oscurantismo medievale, in difesa della Bellezza e della Natura.

Non abbiate paura dell'Amore!


Ti ricordi, mamma, quando la nostra amica V. ci ha detto quella frase, pochi minuti prima che il suo bambino uscisse dalla sua navicella spaziale, davanti ai nostri occhi pieni di lacrime. Ha detto: "è così forte che spaventa, a volte".

Quella frase mi è rimasta scritta nel cuore, detta con quella sincerità, con quella consapevolezza,
con quell'amore.

L'amore, la vita, la morte, imbarazzano, spaventano fanno arrabbiare, solo se opponiamo resistenza. Forse è proprio questo il punto: se attraversiamo quelle porte, se ci lasciamo attraversare, impariamo a non avere paura, a non vergognarci di esistere, ad avere coraggio ed entusiasmo, perché dopo il dolore c'è un grande regalo.


Se continuiamo ad anestetizzarci e a cercare di demandare la responsabilità della nostra esistenza a qualcuno altro, e a dare la colpa dei nostri guai a qualcuno di esterno da noi, diventiamo dei robot, tristi e insoddisfatti.

Noi siamo Umani, siamo gente fichissima, possiamo pensare alle stelle e rotolarci sull'erba, possiamo essere davvero felici e compiere la nostra evoluzione.


Vieni, Amore, vieni!

Abbiamo un grande bisogno di te, in questo momento nel pianeta, curaci, salvaci, semina pace sulla Terra!!
 

Giò

lunedì 9 maggio 2016

Sophie Scholl, il coraggio di una studentessa

21123_sophie-schollSophie Scholl nacque il 9 maggio del 1921 a Forchtenberg in Baviera e morì per esecuzione a Monaco di Baviera, il 22 febbraio 1943. Fu imprigionata, insieme al fratello maggiore Hans, e in seguito condannata a morte per ghigliottina per la sua attività antinazionalsocialista in opposizione al Terzo Reich.
Morì a soli ventidue anni, accusata di alto tradimento e di oltraggio a Hitler.
Ma chi era Sophie Scholl? E che cosa aveva fatto per essere condannata alla pena di morte dal tribunale del Terzo Reich?



Sophie era una studentessa che frequentava l’università a Monaco di Baviera, iscritta a Filosofia e Biologia. Insieme al fratello faceva parte del gruppo attivista antinazista di ispirazione cristiana la “Rosa Bianca”, un movimento di ribellione non violenta composto in gran parte da studenti universitari.

Viso pulito, occhi grandi ed espressivi, dotata di una grande intelligenza e di un forte senso di giustizia sociale. Amava leggere i classici, ascoltare musica, e fare passeggiate in campagna a contatto con la natura.


Adolescente, partecipò alla Hitler Jugend (gioventù hitleriana), ricoprendo ruoli di guida come quello di Führerin. Ma nell’arco dei tre anni Sophie si trova a maturare un senso di ribellione che la spinge ad approfondire sempre più il disagio e il disaccordo con le ideologie propugnate dal partito nazionalsocialista.

Esce dalla Hitler Jugend e inizia un percorso intellettuale e di coscienza che la porterà ad allontanarsi dall’ideale hitleriano. Intraprende gli studi classici e si confronta con i trattati filosofici e religiosi, concentrandosi in particolare sulla lettura del rinnovamento cattolico francese.


Per Sophie sono molto importanti la coerenza e l’onesta intellettuale:  «come ci si può  aspettare che il destino conceda vittoria ad una giusta causa, quando nessuno è pronto a sacrificarsi pienamente per essa?». 

Gli studenti che aderirono a la “Rosa Bianca” diedero l’avvio all’attività resistenziale, inizialmente con la stesura di centinaia e poi di migliaia di volantini diffusi per le città austriache e tedesche del Reich. La resistenza interiore e spirituale dei ragazzi divenne quindi un atto politico, in cui manifestavano e condannavano l’ideologia del partito e la guerra sanguinaria imposta da Hitler. Rivendicavano il diritto alla libertà di espressione e di stampa, e condannavano la discriminazione nei confronti degli ebrei.


1175_bigLa mattina del 18 febbraio 1943, mentre distribuiva dei volantini all’Università di Monaco, Sophie fu arrestata insieme al fratello Hans. Fu sottoposta per quattro giorni all’interrogatorio da parte della Gestapo. Nonostante il duro trattamento e le intimidazioni, Sophie resistette con tutte le sue forze, appellandosi alla forza d’animo e alla convinzione delle proprie idee. Si rifiutò di fare i nomi degli altri studenti coinvolti nell’attività antinazionalsocialista della “Rosa Banca”, anche se questo le avrebbe salvato la vita. Rispose così al poliziotto investigatore della Gestapo durante i ripetuti interrogatori: «non tradirò mai ciò in cui credo e non tradirò mai i miei compagni».

Né lei, né il fratello Hans e l’amico Christoph Probst, fecero i nomi dei loro compagni assumendosi ogni responsabilità. Non accettarono di firmare nessuna ritrattazione consapevoli che ciò li avrebbe fatti condannare a morte.


Sophie aveva solo ventidue anni ma dimostrò una dignità e un coraggio incredibili, accettando le conseguenze della sua onestà intellettuale, rassicurando i genitori nell’ultimo saluto prima di venire condotta alla ghigliottina, e non versando nemmeno una lacrima davanti ai suoi aguzzini.

Silvia Lorusso


Riquadro interrogatorio:

Riporto uno stralcio di interrogatorio utile per conoscere la grandezza intellettuale di questa giovane tedesca:


Pubblica Accusa: voi sta a cuore l’incolumità del popolo tedesco signorina Scholl?

Sophie: sì.


Pubblica Accusa: Certo, voi non avete mai piazzato una bomba come il vile Eisner fece nella distilleria di Monaco, forse avete usato gli slogan sbagliati ma i vostri mezzi sono pacifici.

Sophie: Allora perché volete comunque punirci?


Pubblica Accusa: Perché così e previsto dalla legge; senza legge non c’è ordine.

Sophie: La legge che avete appena nominato tutelava la libertà di parola prima che il nazionalsocialismo salisse al potere nel ‘33. Oggi Hitler punisce quella stessa libertà con la prigionia e la morte. Questo lo chiamate ordine?


Pubblica Accusa: E a che cosa dovrei attenermi secondo lei, se non alla legge. Chiunque sia a formularla.

Sophie: Alla coscienza.


Pubblica Accusa: Sciocchezze

Sophie: Ma le leggi cambiano, la coscienza no.


Pubblica Accusa: Questa è la legge e queste sono  le persone.  in quanto investigatore ho il dovere di verificare se coincidono ed in caso contrario  individuare  le mele marce.

Sophie: Senza Hitler e il suo partito avremo ancora giustizia e ordine.


Pubblica Accusa: Dove finiremmo se ciascuno decidesse da se cosa e giusto e  cosa è sbagliato, se permettessimo ai criminali di destituire il Fuhrer avremo il caos, libertà di pensiero, federalismo democrazia li abbiamo già visti sappiamo bene dove conducono.

Sophie: Tutti saremmo difesi dal dispotismo, e non solo gli opportunisti.


Pubblica Accusa: Dispotismo, opportunisti voi usate termini molto offensivi!

Sophie: Voi siete offensivo! Definite me e mio fratello dei criminali solo per dei volantini. Abbiamo solo cercato di convincere la gente con le parole.


Pubblica Accusa: Voi e tutti quelli come voi abusate  senza vergogna  dei vostri privilegi studiate a nostre spese in tempo di guerra. Io ero solo un sarto prima, sono diventato poliziotto grazie ai francesi dei territori occupati, non ai tedeschi democratici e senza il nazionalsocialismo oggi sarei solo un poliziotto di campagna. Quel vergognoso patto di Versailles, la povertà, la disoccupazione l’inflazione è stato il nostro Fuhrer Adolf Hitler che ci ha salvato da tutto.

Sophie: E ci ha trascinato in una guerra sanguinaria dove ogni singola vittima muore invano.


Pubblica Accusa: E una lotta eroica la guerra e voi ricevete le stesse razioni di viveri degli uomini contro cui vi schierate, come vi permettete di giudicare il Fuhrer e i nostri soldati che vi proteggono?

Sophie: E dove, in questo palazzo forse? O arrestando tutta la mia famiglia.


Pubblica Accusa: I nostri soldati stanno liberando la Germania dalla plutocrazia e dal bolscevismo e stanno lottando per una grande Germania libera. Nessuno occupera più il suolo tedesco, glielo garantisco.

Sophie: Finché non finirà la guerra e arriveranno le truppe straniere e ci diranno che non ci siamo opposti a Hitler.


Pubblica Accusa: Cosa direte quando giungerà la vittoria finale, quando in Germania arriveranno quella libertà e quel benessere in cui voi stessa credevate con la lega delle giovani ariane.

Sophie: Nessuno ormai crede più alla Germania di Hitler.


Pubblica Accusa: E se invece finisse come dico io! Vi dichiarate protestante,  la chiesa chiede assoluta devozione ai suoi fedeli anche quando hanno dei dubbi.

Sophie: Sì, la chiesa da libertà di scelta mentre Hitler e i nazionalsocialisti non ci lasciano decidere.


Pubblica Accusa: Perché così giovane correte simili rischi per delle idee che non hanno fondamento?

Sophie: Io seguo la mia coscienza.


Pubblica Accusa: Siete così intelligente. Perché non condividete il sentimento nazionalsocialista; libertà, benessere, onore  e un governo moralmente ineccepibile! In questo crediamo.

Sophie: Dopo il bagno di sangue in cui ci hanno trascinato i nazionalsocialisti non avete ancora aperto gli occhi. La Germania è disonorata per sempre, a meno che i giovani non fondino una nuova Europa.


Pubblica Accusa: La nuova Europa non potrà che essere nazionalsocialista.

Sophie: E se Hitler fosse pazzo? Pensate all’odio razzista. E ai migliaia di ebrei a Monaco scomparsi nel ‘41 e deportati nei campi di lavoro.


Pubblica Accusa: Voi credete a queste sciocchezze? Gli ebrei emigrano da sempre.

Sophie: I soldati che tornano da est hanno visto i campi di sterminio. Hitler vuole eliminare tutti gli ebrei d’Europa. Predica questo da vent’anni, ma gli ebrei non sono diversi da noi.


Pubblica Accusa: Quella gente porta soltanto problemi. Ma voi siete una generazione confusa e non capite, siete stati educati male, e forse la colpa è nostra; anche se io vi avrei educato diversamente.

Sophie: Vi rendete conto di quanto mi abbia sconvolto scoprire che i bambini ritardati venivano eliminati con gas e veleno. Venivano prelevati dagli ospedali psichiatrici per essere eliminati. Con le camionette le SS andavano davanti agli ospedali, gli altri bambini chiedevano alle infermiere dove andassero i loro compagni. Le infermiere rispondevano loro che andavano in paradiso; e allora i bambini salivano sulle camionette cantando. E io non dovrei provare pena per questa gente?


Pubblica Accusa: Si tratta di esseri inferiori. Voi che avete studiato da infermiera avrete visto più volte dei bambini ritardati.

Sophie: In nessuna circostanza ci si può arrogare il diritto di decidere della vita e della morte di un essere umano.


Pubblica Accusa: Forse e meglio che vi abituate all’idea che una nuova era è cominciata; quanto voi sostenete e avulso da qualsiasi realtà.

Sophie: Quello che sto dicendo ha a che fare con la realtà, con la decenza, la morale e Dio.


Pubblica Accusa: Dio, Dio non esiste. Signorina ora dite la verità, vostro fratello vi ha convinta dicendovi che era giusto ciò che stava facendo e voi lo avete semplicemente aiutato, non e questo quello che dovremo scrivere nel protocollo?

Sophie: No, perché non è vero.


Pubblica Accusa: Sapete io ho una figlio, è un anno più giovane di voi, anche lui aveva delle strane idee ma ora è al fronte orientale perché ha capito che deve compiere il suo dovere.

Sophie: Voi credete ancora nella vittoria finale?


Pubblica Accusa: Dannazione se almeno aveste riflettuto a dovere, non vi sarete mai fatta coinvolgere in questa brutta storia; rischiate la vita.

Bene secondo il protocollo passo  leggervi la seguente domanda:  in seguito ai nostri colloqui siete disposta ad ammettere che le attività svolte congiuntamente a vostro fratello  Nella fase attuale della guerra possano essere considerate un crimine contro la comunità? In particolare contro i nostri soldati che combattono duramente al fronte orientale e che meritino il massimo della pena?

Sophie: Dal mio punto di vista non è così!


Pubblica Accusa: Ammettere il vostro errore non significa tradire vostro fratello.

Sophie: Ma tradirei le mie idee e io non rinnego nulla, siete voi ad avere una visione sbagliata del mondo. Sono convinta di aver agito nell’interesse del mio popolo, non mi pento di questo e ne accetterò tutte le conseguenze.

Pubblica Accusa: Allora è finita, signorina Scholl.

FONTE: https://bambolediavole.wordpress.com/2016/05/09/sophie-scholl-il-coraggio-di-una-studentessa/

sabato 7 maggio 2016

Svezia, una donna sfida il corteo di 300 neonazisti


Pugno alzato di fronte al corteo anti-immigrati. «Ho agito d’istinto», rivela Tess Asplund. La foto ricorda quella del 1995 in cui una signora colpisce uno skinhead con la sua borsa.
 
 Tess Asplund di fronte al corteo dei neonazisti (foto David Lagerlof/TTNEWS/LaPresse)





di Monica Perosino

Il gesto di una donna che da sola sfida 300 neonazisti in uniforme è destinata a diventare un’immagine iconica della resistenza sempre più compatta e decisa alla crescita dell’estrema destra in Scandinavia. 

Lei è Tess Asplund, 42 anni, ed è stata fotografata con il pugno alzato di fronte alla testa del corteo del Movimento di resistenza nordica (Nordiska motståndsrörelsen) a Borlänge, nella Svezia centrale, durante la loro marcia del Primo maggio. «Ho agito d’istinto - ha raccontato Asplund - Ero così arrabbiata che sono scesa in strada e mi sono messa di fronte a loro. Pensavo: no, il fascismo non può marciare qui, non va bene, non è giusto. Volevo fermare il corteo». In realtà a fermare il corteo non ce l’ha fatta: è stata immediatamente sollevata di peso e fatta sgombrare dalla polizia, per far proseguire la marcia dei neonazisti.  

(per vedere il video andate sulla pagina de LaStampa )


Il gesto - e la fotografia di David Lagerlöf - è rimbalzato sui media nazionali e internazionali, proprio quando il governo avvisa che il primo pericolo interno sono «gli atti di violenza dei gruppi di estrema destra» e i Democratici svedesi (il partito anti-immigrati per eccellenza) mantengono il 20 per cento delle preferenze di voto e sono l’ago della bilancia in Parlamento in materia di immigrazione.  

Molti giornali svedesi hanno paragonato la fotografia di Tess Asplund con la famosa immagine del 1985 della «Tanten med väskan», “la signora con la borsa”. L’immagine, scattata da Hans Runesson, mostra una donna che colpisce uno skinhead dal partito Nordic Reich con la sua borsa. 

 

L'attivismo delle Donne

In armonia con la Terra





Io non posso permettermi di scegliere su quale fronte devo lottare contro le forze della discriminazione, ovunque esse appaiano per distruggermi. E quando appaiono per distruggere me, non ci vuol molto tempo prima che appaiano per distruggere te. Audre Lorde

Perciò, l’attivismo delle donne è più spesso che no a 360° ed è questo il caso per il “poker” di bellissime sorelle dispiegato qui sotto.

sandy

Sandy Saeturn, organizzatrice della Rete Ambientalista dell’Asia del Pacifico, è originaria del Laos ma è nata in un campo profughi in Thailandia: la sua famiglia fuggiva dalla guerra. A tre mesi è arrivata negli Stati Uniti.
“Sono cresciuta nel quartiere popolare nord di Richmond. Potevo vedere la raffineria della Chevron dal cortile della mia scuola.” 
In città ci sono ancora circa 350 siti tossici, che rendono Richmond un punto chiave per le lotte ambientali e di giustizia sociale.
“Con il tempo – racconta ancora Sandy – mio zio, le mie zie e i miei nonni sono morti per problemi respiratori e cancro. Persone di 30/40 anni morivano di tumore e nessuno nella mia comunità ne parlava. Quando avevo 14 anni, membri della Rete Ambientalista dell’Asia del Pacifico condivisero con noi le informazioni sull’impatto che le compagnie chimiche avevano sull’ambiente e sulla salute e capii quanto questo fosse ingiusto.
Da 15 anni Sandy lavora per costruire consapevolezza sulla giustizia ambientale e progetti che sostengano i giovani.

dayamani

Dayamani Barla, giornalista tribale e leader movimentista, è in prima linea nelle lotte per la terra a Jharkhand, in India. Dayamani sostiene che lo spostamento forzato delle comunità indigene è equivalente all’annichilazione culturale e promuove modelli di sviluppo sostenibile che integrano le conoscenze e le visioni del mondo indigene.
“Si tratta di un modello che contiene il pensiero scientifico dello stile di vita indigeno, per cui la tecnologia lavora in armonia e cooperazione con la natura. Non si può continuare a pensare di prendere dalla natura e basta.”

rita

Rita Thapa è attivista pacifista e per i diritti delle donne. Dopo il disastroso terremoto che ha colpito il Nepal l’anno scorso e il suo impatto sproporzionato sulle vite delle donne, Rita si è rimboccata le maniche per ricostruire. Non è stata la sola ad assumere un ruolo guida nella faccenda:
“Le donne tengono insieme le comunità: per il dopo terremoto non è stato diverso, la ricostruzione è stata portata sulle loro spalle. La cosa notevole è che hanno dimostrato come il lavoro di recupero a lungo termine per le creature e il pianeta Terra può essere svolto con minimo impiego di denaro o di potere. Nutrire i piccoli, gli anziani, i malati e i feriti; continuare il lavoro nei campi e nelle case; raccogliere – letteralmente – le macerie: ciò permette a chi è stato colpito di avere il tempo necessario a guarire. Chiunque può imparare da questo: per aver cura l’uno dell’altro e del pianeta non ci vuole chissà che scienza. Una leadership intessuta profondamente di compassione, cura e rispetto che permette di ricostruire fiducia e speranza è tutto quel che serve.”

eriel

Eriel Deranger è un’indigena Athabasca Chipewyan di Alberta, in Canada. La sua voce è una delle maggiormente incisive fra quelle che si oppongono al grande progetto industriale che vede coinvolte circa venti aziende di vari paesi, dal Canada al Giappone alla Corea del sud: l’estrazione e la lavorazione delle sabbie bituminose nella sua zona (rocce sedimentarie che contengono bitume). Il bitume viene estratto tramite pozzi o miniere superficiali e dev’essere trattato con solventi e altre sostanze chimiche per diventare petrolio. Gli scarti tossici le aziende li scaricano direttamente nel fiume Athabasca (nel 1997, la ditta Suncor ammise di averci versato 1.600 metri cubi di acqua contaminata al giorno) che era il più grande delta di acqua dolce al mondo e che grazie al criminale menefreghismo degli estrattori conterà più di un milione di metri cubi di acqua contaminata nel 2020: arsenico, cadmio, cromo, piombo, mercurio, nickel e altri metalli stanno fluendo nei tributari del delta.
Eriel dice che l’impatto dello sfruttamento delle sabbie bituminose distrugge ambiente, cultura, salute e siti sacri alle comunità indigene, ma riconosce l’oppressione in tutta la storia dei popoli indigeni: “Con la colonizzazione ci hanno imposto anche il patriarcato. Le nostre erano società matrilineari in cui le donne avevano potere e oggi lo stiamo reclamando come leader, nel far parte del risorgimento dei nostri popoli, non solo nelle lotte ambientaliste e per la giustizia climatica, perché riaffermiamo la nostra identità indigena in differenti movimenti.” 
Maria G. Di Rienzo