lunedì 30 dicembre 2013

Anna Kuliscioff

Rivoluzionaria, femminista e “dottora dei poveri”

anna kuliscioffNacque a Moskaja, in Crimea, il 9 gennaio del 1853 (o 1857?), da famiglia ebrea. Nel 1871 all’età di 18 anni si trasferisce a Zurigo per studiare filosofia dove venne a contatto con movimenti anarchici che professavano ideali di uguaglianza sociale e di ribellione contro ogni tipo di autorità costituita.
Fu in seguito costretta dallo Zar a tornare in Russia, dove, insieme ad altri giovani, si unì nella “andata verso il popolo”, ovvero il lavoro nei villaggi a fianco dei contadini per condividerne la misera condizione .
Perseguitata dal regime a Mosca si rifugiò quindi di nuovo in Svizzera dove conobbe Andrea Costa, leader del movimento insurrezionale in Romagna, con il quale si trasferì a Parigi.  Nel ’78 Anna venne arrestata ed espulsa dalla Francia; pochi mesi dopo la stessa cosa si ripeté a Firenze e poi a Milano, sempre con l’accusa di ‘tentato sovvertimento dell’ordine costituito’.

Con Andrea Costa, dal quale aveva anche avuto una figlia, Anna condivideva la passione politica, anche se lui era molto più moderato di lei e non accettava le idee rivoluzionarie di Anna; lui era più tradizionalista, un uomo che apprezzava la complicità e la collaborazione della compagna nella vita pubblica, ma che  desiderava anche avere accanto nell’intimità una donna mite e remissiva, cosa che la Kuliscioff certo non era, vista la sua convinzione sulla assoluta parità dei sessi, che le impediva di cedere a qualunque compromesso.
Nel 1878 vennero espulsi entrambi e trovarono rifugio in Italia; Anna venne però processata a Firenze per aver cospirato con gli anarchici.
Dopo una breve permanenza in Svizzera, nel 1880 Anna raggiunse Costa a Imola, dove diede alla luce la loro figlia Andreina.
Nel 1881 la relazione tra i due terminò e Anna, portando con sé la figlia Andreina, tornò in Svizzera, dove si iscrisse alla facoltà di medicina. Quegli anni furono segnati dallo studio e dalla malattia, dato che a seguito del periodo in carcere a Firenze aveva contratto la tubercolosi.
Nel 1888 si specializzò in ginecologia, prima a Torino, poi a Padova. Con la sua tesi scoprì l’origine batterica della febbre puerperale, aprendo la strada alla scoperta che avrebbe salvato milioni di donne dalla morte dopo il parto. Si trasferì poi a Milano, dove cominciò ad esercitare l’attività di medico, recandosi tra l’altro anche nei quartieri più poveri della città. Dai milanesi venne chiamata la “dottora dei poveri”.
Nel frattempo si era legata sentimentalmente a Filippo Turati e si era trasferita a Milano, sempre portando con sé la figlia Andreina. Il salotto della loro casa milanese divenne la redazione di Critica sociale, la rivista del socialismo italiano
L’anno dopo venne arrestata con l’accusa di reati di opinione e di sovversione. Dopo qualche mese venne scarcerata per indulto. Elaborò  una legge a tutela del lavoro minorile e femminile che, presentata al Parlamento dal Partito Socialista, venne approvata nel 1902 come legge Carcano, n°242.

Anna, assieme alla sindacalista Maria Goia, ebbe parte attiva anche nella lotta per l’estensione del voto alle donne tanto che, col suo sostegno, nel 1911 nacque il Comitato Socialista per il suffragio femminile.
L’anno successivo, però, una legge di Giolitti sull’istituzione del Suffragio universale solo maschile, che estese tra l’altro il diritto di voto anche agli analfabeti che avessero compiuto i trent’anni, continuò ad escludere le donne dal diritto di voto. Per Anna iniziò un periodo di scoramento, durante il quale anche il rapporto con Filippo Turati si incrinò.
Morì a Milano nel 1925. Durante il funerale alcuni fascisti si scagliarono contro le carrozze del corteo funebre. Fu ed è sepolta nel Cimitero Monumentale di Milano. In suo onore a Milano è stata costituita la Fondazione Anna Kuliscioff, che ha una biblioteca di 35.000 volumi e opuscoli tutti dedicati alla storia del Socialismo.
Tra le sue opere:
  • Il monopolio dell’uomo: conferenza tenuta nel circolo filologico milanese, Milano, Critica sociale, 1894.
  • A. Kuliscioff, F. Turati Il *voto alle donne: polemica in famiglia per la propaganda del suffragio universale in Italia, Milano, Uffici della critica sociale, 1910.
  • Proletariato femminile e Partito socialista: relazione al Congresso nazionale socialista 1910, Milano, Critica sociale,1910.
  • Donne proletarie, a voi…: per il suffragio femminile, Milano, Società editrice Avanti!, 1913.
  • Lettere d’amore a Andrea Costa, 1880-1909, Milano, Feltrinelli, 1976.
Fonti : qui  qui qui

martedì 24 dicembre 2013

Risveglio

Canzone del Risveglio (dalle Antiche Donne)

Canzone del Risveglio ( dalle Antiche Donne)

Bambini che ballano nel tempo
Non avete dimenticato
Le voci degli Antichi
Sono con voi tutti i giorni

Filano e creano la vita
voleremo nel futuro
La Porta D'oro ora è aperta
su un'altra epoca

Veniamo con te
Le voci sugli alberi
 sono le nostre voci  antiche
Le rocce, il vento, il mare
Cantano i nostri canti di guarigione

Cantiamo all'interno della Terra
Cantiamo all'interno dei ventri
 trasformiamo il Quinto Mondo in armonia
E l'equilibrio dall'amore viene ripristinato

Gli Antichi sono tornati
I nostri messaggi sono chiari
Ognuna delle nostre figlie è un prezioso gioiello
sono loro che porteranno  avanti la magia nel nuovo mondo.

Songs of Bleeding by Spider 
Immagine : creativespiral
Immagine : creativespiral
Bambini che ballano nel tempo
Non avete dimenticato
Le voci degli Antichi
Sono con voi tutti i giorni

Filano e creano la vita
voleremo nel futuro
La Porta D'oro ora è aperta
su un'altra epoca

Veniamo con te
Le voci sugli alberi
sono le nostre voci antiche
Le rocce, il vento, il mare
Cantano i nostri canti di guarigione

Cantiamo all'interno della Terra
Cantiamo all'interno dei ventri
trasformiamo il Quinto Mondo in armonia
E l'equilibrio dall'amore viene ripristinato

Gli Antichi sono tornati
I nostri messaggi sono chiari
Ognuna delle nostre figlie è un prezioso gioiello
sono loro che porteranno avanti la magia nel nuovo mondo.

Songs of Bleeding by Spider

martedì 17 dicembre 2013

Voi occupate i consultori e gli ospedali, noi invadiamo le chiese

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Bologna - 17 dic. 2013 - Oggi alcune attiviste hanno invaso la Chiesa di San Petronio con i loro corpi per dire FUORI LA CHIESA DALLE NOSTRE OVAIE!

È di pochi giorni fa la notizia che l’assemblea legislativa dell’Unione Europea grazie all’astensione e ai voti contrari di eurodeputati teocon del PD ha bocciato una risoluzione che chiedeva che l’aborto sicuro fosse un diritto garantito in tutti gli Stati membri e il ricorso all’obiezione di coscienza una pratica da monitorare (oltre a promuovere la tutela dei diritti riproduttivi e dell’autonomia delle donne su contraccezione, il contrasto alla diffusione di malattie sessualmente trasmissibili, la promozione dell’educazione sessuale, la lotta contro l’omo-lesbo-transfobia). La risoluzione avrebbe posto un’attenzione maggiore anche in quei paesi dove il diritto all’aborto è messo in pericolo dall’obiezione di coscienza.

In Italia i medici e il personale sanitario, nonostante esista la legge 194 che difende e regola l’aborto, praticano l’obiezione di coscienza per obbligarci a diventare madri anche quando non vogliamo o non possiamo. Per una donna è sempre più difficile accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, 9 casi su 10 il ginecologo che incontrerà in strutture pubbliche è obiettore!

Vogliono dividerci in donne di serie A, che hanno un reddito elevato e possono permettersi le cliniche private, e donne di serie B, precariemigranti che non potranno mai permettersele e ricorrono perciò all’aborto clandestino.

Non possiamo accettare questo medioevo politico e morale, questa sporca commistione tra potere pubblico e religioso che ci riporta ai tempi delle morti per aborto clandestino. Non torneremo MAI indietro. Vogliamo che l’obiezione di coscienza alla legge 194 sia vietata in tutti i consultori e le strutture pubbliche, perchè essa rappresenta una discriminazione di sesso, classe e razza, nonché una violazione dei nostri diritti alla salute e all’autodeterminazione.

E se il papa dichiara pubblicamente che la chiesa deve dare spazio alle donne noi ne approfittiamo per far parlare proprio la Madonna, perché anche lei sulla strada per Betlemme ha incontrato un obiettore.
L’interruzione volontaria di gravidanza è un diritto di tutte le donne. La nostra libera sessualità non si tocca!
E se i pro-life, i cattolici e gli obiettori invadono ospedali e consultori pubblici, allora noi invaderemo le chiese con i nostri corpi, i nostri desideri, la nostra autodeterminazione!

Il 25 novembre è ogni giorno

Dopo il 25 novembre ...
"Care amiche, care compagne, car@ tutt@
dopo le disavventure con la nostra casella di posta, ci siamo riprese dalle emozioni della giornata del #25novembre ed eccoci di nuovo qui.
Vi ringraziamo ancora per tutto l'impegno, la partecipazione e l'energia che sono state spese per realizzare lo #Scioperodelledonne.
Anche se il paese non si è colorato interamente di rosso, siamo riuscite lo stesso a contaminare tante piazze e tanti luoghi con le nostre parole.
Abbiamo messo sul sito le foto e i video che ci sono arrivati, ma molti ancora ne mancano.
#Scriveteci su scioperodonne2013@gmail.com, mandateci foto, racconti e video così che tutte possano avere testimonianza delle tante iniziative che si sono realizzate in giro per l'Italia.

Vorremmo che il sito continuasse ad essere il nostro e vostro punto di riferimento per tutto quello che ancora si deve fare per combattere la cultura della violenza che non lascia scampo, né a noi né alla società tutta.
Da parte nostra cercheremo di renderlo un luogo dove trovare dati e informazioni utili su tutto quello che riguarda il tema della violenza maschile sulle donne.
Siamo sempre più convinte che #il25novembreèognigiorno.
Lo Sciopero ha voluto significare un momento per riprendere con forza parola pubblica, ma dobbiamo continuare a far crescere la Rete, a rendere partecipi sempre più persone, a proporre progetti e idee che coinvolgano le scuole, gli enti locali, la cittadinanza tutta.

"#ScioperòNonBasta" abbiamo detto, e da qui ripartiamo.
Noi ci stiamo impegnando nei territori dove viviamo, Roma e Imola.
A Roma stiamo provando a creare un gruppo di lavoro permanente, mentre a Imola CarLotta rEsiste è ancora in un posto occupato nei ristoranti e la sua storia si può seguire su: www.facebook.com/carlottaresiste
CarLotta è tutte le donne, tutte potrebbero vivere la stessa storia.
E ancora, il Coordinamento imolese per lo Sciopero è intenzionato ad andare avanti, così come a Bologna il Comitato promotore dello Sciopero ha intenzione di proseguire il percorso appena cominciato.
Mentre aspettiamo di sapere cosa succede nelle altre città, noi abbiamo già una idea da proporvi: vorremmo darci, come prossimo appuntamento pubblico nazionale, il 14 febbraio, in occasione dell'#OneBillionRising2014, dedicato quest'anno al tema della giustizia.
Sul sito troverete tutte le città e le piazze dove quel giorno si darà il via al ballo planetario più potente e significativo che si sia mai organizzato contro la violenza sulle donne, sulle ragazze, sulle bambine.
"One Billion Rising for Justice", giustizia non solo in termini giudiziari, ma in un'accezione più ampia di giustizia come garanzia di uguaglianza, di reddito, di rispetto, di considerazione.
Scriveteveci la vostra idea di #giustizia, le pubblicheremo sul sito e su Facebook.
E sarebbe bello segnare, anche in quest'occasione, la nostra identità di Scioperanti scendendo in piazza a danzare con le magliette rosse dello Sciopero.

In attesa di leggere vostri commenti/idee/suggerimenti vi auguriamo buone feste di relax!
A presto nel nuovo anno,"

Barbara Romagnoli, Adriana Terzo e Tiziana Dal Pra (Trama Di Terre)

domenica 15 dicembre 2013

Giuliana Dal Pozzo

(ansa) All'età di 91 anni se n'è andata la giornalista che nel 1988 ebbe l'intuizione di uno "sportello" al Comune di Roma trasformatosi poi in un servizio innovativo dedicato alle donne molestate a casa o al lavoro.
Direttrice di Noi Donne dopo Miriam Mafai, affrontò i grandi temi dell'emancipazione femminile: divorzio, aborto, contraccezione.
 
ROMA - Giuliana Massari Dal Pozzo, giornalista dalla parte delle donne, fondatrice del Telefono Rosa, è morta a Roma all'età di 91 anni.
Nel 2007 il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l'aveva nominata Grande Ufficiale al merito della Repubblica proprio per la sua "attività meritoria" in aiuto delle donne vittime di violenza.
Giuliana era nata a Siena, contrada dell'Oca, aveva diretto il settimanale Noi Donne.
Nel 1988, quando il termine "femminicidio" non apparteneva al linguaggio comune, ideò il Telefono Rosa, un'associazione di volontarie a sostegno delle donne vittime della violenza tra le pareti domestiche e nei luoghi di lavoro.
I funerali di Dal Pozzo si svolgeranno a Roma, nella chiesa Mater Dei, in via della Camilluccia 120, martedì 17 alle ore 10.30.

Nel 1988, il Telefono Rosa nacque come sportello temporaneo del Comune di Roma, diventando anno dopo anno il salvagente lanciato nelle acque tempestose in cui annaspavano donne disperate e bisognose di una mano tesa. Oggi il Telefono Rosa è una realtà autorevole, radicata con sedi in tutta Italia e un'attività che da accoglienza telefonica (oltre al proprio numero gestisce anche l'istituzionale 1522) è diventata più in generale di formazione alla cultura anti-violenza di genere.

Fu per quella grande intuizione che Giuliana fu convocata nel 2007 dal presidente Napolitano per essere nominata Grande Ufficiale della Repubblica. Eppure Giuliana non veniva dal volontariato, ma dal giornalismo. Dopo una crescita professionale maturata nelle redazioni dell'Unità e di Paese Sera, tra la fine degli anni '60 e i '70 aveva affiancato e poi preso il posto di un'altra grande toscana, Miriam Mafai, alla direzione del settimanale Noi Donne, organo ufficiale dell'Unione Donne Italiane. Che, dalla fondazione nel 1944, viveva in quegli anni, di pari passo con l'emancipazione della figura femminile, il suo picco di diffusione.

Con Giuliana al posto di comando, Noi Donne si trasformò da organo "ufficiale" in una rivista in grado di interpretare i tempi e anticipare i temi forti di un femminismo ancora sotto traccia. Ed ecco Giuliana sfogliare, attraverso la posta delle lettrici, il divorzio, l'aborto, la contraccezione. Una rubrica ventennale, la posta di Giuliana, diventata il racconto in soggettiva di grandi trasformazioni nel costume, nel linguaggio, nel rapporto con l'altro sesso. Senza eccezioni: è del 1969 un'inchiesta sul maschio di sinistra che rompeva un altro tabù, mettendo in luce le ipocrisie della parte progressista.

Poi l'intuizione nel 1988 del Telefono Rosa e l'apertura di uno squarcio su quello che le pareti domestiche sanno e non possono rivelare. Sulle donne vittime della violenza domestica e delle molestie nei luoghi di lavoro Giuliana pubblicò anche un libro, Così fragile, così violento (Editori Riuniti), che raccontava quell'inferno con le parole delle protagoniste. Storie che spesso restavano sulla pelle, quasi mai nei verbali degli operatori sanitari o delle forze dell'ordine.

Il Telefono Rosa consisteva in una stanza con cinque volontarie armate di quaderno e penna ad alternarsi nell'ascolto delle chiamate e delle richieste di aiuto. Oggi le volontarie sono decine, mentre alla guerra del Telefono Rosa contro le violenze si sono arruolate avvocate penaliste e civiliste, psicologhe, mediatrici culturali di diversa nazionalità.

Premio Saint-Vincent per il giornalismo, Giuliana Dal Pozzo ha anche firmato La donna nella storia d'Italia, vari saggi, un romanzo, Ilia di notte, scritto con Elisabetta Pandimiglio (Editrice Datanews), e il diario La Maestra. Una lezione lunga un secolo (Memori).
 
notizia tratta da Repubblica

venerdì 13 dicembre 2013

Appello contro la sentenza 45179 - 8 nov. 2013

Presidente della Repubblica italiana: Appello contro la sentenza 45179 del 8 novembre 2013 della Corte di Cassazione

clicca qui per firmare

Presidente della Repubblica italiana: Appello contro la sentenza 45179 del 8 novembre 2013 della Corte di Cassaz.

Perché è importante

Il Movimento per l'Infanzia esprime sconcerto e grande preoccupazione per la sentenza n. 45179 del 8 novembre 2013 della Corte di Cassazione che, annullando la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che ha condannato un assistente sociale di 60 anni per violenza sessuale nei confronti di una bambina di 11, ha stabilito che bisognava tenere conto dell'attenuante a favore dell'imputato in quanto fra i due si era instaurata una relazione sentimentale.
La posizione della Corte di Cassazione proviene da un'impostazione adultocentrica e ideologica di stampo ottocentesco quando ancora i bambini (e in particolare modo le bambine e le donne in genere) erano privi di protezione, di diritti e dignità.
Lascia sgomenti apprendere che, secondo questa sentenza, la relazione erotico sentimentale fra una bambina di 11 anni e un assistente sociale di 60 anziché aggravare la responsabilità di un pubblico ufficiale che doveva proteggere la minore, la alleggerisce.
E' evidente che la relazione sentimentale aggrava in maniera profonda e drammatica le responsabilità dell'assistente sociale il quale, oltre che usare il corpo di una bambina per il proprio piacere sessuale, ne ha anche assoggettato completamente la psiche approfittando di uno stato di disagio e di bisogno, assicurandosi vigliaccamente una gratificazione anche sul piano emotivo.
Apprendiamo con sgomento come fra l'uomo, di sessanta anni, e la bambina (chiamata impropriamente ragazza nella sentenza della Corte di Cassazione) vi sia stata congiunzione carnale e, nonostante tale circostanza, si invochi, da parte della Corte di Cassazione, l'applicazione della minore gravità.
Rivolgiamo un appello al Presidente della Repubblica quale rappresentante dell'unità nazionale, ma anche nella qualità di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, perchè si pronunci sulla urgenza e sulla necessità di promuovere una cultura sociale, giuridica e istituzionale di contrasto all'adultocentrismo e che sia in grado di tutelare realmente le vittime della violenza, specialmente quando queste sono donne e bambini.

mercoledì 11 dicembre 2013

Kabul: manifestazione in difesa dei diritti umani

AFGHANISTAN: DONNE IN PIAZZA A KABUL
IN DIFESA DEI LORO DIRITTI E GIUSTIZIA
SU INNUMEREVOLI CASI DI VIOLENZA
10.12.2013
AFGHANISTAN: DONNE IN PIAZZA A KABUL IN DIFESA DEI LORO DIRITTI E GIUSTIZIA SU INNUMEREVOLI CASI DI VIOLENZA
Un folto gruppo di manifestanti di sesso femminile afghane è sceso in strada oggi a KABUL per chiedere alla giustizia di fare luce sui numerosi casi di violenza contro le donne in Afghanistan. Lo scrive l'agenzia di stampa Pajhwok. La dimostrazione, organizzata dalla rete delle donne afghane (Awn) davanti al ministero dell'Interno, ha raccolto un centinaio di adesioni fra cui quelle di molte giovani che hanno gridato slogan e mostrato striscioni con scritte a difesa dei loro diritti.Ansa

Un folto gruppo di manifestanti di sesso femminile afghane è sceso in strada oggi a KABUL per chiedere alla giustizia di fare luce sui numerosi casi di violenza contro le donne in Afghanistan. Lo scrive l'agenzia di stampa Pajhwok. La dimostrazione, organizzata dalla rete delle donne afghane (Awn) davanti al ministero dell'Interno, ha raccolto un centinaio di adesioni fra cui quelle di molte giovani che hanno gridato slogan e mostrato striscioni con scritte a difesa dei loro diritti. (Ansa)

martedì 10 dicembre 2013

Perù: I diritti delle donne

Il 10 dicembre: I diritti delle donne sono diritti umani

L'azione pubblica nel Palazzo di giustizia a chiedere una vita senza violenza dinanzi al Tribunale: ore 17.00

Donne a piedi nudi con candele e gigli simboleggiano solidarietà con tutti coloro che invece di cura e giustizia ricevono l'indifferenza dello stato e della società. Oggi 10 dicembre, per commemorare il giorno mondiale dei diritti umani, vari gruppi della società civile ricordano alle autorità e al pubblico che i diritti delle donne sono diritti umani, al fine di intensificare gli sforzi per sradicare tutte le forme di discriminazione, di cui una delle espressioni principali è la violenza basata sul genere, fino al femminicidio in grado estremo della loro vita.

Gruppi, organizzazioni e attiviste provenienti da diverso orientamento e origine, raggruppate nel collettivo 25 novembre, hanno annunciato che domani alle 17:00 ci sarà un'azione pubblica nella parte anteriore del Palazzo di giustizia per attirare l'attenzione della società sul profondo livello di violenza contro le donne, ragazze e adolescenti.

Foto: PERÚ: Diciembre 10: Los derechos de las mujeres también son derechos humanos

Acción pública en Palacio de Justica en demanda de una vida sin violencia 

Frontis del Poder Judicial: 5.00 pm

Mujeres descalzas con velas y lirios simbolizan solidaridad con todas quienes en vez de atención y justicia encuentran la indiferencia del Estado y la sociedad 

Al conmemorarse mañana 10 de diciembre el Día Mundial de los Derechos Humanos, diversos colectivos de sociedad civil recuerdan a las autoridades y a la opinión pública que los derechos de las mujeres también son derechos humanos, a fin de que se intensifiquen los esfuerzos por erradicar de sus vidas toda forma de discriminación, una de cuyas principales expresiones es la violencia de género que en grado extremo llega al feminicidio.

Grupos, organizaciones y activistas de mujeres de diversa orientación y procedencia, agrupados en el Colectivo 25 de Noviembre, anunciaron que mañana a las 5.00pm realizarán una acción pública en el frontis de Palacio de Justicia para llamar la atención de la sociedad sobre el profundo nivel de violencia contra mujeres, niñas y adolescentes.

“En el Perú un promedio de nueve mujeres son víctimas de feminicidio cada mes mientras que siete de cada diez viven situaciones de control por parte de sus parejas, cuatro de violencia física o sexual y dos son amenazadas con perder la custodia de sus hijas o hijos. El Estado necesita actuar con mayor decisión y asegurar el derecho a una vida libre de violencia que es parte de los derechos humanos”, afirmaron las voceras.

Además de estos datos de la Fiscalía de la Nación y de la Encuesta Demográfica y de Salud Familiar (ENDES 2012), indicaron que según las propias autoridades del Ministerio Público, cada hora se producen 16 denuncias por violencia familiar, cifra que sin embargo es solo una parte de la realidad pues seis de cada 10 víctimas de algún caso de violencia calla por temor a las represalias.

“La violencia contra mujeres de toda edad, origen, orientación sexual y condición económica ocurre no solo en el espacio de la familia, sino también en la escuela, institutos castrenses, la calle, establecimientos de salud, Poder Judicial, medios de comunicación; es un problema presente en los ámbitos privados, públicos y del Estado que debe erradicarse de raíz con medidas no solo de atención y sanción, sino de prevención”, subrayaron las voceras del Colectivo 25.

Los feminicidios, el restringido acceso a los derechos sexuales y reproductivos, la ausencia de justicia frente a las esterilizaciones forzadas así como la violencia sexual en el conflicto armado interno, impunes hasta hoy, constituyen violaciones a los derechos humanos de las mujeres.  Igualmente la discriminación a las mujeres lesbianas, trabajadoras del hogar, mujeres con discapacidad, mujeres viviendo con VIH, indígenas y afrodescendientes quienes no son reconocidas como ciudadanas plenas.

“El Estado tiene la obligación de reconocer la dimensión estructural de la violencia contra las mujeres, diseñar políticas de igualdad y no discriminación de ningún tipo que sean aplicadas eficazmente y destinar el presupuesto necesario para ello”, demandaron.

Voceras: Gladys Galarreta: 975762441 / Liz Meléndez: 975570087

"In il Perù, una media di nove donne su dieci sono vittime di femminicidio ogni mese, mentre sette su dieci avvengono in situazioni abitative attraverso il controllo dei loro partner, quattro di violenza fisica o sessuale e due sono minacciate di perdere la custodia dei loro figli o figlie. Lo stato deve agire in modo più deciso e garantire il diritto ad una vita libera dalla violenza che fa parte dei diritti umani" ha dichiarato il portavoce.

Oltre a questi dati dell'avvocato e l'indagine demografica e di salute della famiglia (Endesa 2012), ha detto che secondo le autorità dell'ufficio del procuratore pubblico, ogni 16 ore, le denunce risultano causate da violenza familiare, che è tuttavia solo una parte della realtà (come se sei di ogni 10 vittime di un caso di violenza tacesse per paura di rappresaglie).

"La violenza contro le donne di ogni età, origine, orientamento sessuale e status economico si verifica non solo nell'area della famiglia, ma anche nella scuola, istituti militari, strada, strutture sanitarie, magistratura, media. È un problema presente nei campi del privato, pubblico e dello stato che deve essere sradicato alla radice con di misure non solo di attenzione e di punizione, ma anche di prevenzione", ha sottolineato il portavoce del collettivo 25 novembre.

Il femminicidio, accesso limitato ai diritti sessuali e riproduttivi, l'assenza di giustizia contro la forzata sterilizzazione come fosse bene la violenza sessuale nel conflitto armato, impunito fino ad oggi, costituisce violazioni dei diritti umani delle donne. Anche le lesbiche sono tacciate di discriminazione, donne che lavorano in casa, le donne con disabilità, donne che vivono con l'HIV, i popoli indigeni e persone di discendenza africana, che non sono riconosciuti come cittadini a pieno titolo.

"Lo stato ha l'obbligo di riconoscere la dimensione strutturale della violenza contro le donne, per la progettazione di politiche di uguaglianza e non discriminazione di qualsiasi genere che vengono applicate in modo efficace, e deve allocare il budget necessario per questo", ha chiesto infine il portavoce.

Bocchini: Gladys Galarreta: 975762441 / Liz Melendez: 975570087

La rivoluzione a pedali delle donne afgane

Andare in bicicletta non è così facile...

In Afghanistan c'è una squadra di ciclismo femminile che si pone l'obbiettivo di partecipare alle Olimpiadi 2020 in Giappone. Una vittoria per ragazze che hanno voluto sfidare i pregiudizi e mostrare al mondo un volto diverso del proprio Paese. Shannon Galpin, statunitense, innamorata del popolo afgano è l'artefice di questa svolta: "Grazie alla bici sono entrata nella loro vita di tutti i giorni"


Facile come andare in bicicletta. È vero in molti luoghi, ma non in Afghanistan dove uno degli sport più diffusi al mondo ha dato il via a una vera e propria rivoluzione a pedali. Oggi la prima squadra di ciclismo femminile è in pista a macinare chilometri, con l'obiettivo di partecipare alle Olimpiadi del 2020 in Giappone. A scortarle e proteggerle è la stessa squadra maschile. Un piccolo esercito di progressisti a due ruote, che sfida i pregiudizi locali per la semplice bellezza di assaggiare il vento sul volto e sentire la fatica nei quadricipiti.

"Queste donne sono salite su una bici perché è divertente, non per scatenare una rivolta", spiega Shannon Galpin, che si è aggiudicata il titolo di National Geographic Adventurer 2013 per il suo lavoro umanitario e per aver pedalato, unica persona al mondo, lungo i 225 chilometri della Valle del Panijshir in Afghanistan. "Mariam, Nazifa, Massouma, Sadaf, Farzana e le altre compagne di squadra sono consapevoli dei rischi, ma non pensano di scendere in strada per manifestare. Vogliono provare un senso di libertà, migliorare la propria salute e diventare forti. E magari un giorno viaggiare, mostrare al mondo un volto diverso del proprio Paese e vedere la bandiera afgana sventolare durante una competizione internazionale".


Shannon Galpin è arrivata in Afghanistan dagli Stati Uniti per la prima volta nel 2008. All'epoca non aveva con sé la sua bicicletta. Sopravvissuta a un terribile episodio di violenza e accoltellamento all'età di 19 anni, ha trascorso molto tempo in silenzio pedalando attraverso gli splendidi scenari del Colorado, dove vive con sua figlia di sette anni. Il suo desiderio era trovare un modo per aiutare le giovani donne e i bambini in uno dei primi luoghi al mondo per disparità di genere. È solo durante il suo terzo viaggio in terra afgana che decide di portare la bici e attraversare le valli più remote del Paese, fermandosi a dormire nei villaggi, parlando con gli abitanti senza il filtro dei formali appuntamenti di lavoro.

"La bici è servita a rompere il ghiaccio e incontrare persone alle quali non avrei mai potuto rivolgere parola - racconta Shannon a Repubblica - condividere le case e il cibo con gli abitanti dei villaggi ha richiesto un grosso tributo al mio corpo, ma sono potuta entrare nella vita di tutti i giorni e mostrare un poco della mia cultura. Ho bevuto il tè, pescato, conversato e semplicemente passato del tempo con molti uomini che non si sono sentiti offesi dal mio comportamento. Erano solo curiosi. Hanno inforcato la mia bicicletta e io la loro. Grazie al privilegio di essere straniera, ho cavalcato i loro cavalli e le loro motociclette. Ho potuto incontrare anche le loro donne, segregate in casa".

L'epico viaggio in bici trasforma l'esile statunitense dal carattere di acciaio in un'eroina. Vende la sua casa per avviare l'associazione umanitaria Mountain2Mountain e porta nelle strade afgane mostre fotografiche, musica, arte e innovazione. Incontra la squadra di ciclismo maschile del Paese e la figlia dell'allenatore esprime il desiderio di andare in bici come lei. Tutto nasce così. Nessuna forzatura verso il pensiero occidentale, nessuna intrusione involontaria nella vita sportiva nazionale. "La bici funziona da agente catalitico", sottolinea Shannon che ha di recente raccontato la sua storia a Roma durante la conferenza Rebirth, dalla resilienza alla rinascita, presentata da Laura Boldrini presso la Camera dei Deputati. 

Donne che salvano l'Italia


Il saldo delle imprese femminili nell’ultimo anno è stato di 5 mila in più. Sono aumentate anche le cooperative con titolare donna e soprattutto le società di capitali a conduzione femminile: 9 mila in più

Rapporto Censis: chi sta salvando l’Italia sono le donne



Anche il Censis sceglie di scommettere sulle donne. Superando un certo scetticismo degli anni passati il 47simo rapporto sulla situazione sociale del Paese stavolta parla esplicitamente di loro “come nuovo ceto borghese produttivo”. Dopo cinque anni di pesante crisi non solo il protagonismo femminile non è stato asfaltato ma addirittura si propone in chiave di rifondazione dal basso della classe dirigente. Già da qualche anno i sociologi avevano cominciato a individuare una sorta di effetto elastico: le risorse rosa erano rimaste troppo a lungo compresse nella società italiana per una serie infinita di vincoli, una volta preso però l’abbrivio avrebbero riguadagnato posizioni in maniera molto veloce. Ed è quanto è avvenuto in questi anni “controvento” – ovvero in un contesto recessivo che in linea di principio non aiuta certo ad aprire le società – grazie a un sovrappiù di motivazioni.
I numeri lo attestano: il saldo delle imprese femminili nell’ultimo anno è stato di 5 mila in più, sono aumentate anche le cooperative con titolare donna e soprattutto le società di capitali a conduzione femminile (9 mila in più). Ma al di là dei freddi dati la novità sta proprio nel giudizio straordinariamente caldo del Censis, che riconosce alle donne «capacità di resistenza ma anche di innovazione, di adattamento difensivo e persino di rilancio e cambiamento».
La società italiana nella fotografia scattata da Giuseppe De Rita è “sciapa e malcontenta” e proprio per questo è meritoria una ricognizione che punta a identificare i soggetti che si muovono in controtendenza. Le metafore a cui ricorre – come d’abitudine – il Censis per indicare l’alto valore aggiunto di questi sforzi quest’anno sono due, “energie affioranti” e “sale alchemico”, e servono a indicare fenomeni capaci di andare oltre la mera sopravvivenza alla crisi. E qui accanto alla “borghesia rosa” il Rapporto scommette sulla «faticata soggettività degli stranieri che vivono in Italia», sia in termini imprenditoriali sia di partecipazione sociale. E ancora De Rita sottolinea “l’importanza crescente” delle centinaia di migliaia di italiani che studiano e/o lavorano all’estero e che un giorno possono essere richiamati «a fare un’Italia orizzontalmente operante nella grande platea della globalizzazione». Infine il Censis rinnova la sua fiducia sulle forze di territorio, almeno quelle che si stanno affrancando dal localismo e stanno mostrando una carica di immedesimazione tra la vita della comunità e le imprese. «Cosa che una volta valeva solo per l’Olivetti» e oggi invece si registra in buona parte del Nord.

Sul piano lessicale, terreno di impegno tutt’altro che secondario del deritismo militante, la proposta del Rapporto è di sostituire la vecchia espressione di “coesione sociale” con “connettività”. Non stiamo parlando della banale connessione tecnico-digitale – avvertono gli estensori – ma addirittura del filo rosso del nuovo sviluppo. E chi meglio delle donne ha dimostrato la capacità di fare rete, di costruire “nuova civiltà collettiva” partendo dalle esperienze orizzontali e non dalle agende fitte di priorità individuate a tavolino? Il Censis continua a credere nella spontaneità dei processi sociali e nella loro lenta maturazione, spera che si connettano generando ulteriore valore aggiunto, pensa che in fondo sia questo il vero argine al populismo e se i tempi della politica non sono quelli della società, beh .. pazienza.

Scrive De Rita: «Non si costruisce nessuna classe dirigente con annunci di catastrofe emessi a ritmo continuo, con continue chiamate all’affanno, con continue affannose proposte di rigore, con un continuo atteggiamento pedagogico cui è sotto inteso un moralistico pregiudizio nei confronti delle qualità civili della gente». Forse mai come quest’anno il Rapporto aveva dedicato così poco spazio al quadro politico: sette paginette, tabelle incluse, in un librone che ne conta 540. Il titolo del capitolo contiene già un giudizio piuttosto netto (“avvitamento della politica”) e il testo si appunta criticamente sul ritorno del decisionismo testimoniato dai 664 provvedimenti emanati dai governi Monti e Letta, di cui però sono stati realmente adottati solo 225, pari al 33,9%.

È risaputo che il governo dei tecnici prima e quello delle larghe intese dopo non abbiano entusiasmato De Rita che in quest’occasione ha voluto soprattutto sottolinearne il paradosso tra una produzione legislativa poderosa e la cronica incapacità di implementazione delle novità. Quanto alle virtù salvifiche dei riti delle primarie o delle nuove leadership il Rapporto non ne parla: preferisce riporre le speranze, come da tradizione, sulle trasformazioni collettive di lungo periodo. Anche per questo inneggia alle donne.

lunedì 9 dicembre 2013

365 GIORNI NO - Campagna ANCI

ANCI invita i Comuni ad aderire alla campagna ‘365 GIORNI NO’
[articolo del 28-05-2013]

‘’Aderiamo alla Campagna 365 GIORNI NO alla violenza contro le donne, è un’iniziativa che ha l’obiettivo di coinvolgere in prima persona Sindaci e Sindache invitandoli a diventare testimonial e a sensibilizzare i cittadini contro ogni forma di violenza alle donne’’.

E’ l’appello lanciato dal Presidente ANCI f.f., Alessandro Cattaneo e dalla Delegata alle Pari opportunità dell’Associazione, Alessia De Paulis in una lettera inviata ai tutti i Comuni italiani.

Alla Campagna, che porta la firma del Comune di Torino, finora hanno aderito i Comuni di Bari, Bologna, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Venezia,
(e alla data di oggi - dicembre 2013 -  anche) Latina, Sermoneta, Cisterna, Pomezia, Velletri, Mesagne, Torrita di Siena, Santa Maria di Sale, Grottaglie, Pizzo, Barlassina, Prizzi, Novara,Forlì, Legnano, Siena, e moltissimi altri (l'elenco sarebbe lungo ma si spazia dai grandi ai piccoli comuni nonostante alcuni siano ancora "latitanti"!)

I Sindaci interessati dovranno sottoscrivere la Carta di intenti attraverso una delibera di giunta. Nella Carta sono contenuti dieci impegni che i Comuni sottoscrittori dovranno assumere, tra cui la promozione di azioni per prevenire ogni forma di violenza contro le donne, l’impegno per rendere operativi Centri Antiviolenza e Case Rifugio per donne vittime di violenza e il sostegno di iniziative di sensibilizzazione e informazione nelle scuole e nei luoghi frequentati da ragazzi e ragazze.

‘’L’obiettivo – scrivono Cattaneo e De Paulis – è di creare una rete di collaborazione da estendersi a tutti i Comuni affinché possano realizzarsi azioni di contrasto al fenomeno della violenza alle donne. Il bilancio delle donne vittime di violenza ed abusi e’ inaccettabile – concludono - e non può lasciarci indifferenti’’.  (mt/fr) 

ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani
  Contatti: Tel. 06680091 - Fax 0668009202



CARTA D’INTENTI - “CAMPAGNA 365 GIORNI NO”

Città di Torino  - ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani)

La violenza contro le donne ha assunto proporzioni così allarmanti da richiedere di essere posta tra le priorità delle agende politiche di Comuni.
Per questo la Città di Torino ha lanciato la Campagna 365 giorni NO alla violenza contro le donne.
La Campagna è rivolta in modo particolare agli uomini e intende prendere avvio dalle istituzioni, coinvolgendo in prima persona Sindaci e Sindache in
vitandoli/e a diventare testimonial e a chiedere ai concittadini/e di divenire a loro volta testimonial, con una presa di posizione chiara e forte contro ogni
forma di violenza contro le donne, ogni giorno dell’anno.

La Campagna è stata lanciata il 25 novembre 2012 in concomitanza con la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne (istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999).

L’ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani – condividendo appieno gli obiettivi della campagna, invita i Comuni ad aderire alla Campagna “365 giorni NO”
Con l’adesione alla “CAMPAGNA 365 GIORNI NO” i Comuni sottoscrittori si impegnano a:

1. Promuovere, anche in collaborazione con altri enti ed istituzioni e con la società civile, azioni ed iniziative volte a prevenire ogni forma di violenza contro le donne e a rimuovere le cause che possono portare ad agire e a subire violenza.

2. Istituire e sostenere reti che coinvolgano il più ampio numero di enti, istituzioni, servizi e associazioni, per individuare modalità di intervento coordinate e condivise per prevenire le violenze contro le donne e per offrire aiuti concreti alle donne vittime di violenza.


3. Impegnarsi affinché sul proprio territorio siano operativi Centri Antiviolenza e Case Rifugio per donne vittime di violenza, avvalendosi anche della collaborazione e del sostegno di altri enti e associazioni.

4. Realizzare progetti volti alla diffusione di una cultura dei diritti fondamentali e della non discriminazione di genere.

5. Promuovere e sostenere iniziative di sensibilizzazione e informazione nelle scuole e nei luoghi frequentati da ragazzi e ragazze.

6. Sostenere le associazioni e gli organismi impegnati a prevenire e contrastare violenza contro le donne.

7. Promuovere e sostenere progetti volti al recupero degli uomini maltrattanti, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni
interpersonali, per prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti.

8. Organizzare, anche attraverso il coinvolgimento degli organismi di parità, corsi di informazione e sensibilizzazione, rivolti ai dipendenti e alle dipendenti e agli amministratori e amministratrici del proprio Comune.

9. Inserire nei propri Regolamenti procedure che vietino l’utilizzo, anche da parte di soggetti privati, di messaggi pubblicitari che contengano immagini o frasi che offendono le donne o che istighino alla violenza contro le donne.

10. Promuovere e diffondere la “CAMPAGNA 365 NO” divenendone testimonial in prima persona come Sindaci/che e invitando i propri concittadini/e a divenire anch’essi/e testimonial della Campagna, con una presa di posizione chiara e forte contro ogni forma di violenza contro le donne.

Lettera al mio stalker #FF #stalkingstalkersday


Caro Daniel,
da diverso tempo ti reputo il mio stalker e spero davvero che tale qualifica non ti offenda. Del resto, sia chiaro, non saprei come altro considerarti: non un ammiratore e nemmeno un semplice utente di Giramenti.
Mi sono posta spesso il quesito, fin dal post che ci ha fatti incontrare. Non sapendo come incasellarti, ho chiesto consiglio alla Questura di Ferrara. Ho fatto presente che mi hai dato della donnaccia su Facebook, che sul mio blog ti sei spacciato per il tuo avvocato, il tuo psicologo, per tua cognata e per qualche altro personaggio, sempre presentandoti con la stessa email e lo stesso IP.
Secondo la Questura di Ferrara, il fatto che abiti a Catania ti rende uno stalker a basso rischio d’azione. Dunque uno stalker inamovibile e un po’ pigro, spero che la cosa non ti urti.
Sempre secondo la Questura, non si è certi che sia proprio tu a celarti dietro quel computer, e non importa se la tua faccia compare in un video intitolato «gaia conventi distruttrice dello scrittore Trille Daniel Cristian e smerdamento alla youcanprint». La certezza matematica non esiste, forse non sei tu, forse è il tuo psicologo, il tuo avvocato, tua cognata… Ecco, magari tua cognata no, sarebbe poco credibile.
Quindi la Questura ha preso le tue parti, e spero che la cosa ti renda felice. Non esserlo troppo, il tuo sorriso potrebbe sparire a breve.

In questi mesi, dopo la tua telefonata al mio numero di casa, ho dovuto contattare Telecom, e anche Telecom non voleva darmi ragione. Pensa che, nonostante il mio gestore telefonico avesse lasciato online i miei dati sensibili, ho impiegato due mesi per cambiare gratis il numero. Spero che nel frattempo tu non mi abbia cercata ancora, in quei mesi non ho risposto al telefono. Ovviamente non ho potuto cambiare indirizzo, ma tanto tu sei pigro e non verrai mai a trovarmi, dico bene?

In tanti hanno stabilito che il tuo interesse nei miei confronti era cosa accettabile, poi la Questura ferrarese mi ha chiarito il concetto: tu puoi darmi della donnaccia perché in quel post, dove racconto come ti sei spacciato per lettore per spammare il tuo libro su Yahoo Answers – cosa che hai pienamente confermato in questo commento –, gli utenti di Giramenti esprimono molta perplessità circa le tue doti di scrittore. E poco importa che tu ti definisca autore presso una piattaforma di self publishing, evidentemente non sei pronto ad accogliere le critiche del pubblico.
Ma stai tranquillo, la Questura dice che hai i tuoi buoni motivi per dirmi che sono una troia, io molti meno nel farti presente che la tua scrittura risulta inadatta alla pubblicazione.
Per lungo tempo, nonostante tu ci abbia tenuto a farmi sentire la tua presenza, ho lasciato i tuoi commenti in moderazione.

In ottobre (immagine cliccabile) mi davi della stronza e mi suggerivi di pigliare la vita con calma, in novembre mi consigliavi di prendere confidenza con un’arma da fuoco.
Poi, avendo visto che i tuoi consigli non smuovevano la mia coscienza, ti sei fatto più esplicito.


In questo nuovo commento mi spieghi che i proiettili vengono venduti con estrema facilità. Se la Questura avesse stabilito che posso considerarmi vittima di stalking, dovrei sentirmi seriamente minacciata da tale asserzione. Purtroppo, però, la Questura, la Postale e per lungo tempo anche la Telecom, hanno decretato che in quanto affermi e minacci non si ravvisa alcuna forma di stalking. Alcuna forma credibile, intendo, essendo tu – a parere di qualcuno – un tizio che mai prenderebbe un treno, mai armerebbe una pistola e mai si presenterebbe alla porta di casa mia.
Ovviamente ho qualche dubbio a riguardo, ma non ho alcuna intenzione di passare di nuovo una mattina in Questura. Lascerò quindi sia il web a decidere come devo pormi nei tuoi confronti: questa lettera verrà diffusa via Twitter (con questi hashtag: #FF #stalkingstalkersday), via Facebook e tramite reblog.

E ora, se credi, puoi smettere di sorridere. Ora, infatti, fai parte – assieme a me – di un piccolo esperimento. Cosa che ti renderà assai popolare: in qualità di scrittore dovresti esserne soddisfatto, in qualità di stalker forse un po’ meno. Ma la Questura ha stabilito che tu non sei uno stalker, stai tranquillo.
Che succede poi? Puoi scegliere di fare diverse cose: stampare questo post e andare in Questura a Catania, segnalare questo post alla Polizia Postale, acquistare – facilmente – quei proiettili. Ovviamente la tua libertà d’azione termina sul mio zerbino. Una vittima di stalking non lo direbbe mai ma io, ormai si è capito, non mi ritengo una vittima.
Spero non me ne vorrai ma, mentre tu acquisti proiettili, io uso la tastiera. La mia arma è questa, vediamo se funziona meglio delle tue minacce.


[* Gentili lettori, partecipare a questo esperimento è molto semplice: condividete questa lettera sui social network – gli hashtag su Twitter sono #FF #stalkingstalkersday –, ribloggate il post o usatelo per integrare i vostri articoli dedicati allo stalking. Se scopriremo che la battaglia va combattuta in questo modo, sapremo come difenderci e come uscirne vincenti. Grazie a tutti]. (Gaia Lodovica)