domenica 7 febbraio 2016

Mutilazioni genitali femminili

ecco come migliaia di comunità in Africa hanno detto basta
 
di Mara Budgen

L’ong senegalese Tostan aiuta le comunità africane a rinunciare ad alcune tradizioni come la mutilazione dei genitali femminili e i matrimoni precoci.

Porre fine alle mutilazioni genitali femminili (Mgf) è possibile solo se sono le comunità stesse a volerlo. È questa la chiave del successo dell’ong senegalese Tostan che, grazie a un programma di sviluppo sostenibile, ha aiutato circa 7.300 comunità e oltre 7 milioni di persone a rinunciare pubblicamente a questa pratica.

ragazze mgf senegal
Delle ragazze bruciano gli oggetti usati per la Mgf durante la dichiarazione pubblica di abbandono della pratica a Kaolack, in Senegal nel 2015 © Tostan


Il modello innovativo di Tostan

Quando l’americana Molly Melching fondò Tostan nel 1991, porre fine alle mutilazioni non era nei suoi progetti. Ma grazie ad attività come la traduzione della Dichiarazione universale dei diritti umani nelle lingue locali e l’educazione alimentare per bambini e madri, sono state le donne a tirare fuori la questione. Così sono state gettate le basi per un progetto che ha coinvolto più di 200mila persone in sei paesi dell’Africa occidentale: il programma di legittimazione delle comunità (Community empowerment programme, Cep) di Tostan.

Senegal National Coordinator, Khalidou Sy. Public Declaration. Latmingue, SN. 30 Oct. 2010. CEP. HR. FGC
Khalidou Sy, ex coordinatore nazionale di Tostan Senegal © Tostan
Ecco come Tostan aiuta le comunità a svilupparsi in autonomia
“L’approccio di Tostan è diverso da quello delle altre organizzazioni perché il suo metodo educativo è basato sul rispetto della persona”, spiega Khalidou Sy, ex coordinatore nazionale di Tostan Senegal. Inoltre “i partecipanti imparano e condividono esperienze. Parlano con gli abitanti del villaggio e cercano il consenso per risolvere i problemi della comunità”.

Penda Mbaye, Senegal 2016
Penda Mbaye, direttrice dei programmi di Tostan © Tostan

I membri della comunità seguono lezioni sui diritti umani e imparano anche a leggere, a scrivere e a contare e sviluppano abilità di gestione. Queste sono le fasi dette rispettivamente in lingua fulani e mandinka di kobi e aawde, parole che significano “preparare il terreno per piantare” e “piantare il seme”. Queste fasi vanno in parallelo con la creazione dei comitati per la gestione delle comunità che hanno il compito di implementare i progetti di sviluppo che le comunità decidono di perseguire. I comitati vengono eletti democraticamente e su 17 membri, nove sono donne.

Public Declaration - Senegal 2015
Dichiarazione pubblica per l’abbandono delle pratiche pericolose in Senegal nel 2015 © Tostan

“Durante le discussioni che affiorano nelle lezioni di Tostan sui diritti umani e sulla salute riproduttiva i partecipanti identificano la Mgf come violazione di alcuni diritti delle donne e delle bambine come quello di essere protette da ogni forma di violenza e di avere diritto alla salute”, dice Penda Mbaye, direttrice dei programmi. “L’approccio di Tostan dà fiducia alle comunità consolidando le tradizioni positive e conferendo agli abitanti i mezzi per rivedere le tradizioni pericolose e riuscire poi ad abbandonarle”.

Immagine di copertina: dichiarazione pubblica a Kaolack, in Senegal © Tostan

http://www.lifegate.it/persone/news/tostan-basta-mutilazioni-genitali-femminili

Essere uomo oggi

a cura di Sergio Signori
 
 “ …quando sarò capace di amare, con la mia Donna non avrò nemmeno
la prepotenza e la fragilità di un uomo bambino…” (G. Gaber)

Essere uomini (maschi) …cosa significa, oggi?

I vecchi stereotipi sono crollati ed in fondo non ce ne rammarichiamo: quegli uomini “tutti d’un pezzo”,  impettiti, fieri, aggressivi, dominanti, rigidi… ecco, sì, soprattutto rigidi! Ma nei film erano sempre i maschi che sapevano cosa fare e risolvevano le situazioni.

E le donne? Timide, sottomesse, zitte, non guardare negli occhi, bambole-tegamini-casetta-chiacchiere-pizzi-tulle-rosolio-pianto facile…

Gli uomini? Soldatini-guerra-calcio-osteria-gridate-bravate- o te la faccio o me la fai…maschere, castelli di carta che non vogliamo più.

Ma oggi? Donne aggressive, iper-razionali, “perfette”, sanno tutto loro, nelle pubblicità surclassano o umiliano l’uomo; uomini effeminati, depilati, palestrati, che non sanno più chi sono…

Ci dispiace, donne, che siate deluse da noi, che non siamo più “gli uomini di una volta” (per fortuna…); da un lato vi do ragione, dall’altro ritengo che abbiate strada da fare anche voi, perchè mi sembra che anche voi non sappiate più bene chi siete, cosa vuol dire “essere donna” senza ricadere nel falso modello delle vostre madri, o nonne...
Lasciando a voi  l’impegno di vincere – per quanto vi riguarda - la sfida che ci attende tutti, prendo per noi maschi il compito che ci compete: ritrovare ed incarnare l’identità maschile senza ricadere negli stereotipi del passato ma nemmeno cadere nell’attuale modalità di uomini che non si distinguono più dalle loro compagne.

E’ difficile, certo. Gli ingredienti? Radicarsi nella nostra identità archetipica che prevede volontà, azione, realizzazione, focalizzazione, essere sostegno e protezione, indagare le cose per comprenderle, portare ordine, affrontare i problemi per risolverli; ma se saremo “solo” questo, ricadremo nei vecchi schemi ed incarneremo un Maschile eccessivo, squilibrato, assoluto, dimentico “dell’altra Metà del Cielo”; queste doti dovranno  quindi coesistere con la capacità di essere empatici, sensibili, comunicativi, di mettersi in gioco, di saper attendere, di essere in contatto con le emozioni ed esprimerle, di accettare che esistano valori e modi di essere diversi dai nostri, accettare che possa esistere l’imprevedibilità e che oltre al bianco ed al nero vi  siano tante sfumature intermedie, che c’è un sesto  senso… e forse anche un settimo, che non tutto può essere analizzato e spiegato razionalmente… in sostanza, di saper attingere a qualità dell’archetipo Femminile. (Lo stesso compito, speculare, attende a mio parere le donne).

Sì, lo ammetto di nuovo, è difficile. Ma è la strada che vedo per l’umanità del terzo millennio, in cui si superi finalmente il dualismo Uomo-Donna fatto di contrapposizione ed incomprensione, e ci si conosca e riconosca diversi ma complementari; che si riconosca che, come a livello anatomico e funzionale, l’uomo ha in sé parti della donna e viceversa; che si integrino finalmente le due Energie in modo speculare,  così che in ogni uomo ed in ogni donna esse fluiscano l’una nell’altra, sia pure con diversa enfasi e misura nei due generi.

Sono convinto che una delle risorse importanti per realizzare questo bellissimo progetto sia  ritrovare il reciproco sostegno fra simili, come è sempre esistito in tutte le società tradizionali; il “cerchio” degli uomini e il “cerchio” delle donne… parlo per noi: una volta erano il club, l’osteria, il calcio, la caccia o quant’altro. 
In un mondo in cui l’automobile e la televisione (doni peraltro innegabili) hanno contribuito a parcellarizzare le esperienze ed a isolarci gli uni dagli altri è importantissimo ritrovarci per radicarci nella nostra identità; un “luogo” in cui la confidenza, la stretta di mano, l’abbraccio e anche solo il “sentirsi simili” ci facciano ritrovare la bellezza e la fierezza di essere uomini. 

mercoledì 3 febbraio 2016

Femminicidio: lettera aperta alle donne della politica

Pubblicato 03/02/2016 da paroladistrega

Care Donne della politica,

questa lettera è scritta con rabbia. Una rabbia sana, costruttiva, umanissima. E vorrei che anche voi foste arrabbiate come me.

Voglio parlarvi di FEMMINICIDI: nelle ultime 24 ore, due donne sono state uccise da uomini (compagni, mariti, non importa). Ma diventano tre casi, se aggiungiamo il caso di Carla Caiazzo, in gravi condizioni per le ustioni procurate nel 40% del corpo, dall’ex compagno che le ha dato fuoco. Perché anche se dovesse sopravvivere, la sua vita non sarà più quella di prima.

Si sa, la media ormai confermata è una vittima di femminicidio ogni 3 giorni.
E noi donne “femministe di strada” (come amo definirmi io) parliamo, parliamo… scriviamo, scriviamo. Ma del resto: la PAROLA è la nostra unica ARMA di donne civili, impegnate, sensate, intelligenti. Perché siamo intelligenti.
E, come donne intelligenti, ci rendiamo conto che la PAROLA, purtroppo, non basta: oltre a quella, servirebbero AZIONI CONCRETE. Quali? Le opzioni sono solo due.

La prima, non auspicabile, è la giustizia faidate.

La seconda è la GIUSTIZIA dello STATO.

Ovviamente, noi donne intelligenti puntiamo alla seconda opzione. Ma quali sono le modalità, le strade, per giungere ad una vera e GIUSTA-GIUSTIZIA dello Stato?

C’E’ UNA STRADA DA PERCORRERE. E ORA DEVE INIZIARE IL CAMMINO. VOI, DONNE DELLA POLITICA DOVETE FARVI CARICO DI QUESTA BATTAGLIA CIVILE: SERVE UNA LEGGE SEVERA CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE E IL FEMMINICIDIO (NON quella che abbiamo).

Il compito di noi “femministe di strada” è ricordarvi il vostro essere DONNE.

E’ ricordarvi che siete lì, anche e soprattutto per essere la nostre VOCE.

E’ ricordarvi di non perdere il CONTATTO CON LA REALTA’ spesso TERRIBILE DEL QUOTIDIANO.

E’ ricordarvi che se siete sedute su quelle poltrone, dovete renderci conto DI CIO’ CHE INTENDETE FARE PER NOI.

E’ per ricordarvi che, a prescindere da colori di partiti, di fronte ad un pericolo grave ed incombente, le donne devono essere unite in un implicito patto di SORELLANZA.

Care Donne della politica, noi “femministe di strada” stiamo finendo le PAROLE: le abbiamo usate tutte, ogni giorno, in ogni contesto, con fermezza e convinzione.

ORA TOCCA A VOI: E’ NECESSARIA UNA LEGGE CHE TUTELI LE DONNE.