venerdì 9 maggio 2014

#BringBackOurGirls

Questi sono i nomi delle ragazze rapite in Nigeria 

(pubblicati da Feministing e qui condivisi

NOTA: Ed. Attenzione: Alcuni lettori hanno espresso la preoccupazione che la pubblicazione di questi nomi potrebbe mettere le ragazze a ulteriori rischi. Prendiamo sul serio questa preoccupazione, ma dato che l'elenco è stato rilasciato da un organismo nigeriano ed è stato segnalato da entrambi i media nigeriani e statunitensi, ci sentiamo comodo tenerlo qui. Speriamo che il bene che deriva dal mettere nomi a questa ingiustizia superi ogni potenziale danno causato per il loro rilascio.

Grazie agli sforzi instancabili di attiviste - sul campo e sui social media - il mondo sembra finalmente  preoccuparsi delle ragazze rapite in Nigeria. Che questo caso abbia tardivamente iniziato a ricevere l'attenzione che merita è probabilmente dovuto in parte all'orrore di tante giovani prese in una sola volta. Ben 276 ragazze sono state rapite - incredibilmente, proprio ieri sera, nel bel mezzo di una crescente pressione internazionale per #BringBackOurGirls, altre otto sono state rapite.

Ma se i numeri forti sono potenti, è importante ricordare che ciascuna di queste ragazze è un individuo, con una famiglia, gli amici, i sogni - e un nome. Qui, tramite l'Associazione cristiana della Nigeria, ci sono i nomi di 177 di quelli ancora mancanti:
list of nigerian girls

Click here to enlarge.
(h/t @Tiphani_M)


La storia delle ragazze rapite in Nigeria da Boko haram

(articolo di Tommaso Perrone): Per quasi tre settimane nessuno ha parlato delle ragazze rapite da un gruppo estremista in Nigeria. Oggi un movimento di protesta e la stampa internazionale stanno cercando di colmare il vuoto di interesse e di informazione.

“Quando una ragazza bella e bionda scompare, le agenzie di stampa inviano elicotteri e giornalisti sulla scena; ma quando centinaia di ragazze nere vengono rapite in un paese lontano, si dà a malapena la notizia”. Queste parole sono della giornalista americana del Time Charlotte Alter che ha scritto un articolo dal titolo How we failed the lost girls kidnapped by Boko haram per parlare del rapimento in Nigeria di più di 270 ragazze tra i 15 e i 18 anni.

Il rapimento nel dormitorio
Nella notte tra il 14 e 15 aprile alcuni ribelli che fanno capo al gruppo estremista islamico Boko haram hanno fatto irruzione nel dormitorio di un istituto scolastico che ospitava centinaia di studentesse provenienti da tutta la Nigeria, in Africa occidentale. Il dormitorio si trova a Chibok, nel nordest del paese. Qui hanno caricato le ragazze su alcuni veicoli, come camion e fuoristrada, hanno dato fuoco alla scuola e se ne sono andati via senza trovare ostacoli. Nel trasporto, circa 50 ragazze sono riuscite a scappare e tornare a casa confermando la dinamica dei fatti.
Abubakar Shekau, leader di Boko haram, ha affermato in un video diffuso il 5 maggio che le studentesse sono state rapite in Nigeria per essere trattate come schiave o vendute come spose “nel nome di Allah”. Fonti non ufficiali sostengono che alcune sarebbero già state trasferite e vendute come spose per 12 dollari in Ciad e in Camerun.
Il silenzio durato tre settimane
Oltre al disinteresse dei mezzi d’informazione internazionali e dei governi, ciò che ha colpito di più è stata la disorganizzazione e il completo spaesamento delle forze dell’ordine e delle squadre di soccorso nigeriane. Il presidente Goodluck Jonathan ha parlato per la prima volta in pubblico dell’episodio il 4 maggio, nel corso di una trasmissione televisiva. Qui ha detto che il governo non sa dove si trovano le ragazze e ha chiesto aiuto alle famiglie e alla comunità internazionale, in particolare agli Stati Uniti.
La lotta di Boko haram
Il gruppo estremista Boko haram è nato nel 2002 nello stato nigeriano del Borno. Da anni sta mettendo in difficoltà il governo di Abuja  con una serie di azioni e attentati volti ad imporre la sharia in tutta la Nigeria, anche quella a maggioranza cristiana. Anche per questo motivo – l’inadeguatezza del governo – esponenti della società civile nigeriana hanno dato vita a un movimento e una pagina Facebook dal nome Bring back our girls per protestare contro le bugie “ufficiali” e tenere viva l’attenzione sulla vicenda, oltre a dare una mano nelle ricerche.

Tra le personalità internazionali che hanno aderito al movimento c’è anche Malala Yousafzai, la ragazza pachistana diventata simbolo del diritto all’istruzione dopo il ferimento subito nel 2012 per mano di un talebano mentre stava salendo a bordo dell’autobus che la stava riportando a casa da scuola.
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Aggiornamento: è arrivata nei primi giorni di luglio (2014) la buona notizia che riguarda la fuga di 63 delle succitate ragazze rapite. Ebbene siiiii, sono riuscite ad evadere dalla loro prigionia e sono tornate alle loro famiglie.

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