venerdì 31 luglio 2015

Padre Domenico denuncia un abuso

Servizio de “le Iene” sui presunti abusi nel santuario di PadrePio. Padre Domenico risponde al comunicato stampa del convento

articolo pubblicato su CastelBuono.org 

Ricorderete il servizio de le Iene in cui vi segnalavamo la partecipazione di Padre Domenico Costanzo (qui il link), testimone degli abusi perpetuati ai danni della sig.ra Anna Verde durante il proprio servizio lavorativo presso il convento di San Pio a San Giovanni Rotondo.
Al clamore scaturito per la denuncia lanciata dalla celebre trasmissione televisiva di Italia1, ne è seguita una fiaccolata di alcuni manifestanti in “difesa di Padre Pio” – di cui abbiamo dato notizia – sollecitata in qualche modo dalla ferma replica dei dirigenti del convento, affidata ad un comunicato stampa del 27 marzo 2015 che qui alleghiamo.

Castelbuono.Org non avrà l’autorevolezza necessaria per contrapporsi alla “potenza di fuoco” dell’ufficio stampa del convento santuario, però non ci vogliamo sottrarre dal sostenere il nostro Padre Domenico Costanzo, che ben conosciamo per rettitudine e onestà, nel rispondere al passaggio in cui il comunicato stampa dei frati cappuccini di San Giovanni Rotondo liquida l’attendibilità della testimonianza del nostro con un

due Frati Cappuccini della Sicilia, che hanno dimorato a San Giovanni Rotondo solo per pochissimi giorni […]  L’inverosimiglianza di tali dichiarazioni emerge chiaramente dalle circostanze di tempo e di luogo esposte, che rendono la versione fornita non solo priva di qualsiasi fondamento, ma anche illogica e poco credibile.”

Quanto pubblichiamo di seguito è invece la plateale dimostrazione di almeno due verità che smentiscono il comunicato: primo, che Padre Domenico ha partecipato alla vita del convento per ben quattro estati (dal 2010 al 2013) e soprattutto – secondo – che il “caso” delle molestie era ben manifesto al nostro frate già due anni fa, al punto da premurarsi a scrivere in più occasioni agli organi ecclesiastici superiori e persino al Papa.  Altro che “illogica e poco credibile” quindi: dalle parole di allarme con cui Padre Domenico, già nell’ottobre del 2013, provava a segnalare il pesante clima di disprezzo e di umiliazioni che registrava – con i propri occhi – ai danni della sig.ra Verde, si evince quanto la risposta dei frati cappuccini di San Giovanni Rotondo sia del tutto “tecnica” ma ancora una volta lontana dalla volontà di indagare e affrontare nel merito le gravi accuse rivoltegli.
La Redazione



« Cari fratelli Cappuccini, per puro caso ho avuto fra le mani un foglio “comunicato stampa” 2/2015 e alcuni tratti di giornale, editi a seguito della “trasmissione delle Iene” e leggo, tra le righe, una frase che mi riguarda: “due frati cappuccini siciliani che hanno dimorato, solo pochi giorni, a San Giovanni Rotondo, hanno testimoniato per Anna Verde, ex dipendente del convento dei frati di SGR.… E poi, a seguito… “la loro testimonianza non è valida, appunto perchè in pochi giorni non potevano avere una cognizione globale dei fatti“.
Cari fratelli Cappuccini di SGR, io, fr Domenico Costanzo, sono uno dei due frati cappuccini siciliani e vi assicuro che sono stato tra voi, uno di voi e con voi per quattro estati, dal 2010 al 2013, più tutto il mese di settembre 2013 (e il mio collega ha dimorato per un periodo ancora più lungo); ho lavorato nell’ambito della Pastorale e la liturgia e ho avuto modo di seguire da vicino e da lontano le vicende della “passione” di Anna Verde, e questo ve lo dimostro tramine due lettere che io ho trasmesso ai Ministri Provinciale e Generale cappuccini, che vedevo particolarmente assenti nei momenti drammatici che Anna Verde viveva in ragione del vostro sistema persecutorio contro di lei, assolutamente immotivato. Certamente voi non avete avuto la possibilità di conoscerle, appunto perchè indirizzate ai soprannominati Ministri. La prima lettera – Racc. A:R – è indirizzata al P:provinciale Colacelli e p.c. al Gen.le Fr Mauro Johri. Di esse, lettere, non ho avuto risposta, ma nemmeno contestazioni, rilievi o altro. Ve le allego di seguito così come sono nate.
F.to Padre Domenico Costanzo »


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Lettera al Santo Padre, Papa Francesco – 31/10/2013


E' stata lanciata una petizione da Castelbuono.Org
"REVOCA DEL PROVVEDIMENTO DI TRASFERIMENTO A PADRE DOMENICO COSTANZO"
 Di seguito il testo e il link per firmarla:

Padre Domenico Costanzo è un anziano frate cappuccino che ha testimoniato in favore di una donna abusata all'interno del convento di San Giovanni Rotondo. Adesso, dopo aver denunciato alla trasmissione "Le Iene" le violenze e i maltrattamenti subiti dalla donna, e dopo aver servito per quasi 40 anni la stessa comunità in provincia di Palermo, ha ricevuto un avviso di trasferimento.

"Non c'è assolutamente posto nel ministero per coloro che abusano dei minori" 
Papa Francesco, 5/2/2015

Padre Domenico Costanzo ha servito la comunità di Castelbuono per quasi quarant'anni. Raro esempio di povertà cristiana e interprete credibile della missione evangelica della chiesa, ha educato migliaia di ragazzi nel segno dello sport, della musica e del teatro. Ha vissuto la comunità da umile protagonista, contribuendo come pochi alla socialità, alla crescita culturale della comunità e alla promozione di valori sani ai giovani. Anni fa il Consiglio Comunale gli ha tributato doverosamente la cittadinanza onoraria.

Oggi astruse gerarchie ecclesiastiche hanno deciso irresponsabilmente di estirpare da Castelbuono un personaggio così positivo e importante per un'evidente ritorsione punitiva inaccettabile. Padre Domenico ha infatti testimoniato in favore di una donna abusata all’interno del convento di San Giovanni Rotondo (all'interno di un servizio della trasmissione le Le Iene) e si è speso per difendere la donna dall'isolamento e dalle denigrazioni riservatele dai frati del convento dopo la denuncia. Lo stesso provvedimento ingiusto, infatti, è stato riservato al collega Frate Ernesto Francesco Cicero, operante in alcuni paesi delle alte Madonie, anch’egli testimone dei fatti accaduti a San Giovanni Rotondo.

L'ingiusto provvedimento si accanisce nei confronti di un onesto ultraottantenne e per di più rischia di far chiudere il Convento dei Cappuccini di Castelbuono, attivo dal 1573.

Senza alcuna difficoltà giudichiamo meschina, omertosa e vile la ratio di questa decisione, oltre che irresponsabile nei confronti di un’intera comunità e lesiva per la credibilità stessa dell’istituzione ecclesiastica, distante anni luce da ciò che la Chiesa professa.

Chiediamo pertanto al Santo Padre, che con impegno sincero dimostra ogni giorno di voler combattere le ingiustizie e gli abusi ancora presenti nell'oscuro mondo della Chiesa, di revocare questo provvedimento ingiusto notificato al nostro Padre Domenico Costanzo.

giovedì 30 luglio 2015

Effetti post stupro

Cosa cambia nel cervello di una donna dopo lo stupro
Nel 2002 lo studio Enveff (Enquête nationale sur la violence enver les femmes en France) ha dimostrato che nei primi 12 mesi successivi all'abuso sessuale le donne hanno un rischio 26 volte superiore di suicidarsi. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) una percentuale di vittime che va dal 44 al 59% sviluppa disturbi depressivi o abuso alcolico e, a distanza, sono possibili patologie ginecologiche (legate anche ai traumi fisici), della sfera sessuale, disturbi alimentari (anoressia, bulimia), autolesionismo e difficoltà a gestire i figli.

Dopo la violenza, insomma, nella vita di una donna cambia tutto.
Il trauma ti devasta e devi appunto ricostruire il tuo Sé.

"Per violenza sessuale", spiega Adelia Lucattini, psichiatra, psicoterapeuta e psicoanalista di Roma, "s'intende un rapporto sessuale ottenuto sotto minaccia o con la violenza con un partner non consenziente, sconosciuto, conosciuto o anche all'interno di una relazione.
Costituisce una delle più gravi e distruttive invasioni della sfera intima e personale, seconda solo all'omicidio e alle gravi lesioni personali.
Le persone vittime di stupro possono reagire in modo diverso, sia nell'immediato che a distanza di tempo. È sempre comunque un avvenimento estremamente traumatico, che produce sentimenti di terrore e angoscia, impotenza e orrore”.

In particolare, nei primi giorni e fino a un mese si parla di "Disturbo Acuto da Stress" (ASD): l'evento traumatico riappare in modo persistente nella mente, è un pensiero fisso e scioccante, accompagnato da incubi notturni. Da uno a sei mesi si parla di "Disturbo Post Traumatico da Stress" (PTSD): "flashbacks", brutti ricordi, insonnia, difficoltà di concentrazione, annebbiamento del pensiero ed emotivo, esplosioni di rabbia, somatizzazioni, ideazione suicidaria.

Generalmente le vittime evitano luoghi, cose o persone che ricordino l'evento. Successivamente, se il disturbo persiste, si parla di "Disturbo da disadattamento", che caratterizza un'evoluzione negativa del PTSD e necessita spesso di cure psichiatriche, psicologiche e farmacologiche. “Tutti questi sintomi", continua l'esperta, "si accompagnano anche a vergogna, senso di colpa, rabbia, difficoltà nei rapporti interpersonali e nelle relazioni affettive e possono perdurare anche per anni. In persone non adeguatamente assistite da un punto di vista psicologico, che non si siano sottoposte a psicoterapia o analisi, talvolta associata a una terapia farmacologica, persiste anche per tutta la vita. I 'sogni traumatici', in cui la violenza viene rivissuta nel presente con tutta la sua forza, possono ripresentarsi anche a distanza di molto tempo, con perdita di fiducia e bassa autostima e sensazione di impotenza”.

Passività e ghettizzazione
Un versante molto rischioso per le vittime di stupro e di violenza sessuale è quello depressivo, che può manifestarsi con una depressione conclamata anche grave nell'immediato o a distanza, e con una qualità depressiva specifica che è la "passività", una forma depressiva del pensiero, insidiosa e molto pericolosa, che si presenta anche in assenza di sintomi riconoscibili (sentirsi attoniti, senza forze, tristi, vuoti, rabbiosi).
"La convinzione di fondo di chi ha sviluppato una passività", spiega Lucattini, "è di lasciar perdere, lasciar correre, disinteressarsi di se stesse e delle proprie cose perché 'non è importante', 'non conta nulla', 'non cambia niente', tutto questo accompagnato da spiegazioni ineccepibili, perfettamente logiche, con l'unico grande neo che il punto di partenza non è realistico, ma nasce da una propria convinzione inconscia e in quanto tale non riconoscibile se non attraverso un analista, una difesa della mente dal dolore insopportabile, causato dalla violenza subita".

Ma perché accade tutto questo?
Una delle ragioni principali è che le vittime di violenza temono di non essere credute e spesso hanno dovuto raccontare per filo e per segno l'accaduto, sentendo di doversi giustificare, se non difendere, e spiegare che non hanno dovuto fare nulla per essere vittime del loro aggressore, ma che sono state scelte come vittime da un aggressore che aveva su di loro vantaggio fisico o psicologico, per motivi che non conoscono e che forse non conosceranno mai.
 

sabato 25 luglio 2015

Manifestazione contro la sentenza di Firenze


Martedì 28 luglio alle ore 21.00
Prossima settimana · 33°C / 18°C Sereno
Fortezza da Basso
Viale Filippo Strozzi, 1, 50129 Firenze


Ci riprendiamo la Fortezza perché …

- le motivazioni della sentenza di Firenze sono inaccettabili;
- questa sentenza ha leso l’autodeterminazione di tutte le donne;
- il processo è stato fatto alla ragazza e alla sua vita;
- vogliamo sapere perché la procura generale non ha fatto ricorso facendo scadere i termini.

Riaffermiamo la nostra libertà: siano processati i violenti e non le vittime!

Non vogliamo essere giudicate per come ci vestiamo, per il nostro orientamento sessuale e i nostri comportamenti.

Troviamoci martedì 28 luglio alle 21,00 all’ingresso principale della Fortezza da Basso in piazza Bambine e Bambini di Beslan, Firenze.

Hanno promosso e aderito:

Unite in rete, Artemisia, TOSCA – Coordinamento toscano centri antiviolenza, Di.Re., Libere tutte Firenze, Il Giardino dei Ciliegi, Collettivo DeGenerate, Azione gay e lesbica, IREOS, Libreria delle donne, Associazione Fiesolana 2b, Intersexioni, ARCI Firenze e Toscana, Rete Genitori Rainbow, Coordinamento contro la violenza di genere e il sessismo, Coordinamento donne CGIL Firenze e Toscana, LeMusiquorum, Gruppo DDD, Laboratorio per la laicità, Rete donne SEL, Gruppo consiliare Firenze Riparte a Sinistra, on. Marisa Nicchi, sen. Alessia Petraglia, Daniela Lastri.

Altre adesioni

Arcilesbica Firenze, Crs, Corrente alternata, Coltiviamo Cultura in Genere, Nuove Generazioni su Orme Radio, Resistenza Femminista, Pasionaria.it, COSPE, Mi diras Nur progetto contro la violenza dell'Associazione Mahila, Khadija Cirafici, Centro AntiViolenza Associazione "donne insieme valdelsa", colle val d elsa (SI), Comitato Territoriale ARCIGAY Leonardo Da Vinci di Grosseto, Nosotras Onlus, Associazione Progetto Arcobaleno Onlus, Lei disse sì, Il Gruppo - Siena, Associazione Re.Li.Ve (Relazioni Libere dalle violenze), Associazione Evelina De Magistris Livorno, ArciLesbica Nazionale, La Casa Internazionale delle Donne di Roma, Collettiva AutonoMia di Reggio Calabria, Associazione Evelina De Magistris Livorno, Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti (CAM) di Firenze, Ferrara, Roma e Cremona, Periferie al Centro - Fuori Binario, Centro antiviolenza la Nara di prato, Compagnia DanzArte di Livorno, ARCI nazionale

Cristina Obber, Barbara Bonomi Romagnoli, Maria Luisa Boccia, Aglaia Viviani, Donatella Golini, Laura Gaspari, Elisabetta Togni Dalla Torre, Farideh Karamloui, Simona Sforza, Daniella Vangieri, Monica Sgherri, Papi Buzz, Alessandra Giannini, Luca Sparnacci, Evelina Visani, Francesca Pontani, Mirella Sarti, Roberta Montanari, Paola Borsoi, Maddalena Robustelli, Francesca Moccagatta, Adriana Nannicini, Rita Murgia, Gianna Massari Michelotti, Debora Mastronardi, Albalisa Sampieri, Bia Sarasini,

Sindacato Cobas quadrifoglio, Filcams Cgil Grosseto, Coordinamento donne Fisac Firenze, Federazioni Lavoratori della Conoscenza di Firenze (FLC CGIL), coordinamento Donne Filt Cgil,Coordinamento donne Fisac Cgil nazionale, coordinamento donne CGIL Pisa, USB Toscana

L’Altra Europa con Tsipras – comitato Fiorentino, Sì Toscana a Sinistra, Retedem -PD Toscana, Eleonora Forenza gruppo GUE/NGL, Comitati Possibile Firenze, Emanuela Periccioli delegata di pari opportunità del comune di Borgo San Lorenzo,

Le adesioni sono aperte.

Inviate la mail di adesione a uniteinrete@gmail.com

Se vi fa piacere preparate cartelli e striscioni con le parole del testo e portate una pila.

fonte dell'evento: https://www.facebook.com/events/1013313712014907/

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E' stata lanciata anche una petizione per questo caso: 
lo scorso marzo la Corte d'appello di Firenze ha assolto sei ragazzi condannati in primo grado per aver violentato in gruppo una ragazza. Alcuni giorni fa sono state rese note le motivazioni della sentenza: secondo la Corte si tratterebbe di una vicenda "incresciosa", "non encomiabile per nessuno", ma "penalmente non censurabile". In sostanza, con la sua denuncia, la ragazza avrebbe voluto "rimuovere" quello che riteneva essere stato un suo "discutibile momento di debolezza e fragilità".
per firmarla clicca sul link "Giudici di Firenze, vergognatevi della vostra sentenza! #nessunascusa".

Mi sono soffermata a leggere qualche commento che appare sotto la petizione e...

"Chi ha organizzato la petizione stia attento perchè tra poco cominceranno a fioccare querele" (segue questo link
http://www.vanityfair.it/news/italia/15/07/21/risposta-avvocato-ragazzi-lettera-ragazza-fortezza-del-basso  dove si può leggere la lettera di uno degli avvocati dei ragazzi).

Uno stralcio finale: "Fino ad oggi avevamo deciso di non rispondere ai numerosi articoli di stampa né alle provocazioni dei tanti che, senza conoscere neppure una pagina delle migliaia che compongono l’istruttoria di questo processo, si sono permessi di esprimere giudizi gravemente lesivi della dignità e della reputazione dei Giudici della Corte d’Appello di Firenze nonché delle sei vittime di questo processo; dopo oggi, rivendichiamo la verità storica e processuale degli accadimenti e preannunciamo che agiremo nei confronti di chiunque tenti di distorcene il contenuto".

e ancora:


"Siete stati ingannati. Questa petizione è una menzogna. Leggete la sentenza integrale qui": https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/07/23/firenze-testo-sentenza-di-assoluzione-per-stupro-di-gruppo-alla-fortezza-da-basso/

ma voglio aggiungere anche questo:


"Come donna molestata a quindici anni e come persona, come direttore editoriale di un portale e come presidente di un comitato no profit sul "diverso" visto come elemento di arricchimento reciproco sono profondamente basita e disgustata da una scelta del genere anche se non avendo i documenti e gli atti processuali è difficile pronunciarsi in merito. Ad ogni modo, firmo per un potere della Magistratura più garantista di TUTTI i cittadini, indipendentemente dall'orientamento sessuale". www.pianetanewage.it



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Dopo di che, vorrei ricordare (ma l'intera Italia credo lo ricordi) che perfino nel processo per Donatella Colasanti e Rosaria Lopez la difesa spostò l'attenzione sul comportamento e sulla vita delle due vittime. Certo la sentenza fu diversa, ma comunque si passò a scandagliare la vita delle due vittime! (come se potesse essere una giusta causa essere state trattate in quel modo degno di un film horror).

In questi giorni si sta discutendo molto su sentenza giusta/sbagliata, credibilità/non credibilità, gogna/castrazioni chimiche, vergogna/svergogna, vero/falso ... Non partecipo alle discussioni perché non posso e non voglio diventare "giudice" o "carnefice", "colpevolista" o "innocentista", "difensore" o "detentore di verità" che non posseggo, ma una cosa la so per certo e qui la dico:
Penso sia ora di scardinare la mentalità del "se l'è andata a cercare".
Penso sia ora di demolire le tesi di chi sostiene che avere una sessualità attiva significhi mancare completamente di morale, dignità e rispetto per sé stesse e che quindi diventa "normale" questo trattamento di sopruso.
Eh no, non è così altrimenti significherebbe che se la vittima facesse la prostituta di professione (per scelta, oppure costretta che sia) l'atto sarebbe più che giustificato!
Eh no, non può essere così. 
Penso che si debba sostenere con forza che le abitudini sessuali di una persona non la qualificano moralmente, e che queste non devono intaccare minimamente la sua libertà di scegliere cosa fare del proprio corpo.
Penso che non debba succedere ancora che proprio in queste convinzioni lo stupro possa continuare a trovare legittimità.
Penso che la difesa debba attenersi ai fatti denunciati e (facendo il proprio lavoro) comprovare l'innocenza dei denunciati e non tendere a far finire sul banco degli imputati la denunciante affinché si scandaglino i particolari più intimi della vita sessuale con interrogatori umilianti nella speranza che cada in contraddizione.

"se fossi morta sarei stata più credibile"?

Ho seri dubbi a tal proposito.

venerdì 24 luglio 2015

Giustizia è fatta, almeno per Laura!

notizia letta su UmbriaOn pubblicata il 23 lug 2015 da Fra.Tor e F.T

Un triste libro, quello che ogni giorno vede aggiungersi una pagina nuova e che parla di violenze sulle donne, vittime inermi di una furia che esplode fra le mura domestiche o in un buio parcheggio di campagna. Nell’intimità della camera da letto o sulla porta di casa, quando a bussare è la persona con cui hai deciso di chiudere per sempre. E che non te lo perdona.

Pagine nere 
Con la condanna di Franco Sorgenti si è chiuso un altro capitolo. Lo stesso era accaduto a febbraio con Franco Rinaldi (49 anni), condannato in primo grado a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie Giuseppina Corvi (43), uccisa a martellate nell’aprile del 2014 a borgo Rivo. Un mese dopo, a marzo, era stata la volta di Giuliano Marchetti (46): 16 anni di carcere, definitivi, per la morte dell’ex compagna Marianna Vecchione, ammazzata con un colpo di fucile sparato a bruciapelo.
Di capitoli aperti ne restano altri, come quello di Franca Abumen, 27enne della Nigeria e costretta a prostituirsi per stare in Italia. Ad oggi il nome di chi l’ha strangolata senza pietà – era il 10 dicembre del 2012 – in una squallida piazzola di Stifone (Narni), non è stato ancora individuato.
Pagine nere che qualcuno aveva già dimenticato ma che sono tornate di colpo alla memoria quando mercoledì pomeriggio il gip Massimo Zanetti ha letto il dispositivo: «Il tribunale condanna Franco Sorgenti alla pena di anni 18 di reclusione».


«Parole sessiste» 
Ad un giorno dalla sentenza «siamo ancora scosse», racconta Silvia Menecali dell’associazione ‘Libera…Mente donna’.
«Le parole della difesa sono state molto dure nei confronti di Laura Livi, alla quale è stata assegnata la responsabilità della propria morte. Nei suoi confronti sono state utilizzate parole sessiste, che la descrivevano come una donna emotivamente instabile. Siamo sconcertate per l’atteggiamento fortemente provocatorio che gli avvocati della difesa del signor Sorgenti hanno adottato. E’ stata ancora una volta una violenza verbale gratuita, nei confronti di Laura e di noi tutte. Fortunatamente la famiglia non era presente e non ha dovuto ascoltare tali considerazioni».

Non era pentito 
Durante la sentenza «abbiamo visto Franco Sorgenti per nulla pentito del gesto compiuto. Un uomo che non ha mai chiesto perdono nemmeno alle proprie figlie per aver tolto la vita alla loro madre. Nonostante quest’uomo abbia ricevuto il massimo della pena inflitta, nessuno restituirà la vita a una donna che è morta per il solo fatto di essere donna e di essere una donna che voleva vivere ed essere libera».

Creato un precedente 
«Abbiamo sentito la vicinanza e il calore di una città che non accetta tutto questo. La giornata di mercoledì – dice ancora Silvia – sicuramente crea un precedente, segnando un passaggio molto importante per la città, perché per la prima volta il Comune di Terni e le associazioni femministe si sono costituite parte civile e perché il sindaco di Terni era presente al nostro presidio sotto il tribunale, auspicando il massimo della pena per quest’uomo».

Risarcimento
«La nostra richiesta di risarcimento come parte civile – conclude – verrà investita nelle attività di prevenzione e contrasto alla violenza di genere che caratterizzano il nostro quotidiano, per evitare di doverci trovare ancora altre volte in tribunale a difendere la dignità di una donna come noi, uccisa perché voleva soltanto essere libera di vivere e libera di esistere».


«Giustizia è fatta»
Il vice sindaco Francesca Malafoglia, presente in tribunale durante la sentenza al processo Livi, definisce la giornata di mercoledì «particolarmente significativa per la città perché giustizia è stata fatta». L’amministrazione comunale, per la prima volta, «si è costituita parte civile in un processo perché fatti come questo riguardano l’intera comunità». Mercoledì, inoltre, «è stato fatto un passo importante nell’accoglimento dell’istanza presentata dal Comune di Terni e dalle associazioni, ma ancora di più nel riconoscere un elemento simbolico di risarcimento che ci impegneremo a dedicare al contrasto alla violenza sulle donne».

sabato 11 luglio 2015

That Woman's Voice


I was different from all the other kids at Cor Jesus Catholic school in Rome. Certainly shy and already leading a double life at 6, I actually could not wait for the bell to toll and leave the nuns behind and run back home where I could finally be myself. There, whilst my mum was still at work, my teenager sister looked after me. I loved her because she would take a break from her own home work and set up some kind of performance space for me. Using leftovers from my mum’s seamstress work, she would create costumes for me and I was in heaven because I could perform.  But as a transgender child who lived in a traditional working class 1970s Italian environment I soon learned that in order to blend in and be able to live in peace and possibly get some kind of bread and butter job I had to repress my natural affinity with dresses, make-up, heels, as well as Bette Davis, Sophia Loren and Deborah Kerr.
 I coped very well because I was doing what I was born to do.
 I was pretending to be someone else.
 I was playing the part of the boy I really never was.
 Performing saved my life.
However, I eventually transitioned, but although I had a good job and felt that my identity was then completely re-aligned with my body, I began to suffer from severe depression.  Medications or counselling seemed to produce short term improvements only. But whilst attending a group counselling session I met someone who was involved in drama workshops and within this context I had the opportunity to participate in a series of transgender drama workshop that aimed at helping trans people to tell their stories in a creative way. Supported by the Arts Council and Islington Council, our group became very busy with writing, developing characters and a narrative.
This resulted in a script, ‘Lili’ – the story of the first trans woman who underwent reassignment surgery. Our play premiered at Camden Fringe 2014 and for me it was a revelation. I suddenly realised how performing had been the missing piece from the puzzle that ‘being’ was for me, whether I was transgender or not.
One night, whilst on stage, I became aware that I was finally complete and it was not because of my new body or the dress I was wearing.
Writing and performing allowed me to re-engage with the fluidity of existence itself and gave me the opportunity to express the multi-faceted wholesomeness of who we really are.
Trans people often are left with no option but spend all their energy in trying to achieve that which other non-trans people take for granted: ‘being born’. This sets some unhealthy limits to their existence and ambition. Later, I manage to get a tiny role in Tom Hooper’s The Danish Girl which stars Eddie Redmayne and this year I re-discovered Cocteau and his masterpiece ‘The Human Voice’
As a trans writer and actor, I found many affinities with his tale of a desperate woman waiting for her lover’s last call. Especially in terms of coupling, our society often treats trans people as that sexually charged ‘other’ whom it yearns for but only as a ‘bit on the side’. 
My Camden Fringe 2015 tribute to Cocteau is a brand new play that still deals with the end of a love affair, the addictive nature of passion and the inhumane aspects of technology. Yet through my 21st century convoluted identity experience I was able to bring forth themes like mental health and the fluidity of gender, as well as the importance of cosmetic surgery for trans people in  their struggle to ‘fit’ in a still very conservative society.
In an attempt to turn our voice, one of the things that often give us trans women away, into a tool for reclaiming our place in society and on stage, ‘The Human Voice’ becomes for me ‘That Woman’s Voice’. Surprisingly, she turns out to be a winner.

‘That Woman’s Voice’ is performed at Birkbeck School of Arts as part of Camden Fringe 2015 on 5th,6th,7th August at 7.30pm. Tickets are available from camdenfringe.com and wegotticket.com
 
You can contact Simona 

Twitter: @TwwProjects