martedì 15 luglio 2014

Decreto contro il femminicidio: il bluff

Sarà pure cambiato il presidente del consiglio (ora ne abbiamo uno giovane e aitante!) ma... il sistema a quanto pare resta lo stesso (invariato da troppi anni, ahime!)
Quello che segue è un articolo di Celeste Costantino - Deputata Sinistra Ecologia Libertà - pubblicato due giorni fa su
http://www.huffingtonpost.it/celeste-costantino/decreto-contro-femminicidio-centri-antiviolenza_b_5577104.html

Il bluff del decreto contro il femminicidio, che adesso rischia di far chiudere i centri antiviolenza

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi conserva ancora inutilmente la delega alle Pari opportunità, e ciò avviene mentre l'ex decreto falsamente definito "contro il femminicidio", diventato legge ad ottobre 2013, rischia di far chiudere i veri centri antiviolenza e cancellare un bagaglio di esperienza e competenze. È tutto qui il paradosso creato dalla legge 119 che ha stanziato 17 milioni di euro (10 milioni per il 2013 e 7 per 2014) ma che prevede, tra questi, solo due milioni per le strutture esistenti che accolgono e assistono le donne vittime di violenza. Briciole che saranno ripartite tra i 352 centri individuati dal Governo e quantificate in 3.000 € all'anno per ognuno. Soldi con cui non si potranno nemmeno pagare le bollette.

I 15 milioni rimanenti invece saranno dei "classici" finanziamenti a pioggia: dalla creazione di strutture generiche di accoglienza alla costituzione di nuovi centri regionali, senza profili di specificità di genere e che non considerano standard di qualità. Uno schema rischioso che porterà a dannose logiche clientelari e spartitorie.

Abbiamo denunciato questa situazione ieri a Montecitorio, insieme a tutte le parlamentari di Sel e dando voce alle operatrici della Di.Re (Donne in rete contro la violenza) provenienti da 67 centri in tutta Italia, alcuni dei quali storici nati da associazioni negli anni '90. Donne che ho avuto la possibilità di conoscere l'anno scorso durante il mio viaggio #RestiamoVive nei centri antiviolenza italiani.

Il Governo ha svolto una mappatura per niente trasparente, non rispettando né criteri qualitativi né le linee guida della Convenzione di Istanbul che dal 1° agosto sarà legge. Il tutto mentre ancora il Piano nazionale Antiviolenza non è stato formulato e la delega alle Pari opportunità continua a rimanere nelle mani del premier. In alcuni casi l'esecutivo ha addirittura escluso realtà storiche e autogestite dalle donne, come in Piemonte e Toscana. Creando situazioni pericolose come a Torino, dove nello stesso luogo convivono il centro per le donne maltrattate e un centro per l'aiuto agli uomini maltrattanti. Mentre in Sicilia sono state mappate 52 strutture, spuntate come funghi e pronte a incassare i fondi.

Chiediamo che i criteri di riparto dei finanziamenti vengano ridiscussi e condivisi con i centri della rete nazionale, nel rispetto della Convenzione di Istanbul e delle linee guida europee. È importante che - come ha sottolineato Titti Carrano, presidente Di.Re - siano inclusi solo i centri del privato attivi almeno da 5 anni e che in una prima fase rimangano esclusi quelli pubblici.

Il governo Renzi, insomma, ci dica come intende mettere in pratica la Convenzione di Istanbul, che entrerà in vigore tra venti giorni: gli interventi contro la violenza sulle donne non sono un business, come sta rischiando di essere. Non mi rivolgo soltanto all'esecutivo, ma anche al Pd - forte del 41% ottenuto alle europee - e al Parlamento più rosa della storia che possono e devono direzionare la politica. Si affronti finalmente la violenza di genere come fenomeno strutturale, non con ennesimi provvedimenti contraddistinti da approcci securitari ed emergenziali.

Non è possibile continuare ad andare avanti a colpi di retorica, mortificando ancora una volta il corpo delle donne. Siamo di fronte allo svilimento di una rete di presidi fondamentali: adesso servono strumenti ispirati alla Convenzione di Istanbul, dalla prevenzione agli studi di genere, dall'introduzione dell'educazione sentimentale nelle scuole alla cultura.

E chiediamo al presidente del Consiglio che indichi al più presto un ministro delle pari opportunità visto e considerato che lui non ha idea di che cosa siano risparmiandoci quest'ulteriore vergogna.

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