domenica 30 giugno 2013

RESPECT - Il Diritto delle Donne




Quello che vi presento (tradotto in 4 lingue) è un gruppo appena nato sul social network Facebook e ha l'obiettivo di unire la voce di uomini e donne di tutto il mondo, per richiedere una legge internazionale contro la violazione di uno dei diritti umani fondamentali: la violazione della vita.

Queste gravi violazioni che accadono tutti i giorni in molte parti del mondo, non possono essere regolate semplicemente dai governi dei Paesi nei quali accadono, "semplicemente" perché si tratta di violazione dei diritti umani!

La motivazione di quanto succede può ricondursi ad una cultura sbagliata - India, Cina, Italia, Africa, Medioriente (...) - che ancora persiste in alcuni uomini, ma non nel resto di queste società che ormai sono sulla via del cambiamento, sulla via del "camminare insieme" per seguire un'evoluzione naturale.

Per questi casi isolati (ma che sono ancora troppi!) ci vuole una rieducazione (che avvenga mentre scontano la punizione che gli è stata inflitta) che li metta in riga, che li indirizzi verso il rispetto alla vita altrui, il rispetto alla vita che ha dato loro la vita. Una rieducazione che insegni loro a capire/rispettare il diritto delle donne a studiare, il diritto delle donne a poter vivere la vita pubblica, il diritto a poter girare per il mondo (e non soltanto nel proprio paese) senza temere di essere stuprate, il diritto a non essere considerate bottino di guerra, merce di scambio/lucro, il diritto a non essere considerate "proprietà private" costringendole a subire persecuzioni e violenze gratuite, il diritto delle donne a poter VIVERE liberamente nel rispetto ed evoluzione ognuna del proprio intelletto  (...)



Condividete questo post e, da qui o da Facebook, vi invito a partecipare attivamente a questa iniziativa. Più saremo e meglio sarà! Se volete un mondo migliore dovrete contribuire a migliorarlo.


Che questo 2013 sia l'inizio di un mondo migliore all'insegna della Pace, dell'Amore, del Rispetto della Vita (e non soltanto di quella umana ma di tutta Madre Terra!)


RESPECT - Il Diritto delle Donne

Questo gruppo nasce oggi, nel giorno della dipartita di Rita Levi Montalcini (22.4.1909 - 30.12.2012)
"Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l'accesso all'istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace."
Questo gruppo nasce per unire tante voci in un solo coro, così da diventare forte e chiaro nella richiesta (nella pretesa!) del diritto al rispetto.

Se in molte parti del mondo il rispetto per le donne non esiste, è chiaro che è una questione di cultura, di indottrinamento sbagliato.

Rispetto per le donne significa innanzitutto libertà di essere e di esistere. E significa libertà di studiare, di lavorare, di guidare, di parlare, di ballare, di esprimere la propria opinione, di vivere...

In troppi Paesi le donne non ricevono questo Rispetto, in quanto vengono discriminate, violentate, picchiate, uccise...

E' tempo di unirci da un capo all'altro del mondo e di richiedere l'applicazione di pene severe nei confronti di chi viola il diritto alla VITA CHE DA LA VITA.

E' tempo di richiedere una punizione che non sia soltanto carcere, ma che preveda una rieducazione di queste menti misogine.

E' tempo di rivoluzionare le società maschiliste, non per trasformarle in femministe, ma perché s'impari che camminare insieme è il giusto equilibrio per vivere in pace e in libertà tra pari!

"L'autentica rivoluzione è quella dello spirito, nata dalla convinzione intellettuale della necessità di cambiamento degli atteggiamenti mentali e dei valori che modellano il corso dello sviluppo di una Nazione. Una rivoluzione finalizzata semplicemente a trasformare le politiche e le istituzioni ufficiali per migliorare le condizioni materiali ha poche probabilità di successo." (Aung San Suu Kyi)

Non puoi separare la pace dalla libertà perché nessuno può essere in pace senza la sua libertà (Malcom X)

Intanto, in questo gruppo è nata questa petizione: http://ildirittodelledonnerespect.blogspot.it/2013/06/petizione-per-i-diritti-delle-donne.html

I diritti internazionali delle donne

"Il capitale umano è equamente distribuito tra i due sessi. Solo, alle donne non era concesso di utilizzare il proprio". (Rita Levi Montalcini)

Introduzione
Tre quinti del miliardo di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà sono donne. Dei 960 milioni di analfabeti, due terzi sono donne, ragazze e bambine. Ogni giorno 1.600 donne e più di 10.000 neonati perdono la vita per cause legate alla gravidanza e al parto. 1 donna su 5 nel mondo ha subito una qualche forma di violenza.
I dati del rapporto Lo stato della popolazione nel mondo 2008 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), intitolato quest’anno Punti di convergenza: cultura, genere e diritti umani), chiariscono a un primo sguardo che la più persistente disparità ancora esistente è quella di genere. Ingiustizie e discriminazioni sono ancora diffuse, talvolta aggrappate a salde radici culturali, talaltra consolidate da strutture o sistemi sociali che marginalizzano le donne nella vita culturale, economica, sociale e politica. 

Sebbene la mancanza di risorse sia spesso terreno fertile per queste situazioni di ingiustizia, i diritti delle donne sono a rischio in molti paesi anche sviluppati. In diversi incontri internazionali, in particolar modo dal 1975 a oggi, governi, società civile ed enti internazionali si sono impegnati per le donne, con specifici obiettivi di uguaglianza e tutela dei diritti. Eppure i progressi appaiono troppo lenti su ogni fronte: diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale, all'eguaglianza e a fondare una famiglia, accesso all'informazione e all'istruzione, assistenza sanitaria e, ancora, riconoscimento professionale e partecipazione alla vita politica.

Disparità nel mondo
Una importante prospettiva di osservazione è offerta dal Gender Gap Report 2008 (in .pdf), lo studio del World Economic Forum sulle disparità di genere nel mondo che analizza la situazione delle pari opportunità in 130 paesi, che rappresentano il 90% della popolazione mondiale [1]. I risultati indicano una globale riduzione dei divari di genere nei settori dell’economia, della politica e dell’istruzione, mentre un aumento delle disparità si registra nell’ambito della salute. In questa classifica mondiale sono i paesi del Nord Europa a mostrare il minore divario di opportunità tra uomo e donna, con Norvegia al primo posto e Finlandia, Svezia e Islanda a seguire. Chiude l’elenco, invece, lo Yemen.

Istruzione
La dipendenza delle donne è stata per lungo tempo culturale. Raggiunto e spesso superato il livello di istruzione maschile nei paesi più sviluppati, le donne nei paesi più poveri sono ancora oggi tenute in uno stato di ignoranza che preclude loro una piena coscienza della propria dignità e dei propri diritti. Il terzo degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio pone l’attenzione sulla necessità di uguaglianza, chiedendo in particolare di eliminare le differenze nelle possibilità di istruzione primaria e secondaria entro il 2005, e a tutti i livelli di istruzione entro il 2015.
Sebbene il numero di ragazze che accedono all’istruzione primaria ogni 100 ragazzi nei paesi in via di sviluppo sia cresciuto da 87 a 94 fra il 1990 e il 2005, il Report Onu 2008 sugli Obiettivi del Millennio (in .pdf) rivela che 113 paesi non hanno raggiunto la parità in questo campo.
Le percentuali più basse si registrano in aree rurali sub-sahariane dove bambine e ragazze, invece di dedicarsi alla scuola, sono costrette a occuparsi della famiglia e delle mansioni della casa, come la raccolta dell’acqua e della legna per il fuoco. Il rapporto inoltre valuta che solo 18 paesi fra questi riusciranno probabilmente a superare la disparità in tutti i livelli dell’istruzione entro il 2015.

Salute e sopravvivenza al femminile
Salute e sopravvivenza, sempre secondo il Global Gender Gap Report 2008 (in .pdf), si distinguono fra i parametri più critici di disuguaglianza a scapito delle donne. I maggiori divari si registrano in Asia: in particolare in Cina, India, Azerbaijan e Armenia. Buona la situazione in America Latina (dove molti paesi tra cui Argentina, Brasile, Cile e Messico sono a pari merito con alcuni stati europei come Austria, Finlandia, Francia, Lettonia e Slovacchia) e punteggi alti per alcuni paesi africani, come Angola, Gambia, Lesoto, Madagascar, Mauritania, Mauritius e Yemen. In molte parti dell’Africa e del Sud Asia, l’aspettativa di vita delle giovani donne resta in ogni caso a livelli dell’Europa medievale.
L’edizione 2009 della pubblicazione conferma che la maternità rimane uno dei più gravi rischi per le donne nei paesi meno sviluppati, dove risulta 300 volte più probabile morire durante il parto o per complicazioni legate alla gravidanza. Su questo punto si concentra il quinto Obiettivo del Millennio, che prefigge di ridurre del 75% la mortalità materna entro il 2015. L’impegno per la salute riproduttiva delle donne si esplica in un’assistenza sanitaria sicura e nel diritto alla pianificazione familiare e l’interruzione di gravidanza.
Human Rights Watch stima che 20 milioni di aborti insicuri hanno luogo ogni anno a causa della criminalizzazione della pratica in molte regioni del mondo. Le donne, per ragioni biologiche, culturali, economiche e religiose, sono infine più esposte al contagio di Aids e Hiv e alle discriminazioni conseguenti.

Donne e lavoro
Sono un miliardo e duecento milioni le donne che lavorano nel mondo. Nonostante nell’ultimo decennio il numero di lavoratrici sia lievitato quasi del 20% (dal 1997 a oggi 200 milioni unità in più), non sembrano però essere migliorate le condizioni femminili nel mercato del lavoro [LAVORO]. Come mette in evidenza dal rapporto "Le Tendenze Globali dell'Occupazione Femminile" (in .pdf), presentato nel marzo 2008 dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, le donne restano per lo più confinate nei settori meno produttivi, sopportano maggiori rischi economici e sono private di protezione sociale e diritti fondamentali.
"Le donne continuano a entrare nella forza lavoro in gran numero. Questo progresso non deve tuttavia far passare inosservate le grandi ingiustizie che continuano a esistere nei posti di lavoro di tutto il mondo" - ha ammonito il direttore generale dell’ILO, Juan Somavia.
Nell'ultimo decennio è scesa in ogni caso (dal 56,1 al 51,7%) la quota di donne impiegate in posizioni vulnerabili, ma il fenomeno rimane particolarmente acuto soprattutto nelle regioni più povere del mondo - con percentuali che superano l'80% in aree come l'Africa sub-sahariana e l'Asia del Sud. Qui manca spesso qualsiasi forma di riconoscimento e retribuzione per le donne nonostante rappresentino una forza determinante nei processi di sviluppo e produzione della ricchezza. 
Di contro, nei Paesi industrializzati, essere a un livello culturale più elevato di quello degli uomini il più delle volte corrisponde a un lavoro di livello più basso e meno retribuito.

Disuguaglianza e tradizione
Spesso sono tradizioni culturali, esplicite o celate in leggi discriminatorie, innestate in un tessuto sociale estremamente povero, a creare il maggior ostacolo al raggiungimento dell’uguaglianza. La convinzione che le ragazze debbano lavorare piuttosto che studiare e che una donna non possa acquisire alcun diritto alla proprietà, per esempio, sono profondamente radicate in molte culture e legislazioni. Questioni legali molto problematiche sono presenti anche nei paesi islamici dove sono in vigore i dettami della legge della Sharia che governano la condizione delle donne.
Pakistan, Afghanistan e Iran mostrano diverse situazioni in cui il ruolo della donna nella società è condizionato da difficili restrizioni, pur nella contraddizione che vede nelle Università iraniane molte più donne. Un’ulteriore brutale espressione della forza di antiche norme discriminatorie si trova nell’aborto selettivo in funzione del sesso del nascituro e negli infanticidi delle bambine, tuttora diffusi in India e Cina. O, ancora, pratiche coercitive di violazione dei diritti più elementari della donne, come i matrimoni precoci o le mutilazioni genitali femminili, compiute nel rispetto di riti atavici per consacrare il passaggio alla vita adulta. 
Ancora in uso in alcuni paesi africani, nonostante le leggi che le vietano, vengono condotte spesso in condizioni igieniche discutibili, da persone senza adeguata conoscenza medica. Alla luce della grande influenza di questi retaggi, The State of World Population 2008 l’ultimo report del Fondo della Popolazione delle Nazioni Unite, ha focalizzato l’attenzione sull’importanza di strategie di sviluppo che agiscano sui valori culturali per ridurre le violazioni contro le donne e promuoverne i diritti.

Violenze
Una delle conseguenze più brutali della disuguaglianza economica, sociale, politica e culturale, è la violenza contro le donne. “Una donna su tre è maltrattata, violentata o subisce altre forme di abuso nella sua vita”, ha denunciato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, lanciando la campagna 2008 UNite to End Violence Against Women. Gli abusi - che vanno dalle violenze domestiche agli omicidi di onore – sono da considerarsi elemento integrante del modello culturale di molti paesi, più o meno avanzati, spesso in assenza di leggi e provvedimenti soddisfacenti per la tutela delle donne. A questi si sommano la pratica del traffico di donne per sesso o altre forme di sfruttamento, nate dalla combinazione di criminalità e povertà.
Infine, donne e bambine sono esposte a situazioni di pericolo e gravi violenze durante i conflitti armati. Lo stupro come arma di guerra per demolire le custodi della cultura e della stirpe.

Donne e sviluppo
Indicatori sociali ed economici mostrano che sono le donne a sopportare il peso maggiore dell’arretratezza culturale ed economica nelle comunità più povere. Nel contempo sono anche le protagoniste dei programmi di riduzione della povertà e rinascita economica di ogni paese. Come rilevato dal precedente Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, “non c’è alcuno strumento per lo sviluppo più efficace che l’educazione delle ragazze”. Per abbattere ingiuste gerarchie sociali, è necessario affiancare a questa, un identico accesso alle risorse come la salute, la terra, credito e tecnologie. La convinzione che la prospettiva di genere debba riflettersi in ogni strategia di sviluppo si fonda su una chiara evidenza del ruolo chiave nel ridurre la povertà, generare attività economica e migliorare la qualità della salute e della produttiva del nucleo familiare.

La lotta per i diritti delle donne
Nel XVIII e nel XIX secolo sono stati compiuti molti passi avanti verso l'uguaglianza di genere. I movimenti femministi hanno abbattuto molte barriere, contribuendo a vasti cambiamenti sociali e politici. Con tempi, dimensioni e modalità differenti da paese a paese, questi movimenti hanno lottato per migliorare la condizione femminile a partire dal conseguimento di diritti pari a quelli degli uomini: istruzione, cittadinanza, voto, eleggibilità e così via. 
A livello internazionale nel 1945 nel documento costitutivo delle Nazioni Unite è stata aggiunta una dichiarazione d'impegno per l'uguaglianza tra uomini e donne, ripresa poi nel 1948 nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che sancisce
(art. 2): "a ogni individuo spettano tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente Dichiarazione senza distinzione alcuna per ragioni di razze, di colore, di sesso, di lingua e di religione". 

Questo si rivelò però poco utile in termini pratici e fu necessario lottare oltre 30 anni per maturare a livello internazionale un impegno reale contro l’ingiustizia di genere. 
Nel 1967 a Città del Messico, la prima Conferenza Mondiale sulle donne riconobbe il contributo al femminile nei processi di sviluppo, dichiarando l'importanza di promuovere un cambiamento sociale ed economico.

Un reale impegno prese però forma solo nella Convenzione per l'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW), adottata nel 1979 ed entrata in vigore nel settembre del 1981. Definita la “Carta dei diritti delle donne”, è il più importante strumento internazionale, giuridicamente vincolante, in materia di diritti delle donne: specifica le aree in cui le donne sperimentano la discriminazione; indica misure per eliminare la discriminazione; impegna i paesi a emendare le loro leggi, costruire politiche nazionali di genere e creare istituzioni per perseguirle. 

A venti anni dalla sua entrata in vigore, l'Assemblea Generale dell'ONU ha poi varato il "Protocollo facoltativo della Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne" (in .pdf) (entrato in vigore nel dicembre del 2000) che definisce procedure di indagine e intervento in casi di violazione delle norme stabilite dalla Convenzione nei paesi che hanno sottoscritto il Protocollo facoltativo.

Le conferenze internazionali su donne e sviluppo, promosse dall’Onu, hanno contribuito ad accrescere la consapevolezza circa la rilevanza delle disparità di genere. Parallelamente la crescente richiesta di organismi nazionali e intergovernativi ha portato alla creazione di ministeri e commissioni specifiche sulla questione femminile in numerosi paesi, mentre nell’ambito dell’Onu hanno visto la luce il Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo delle donne (UNIFEM) e l’istituto internazionale di ricerca per il progresso delle donne (INSTRAW). 

L’impegno più concreto si è raggiunto nella Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne, tenuta a Pechino nel settembre del 1995. In questa occasione i governi si sono impegnati nella Piattaforma di azione di Beijing, un dettagliato piano per sradicare discriminazione e povertà. I membri hanno ribadito e rafforzato questa piattaforma nel 2000 durante la revisione dei cinque anni, e successivamente quella dei dieci anni nel 2005.

Tuttavia, una valutazione sulla realizzazione della Piattaforma d’azione di Pechino, svela un notevole divario tra le politiche elaborate e la loro applicazione. L’assenza di una volontà politica si riflette in particolare nella scarsità di risorse disponibili. 

Contro questa mancanza di impegno concreto si è espresso lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite in occasione della giornata internazionale della donna del 2008. Secondo i critici, il consolidamento della legislazione non è stato aiutato dal grande numero di organizzazioni Onu che lavorano sui differenti aspetti della disuguaglianza di genere. Come conseguenza del processo di riforma Onu, sono state avanzate richieste per una più fluida architettura delle agenzie e, quindi, coerenza nella lotta per i diritti delle donne.

Europa e Italia, in statistiche
All’interno dell’Unione europea si lavora da tempo sul tema della parità fra generi, comunitariamente e nei singoli stati membri, con risultati apprezzabili su diversi fronti: salute, istruzione, legislazione, tutela. Ciò nonostante rimangono grandi sfide da affrontare. Le donne continuano a giocare un ruolo importante nella crescita dell’occupazione in Europa ma restano sfavorite rispetto agli uomini nel mercato del lavoro, come confermano sia la seconda edizione di "Life of women and men in Europe - a statistical portrait" pubblicato da Eurostat, sia l’edizione 2008 del rapporto adottato dalla Commissione europea sulla Parità fra donne e uomini
Nonostante il livello più alto di istruzione (il 59% dei laureati è costituito da donne), continuano a ricoprire ruoli meno significativi rispetto agli uomini e a ottenere stipendi più bassi (in media il 15% meno). Da una parte, più del 7,5% dei 12 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa creati dal 2000 è stato occupato da una donna. Dall’altra, il livello di impiego femminile rimane più basso (14,4 punti in meno).
Su questo tema si è pronunciato il Parlamento europeo con una risoluzione del 15 gennaio 2009 concernente la direttiva per l’attuazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne in merito ad accesso al lavoro, formazione e promozione professionali e condizione di lavoro. 

Nelle prime dieci posizioni del Report Gender Gap 2008 si distinguono come virtuosi otto paesi europei: guidano i paesi scandinavi, capeggiati dalla Norvegia. Germania e Gran Bretagna scivolano più in basso a causa di una diminuzione delle donne ai livelli dirigenziali, mentre Svizzera e Francia risalgono. Gli Stati Europei che registrano le maggiori disparità sono Georgia (82), Malta (83), Albania (87) e Turchia (123).
In questo panorama l’Italia (scheda in .pdf): non gode di una buona posizione (67), pur recuperando 18 posti rispetto al 2007 grazie all’aumento della presenza femminile in parlamento, nei ministeri e tra i manager. Non sono critiche le situazioni di istruzione e partecipazione politica, rispettivamente alla posizione 43 e 46, ma nelle pari opportunità a livello economico l’Italia si colloca solo alla posizione 83, dopo paesi come il Botswana e il Burkina Faso. Poco incoraggiante anche la classifica dei parametri legati alla salute.

ALCUNI DATI
Donne e occupazione: risultati di un decennio
Indicatori del mercato globale del lavoro
  1997 2007
DONNE    
Occupate (in milioni) 1.001,60 1.186,10
Disoccupate (in milioni) 70,2 81,6
Tasso occupazione 49,5% 49,1%
Tasso disoccupazione 6,5% 6,4%

   
UOMINI    
Occupati (in milioni) 1.530,30 1.787,00
Disoccupati (in milioni) 94,6 108,3
Tasso occupazione 75,7% 74,3%
Tasso disoccupazione 5,8% 5,7%
Fonte: ILO, “Global Employment Trends for Women”, marzo 2008
     
     
Donne e occupazione: salariate e vulnerabili
Composizione occupazione per status dal 1997 al 2007
     
  1997 2007
DONNE    
Dipendenti salariate 41,8% 46,4%
Imprenditrici 2,1% 1,8%
Occupate in impieghi vulnerabili 56,1% 51,7%
     
UOMINI    
Dipendenti salariati 44,9% 47,9%
Imprenditori 4,3% 3,4%
Occupati in impieghi vulnerabili 50,7% 48,7%
Fonte: ILO, “Global Employment Trends for Women”, marzo 2008

Bibliografia minima
- Bartolini, S., A volto scoperto. Donne e diritti umani, Manifestolibri, Roma, 2002
- Hacker, H.M., Women as a minority group, Social Forces,1951
- Mae Kelly R., Gender, Globalization and Demcoratization, Rowman & Littlefield Publishing, 2001
- Amnesty International, Mai più! Fermiamo la violenza sulle donne, EGA, Torino 2004

Documenti utili
- Gender Gap Report 2008 (in .pdf)
- Punti di convergenza: cultura, genere e diritti umani, Report Lo stato della popolazione nel mondo 2008 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA)
- Rapporto sull’uguaglianza fra uomini e donne 2008 – Commissione Europea (inglese) (in .pdf)

[1] L’analisi si sviluppa sulla base di quattro indicatori: economico (partecipazione nei diversi ambiti occupazionali, guadagno e possibilità di carriera); istruzione (rapporto tra generi nell'educazione primaria, secondaria e terziaria); coinvolgimento politico (percentuale di donne tra le alte cariche); condizioni di salute (aspettative di vita, maltrattamenti, malnutrizione e altri fattori sanitari).

(Scheda realizzata con il contributo di Francesca Naboni)

E' vietata la riproduzione - integrale o parziale - dei contenuti di questa scheda su ogni mezzo (cartaceo o digitale) a fini commerciali e/o connessi a attività di lucro. Il testo di questa scheda può essere riprodotto - integralmente o parzialmente mantenendone inalterato il senso - solo ad uso personale, didattico e scientifico e va sempre citato nel modo seguente: Scheda "Donna" di Unimondo: www.unimondo.org/temi/sviluppo/donna

I diritti delle donne sono diritti umani

Articolo di Mariagrazia Rossilli

Perché occorre parlare dei diritti delle donne come insieme di diritti particolari rispetto ai diritti umani in generale?
Quando si parla di diritti umani in generale ci si riferisce ai diritti di uomini e donne. La necessità di riferirsi in particolare ai diritti delle donne come diritti specifici discende, oltre che dal riconoscimento della loro differenza inseparabile dal riconoscimento del loro diritto all’uguaglianza, anche da altri tipi di considerazioni. 

Va ricordato, infatti, che in passato, come ancora oggi in molte parti del mondo, alle donne non sono stati garantiti diritti uguali a quelli degli uomini. Le donne non potevano votare, non potevano (e, in molte parti del mondo, non possono) esercitare alcune professioni, erano (e, in molte parti del mondo, sono) in posizione subordinata rispetto al marito all’interno della famiglia, non avevano (e, in molte parti del mondo, non hanno) diritto alla proprietà della terra, all’eredità ecc. 
Molte discriminazioni sono cadute in molti paesi, ma molte altre permangono sicché l’uguaglianza è ancora un obiettivo da conquistare, che si tratti di uguaglianza formale o di uguaglianza sostanziale come nei nostri paesi del Nord del mondo.

La tutela dei diritti umani delle donne ha ricevuto un impulso significativo grazie agli strumenti internazionali e all’impegno profuso dalle Nazioni Unite nel loro riconoscimento e nell’elevamento dei relativi standard.

A partire dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo del 1948 fino al recente Protocollo aggiuntivo alla Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, i diritti delle donne sono stato oggetti di un lento processo di espansione e ridefinizione. 
Sia la Dichiarazione Universale del 1948 che i successivi patti attuativi sui diritti civili e politici e su quelli economici sociali e culturali, sancendo il divieto di discriminazione di sesso e l’uguaglianza di diritti individuali di uomini e donne, formulano i diritti in modo quanto più possibile neutro, sì che le violazioni possano essere parimenti perseguite nel caso che la vittima sia donna o uomo.

Successivamente la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Convention for the Elimination of all forms of Discrimination Against Women-Cedaw) approvata nel 1979 ha costituito la più estesa carta mondiale dei diritti delle donne e stabilito gli standard di uguaglianza a cui si riferiscono le donne del mondo. 
Identificando le discriminazioni più evidenti in tutte le principali aree di diritti civili economici sociali e politici, essa impegna gli Stati membri ad eliminarle e a promuovere, in aggiunta, l’uguaglianza di opportunità attraverso misure positive. 

Nonostante sia una delle Convenzioni più ratificate dagli Stati (179 ratifiche), le riserve, le inadempienze e le violazioni sono così generalizzate che si è reso necessario aggiungervi un Protocollo opzionale, che, dalla sua entrata in vigore nel 2001, consente ad associazioni non governative e ad individui di denunciare le violazioni esistenti nei diversi stati alla apposita Commissione, la quale è, a sua volta, abilitata a condurre indagini sul caso e a formulare raccomandazioni al governo responsabile.

Fino alla Conferenza di Vienna del 1993, i diritti umani garantiti dalla Dichiarazione Universale e dalle principali Convenzioni Onu sono stati, tuttavia, interpretati in modo tale che le violazioni dei diritti delle donne che avvengono in famiglia tra "privati" individui sono state rese invisibili e considerate come al di là della supervisione dello stato.

A questo proposito ha scritto Charlotte Bunch (Executive Director of the Center for Women's Global Leadership): 
“Ovviamente i diritti umani delineati dalla Dichiarazione Universale sono intesi come applicati alle donne. Tuttavia, la tradizione, il pregiudizio, l'interesse sociale, economico e politico si sono combinati per escludere le donne dalla definizione prevalente della "generalità" dei diritti umani, ed hanno relegato le donne a significanti di un interesse "secondario" o "specifico" all'interno del quadro. Tale marginalizzazione delle donne nel mondo dei diritti umani si è originata come riflesso dell'ineguaglianza di genere nel mondo ed ha un terribile impatto sulle vite delle donne. Essa ha contribuito a perpetuare, e financo a condonare, uno status subordinato femminile.”

Una delle ragioni che ha marginalizzato le donne rispetto al meccanismo internazionale dei diritti umani e che ha indebolito la loro cittadinanza è la divisione "pubblico"/"privato". Poiché la sfera "pubblica" è considerata come il focus dell'interazione fra Stato e cittadini, l'abuso in tale relazione è stato considerato al centro della tutela dei diritti umani. Perciò, per quei cittadini - in maggioranza maschi - che predominano nei regni del "pubblico" la preoccupazione primaria si è rivolta agli abusi dei diritti civili e politici a cui essi sono più spesso vulnerabili, quali la violazione del diritto di parola, la detenzione arbitraria, la tortura durante la detenzione, l'esecuzione sommaria. 
Nel mentre le donne hanno potuto appellarsi alla macchina internazionale dei diritti umani quando si sono trovate in situazioni simili, alcune delle loro esperienze, specificatamente legate al genere hanno avuto scarsa visibilità all'interno della definizione prevalente di "abuso". Questo perché le donne sono tradizionalmente intese come legate alla sfera "privata", concernente la casa e la famiglia ed il cittadino "tipico" viene descritto come maschio: la nozione dominante di abuso dei diritti umani ha avuto implicitamente l’uomo come archetipo. 

Il genere è un fattore significativo nelle decisioni dei governi di intervenire in quella che si definisce la sfera "privata" allo scopo di perseguire le violazioni dei diritti umani. I governi hanno ignorato abusi perpetrati sul corpo delle donne da parte dei maschi della loro famiglia, come la violenza domestica o il confinamento o lo stupro coniugale, persino dove esistono leggi che proibiscono tali abusi. 
Le violazioni dei diritti umani delle donne compiute all’interno della famiglia, magari anche in nome della religione e della cultura, sono state occultate dalla santità della sfera cosiddetta "privata".

Solo dall’approccio nuovo e dalla riconcettualizzazione operata nella Conferenza Mondiale sui Diritti Umani di Vienna (1993) che nella Dichiarazione conclusiva afferma esplicitamente, per la prima volta nella storia, che "i diritti umani delle donne e delle bambine sono un'inalienabile, integrale ed indivisibile parte dei diritti umani universali", scaturisce il riconoscimento delle forme specifiche di violenza contro le donne come violazione dei loro diritti umani. 

Dalla Dichiarazione della Conferenza di Vienna del 1993 e dalla Dichiarazione contro la violenza sulle donne, votata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite in quello stesso anno, fino all’inclusione tra i crimini contro l’umanità, perseguibili della Corte Penale Internazionale (1998), delle violenze di massa e sistematiche, come lo stupro etnico, la gravidanza forzata, la tratta finalizzata allo sfruttamento sessuale, la lotta alla violenza contro le donne è diventata il terreno su cui sperimentare una nuova dimensione dei diritti umani.

Sulla scia dell’affermazione della Dichiarazione di Vienna sull’indivisibilità dei diritti umani delle donne, il Programma d'azione della IV Conferenza Mondiale delle Donne di Pechino (1995) riconoscendo i diritti sessuali e riproduttivi delle donne come parte integrante dei loro diritti fondamentali, rappresenta un punto d’arrivo carico di potenzialità e promesse, purtroppo ampiamente tradite sia nella implementazione da parte di molti governi nazionali che negli stessi Programmi d’Azione approvati nelle successive Conferenze di Pechino+5 e Pechino+10.

Nel corso degli anni ’90, quindi, si è venuta affermando l’idea che per la tutela dei diritti delle donne non è sufficiente il divieto di discriminazione di sesso e il riconoscimento dell'uguaglianza dei diritti, sanciti nella Dichiarazione Universale e nei successivi trattati, ma occorre anche garantire i diritti umani propri delle donne in quanto differenti nei loro corpi e nella loro soggettività e rileggere in una prospettiva di genere i diritti umani e le libertà fondamentali. 
L’idea dell’integrazione della prospettiva di genere (gender mainstreaming), mentre ha fatto parecchia strada all’interno delle politiche per lo sviluppo delle Nazioni Unite sì da sfruttare al meglio le risorse umane femminili a fini di crescita economica, stenta, tuttavia, ad affermarsi con altrettanta forza nell’ambito delle garanzie dei diritti umani. Su questo cambiamento di prospettiva continuano a lavorare esperte ed attiviste di organizzazioni femminili e femministe impegnate negli organismi internazionali e nel movimento internazionale per i diritti umani delle donne. 

Le pressioni politiche e le lotte di queste donne, che hanno prodotto l’approccio innovativo degli anni ’90, rappresentano la punta di iceberg della diffusa mobilitazione e dei numerosi movimenti di donne che lottano per l’affermazione dei diritti umani nei diversi paesi. Riconcettualizzando la differenza di sesso-genere e liberandola da visioni essenzialiste e identitarie e sforzandosi, altresi’, di affrontare le differenze tra le donne, questi movimenti hanno contribuito a far emergere nell’orizzonte politico internazionale una rinnovata visione di universalismo dei diritti che sfida anche la pretesa che i diritti umani delle donne possano essere limitati o sacrificati dal rispetto di pratiche religiose o di tradizioni culturali relative al ruolo femminile nella società. 

In opposizione alle forme di relativismo etico che, sulla base dell’essenzializzazione delle differenze culturali e della rivendicazione dei diritti culturali collettivi della comunità d’appartenenza, arriva a legittimare le più gravi violazioni dei diritti individuali delle donne e finanche le più orribili violenze sul loro corpo (mutilazioni genitali femminili), si sta facendo strada a livello internazionale una nozione di universalismo in grado di essere compatibile con alcune diversita’ culturali e religiose salvaguardando un comun denominatore basilare di diritti e libertà fondamentali.

La formulazione dei diritti umani delle donne a partire sia dalla differenza del corpo femminile che dalla rilettura dei diritti umani universali attraverso la prospettiva di genere, lungi dall’obliterare la specificità di questa differenza, assimilandola a qualsiasi altra diversità culturale o sociale, rappresenta una via maestra per estendere e ripensare l’ universalismo dei diritti. 
L'integrazione dei diritti delle donne nel sistema dei diritti umani opera, infatti, come fattore critico di decostruzione del modello maschile che ha improntato formulazione e interpretazione dei diritti, consentendo di rivisitare il rapporto tra uguaglianza e differenza e
di recuperare per questa via universalismo giuridico e orizzonte della differenza di sesso-genere.
Ad onta dei progressi, la strada per il rispetto dei diritti umani delle donne rimane ancora lunga e tutta in salita, non solo nei paesi meno sviluppati, ma anche nel cuore della civilissima Europa. Basti pensare alle violazioni dei diritti fondamentali delle donne che avvengono in Europa, come le percentuali di donne che subiscono violenze domestiche nei paesi dell’UE (una su cinque nella media UE) drammaticamente ci ricordano.

Benché tanto rimanga da fare perché il rispetto dei diritti umani divenga realtà nell’intero pianeta, l’elaborazione attraverso trattati internazionali di standard di diritti civili politici economici sociali e culturali ha fornito e fornisce alle donne del mondo strumenti e linguaggi per rivendicare anche a livello nazionale il soddisfacimento dei propri bisogni e, innanzi tutto, il rispetto della propria dignità e libertà.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Pitch T, “Libertà femminile e politica” in Giovanna Fiume (a cura di ) Donne diritti democrazia XL edizioni, 2007

Rossi Doria A., “Diritti delle donne e diritti umani” in AAVV, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo 10 dicembre 1948 Ediesse , Roma 2006 pp. 63-94.

Bunch Charlotte, I DIRITTI UMANI DELLE DONNE (allegato)

Moller Okin S, Diritti delle donne e multiculturalismo, Raffaello Cortina Editore, 2007

Brunelli G, Donne e politica Il Mulino 2006.

• DOCUMENTI:

-CONVENZIONE PER L’ELIMINAZIONE DI TUTTE LE FORME DI DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE
-DICHIARAZIONE E PROGRAMMA D’AZIONE ADOTTATI DALLA QUARTA CONFERENZA MONDIALE DELLE DONNE, PECHINO 1995- Presidenza del Consiglio dei Ministri