Questo è un pezzo, tratto da EveryDayFeminism.com, che parla di trans inclusività all’interno del movimento femminista.
Sono cose scontate per me, per noi, ma non altrettanto scontate per
una fetta del movimento che considera le persone trans estranee alla
propria battaglia politica.
Estranee, o addirittura nemiche, al punto da insultarle, istigare
all’odio contro di loro, perseguitarle e minacciarle. La traduzione
dell’articolo è di Mara Bevilacqua (Grazie!). Vi auguro una buona
lettura! (https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/04/09/perche-il-movimento-femminista-deve-essere-trans-inclusivo/)
Di Laura Kacere*
Nonostante quel che ci piace pensare, il femminismo non è sempre lo
spazio inclusivo che vorremmo fosse. Anzi, può essere uno spazio davvero
pericoloso per chi è visto come un outsider.
Nonostante le persone transgender meritino un ruolo centrale nel movimento femminista, una minoranza piccola (ma che esprime la propria opinione con fervore!) le considera antitetiche rispetto agli obiettivi del movimento, quindi escludendo deliberatamente – storicamente e attualmente – le lotte trans dal femminismo.
Durante la seconda ondata negli Anni ’70 e ancora oggi, le persone trans e/o non conformi al genere hanno subito esclusione, discorsi di incitamento all’odio, minacce e persecuzione per mano del movimento femminista.
Ad esempio, Germaine Greer,
voce femminista degli Anni ’70 e nota per i suoi libri sulla sessualità
e il genere, oggi scrive delle donne trans come di “spaventose parodie”
di donne, dicendo che “altre fissazioni possono essere contestate, ma
non la fissazione di un uomo di essere una donna”.
(È stata bombardata di glitter l’anno scorso da attiviste queer per i suoi continui commenti transfobici.)
Un’altra cosiddetta femminista ancora più piena di odio è Janice Raymond, che afferma nel suo libro The Transsexual Empire: The making of He-She
che “tutti i transessuali violentano i corpi delle donne riducendo la
vera forma femminile ad un artefatto, appropriandosi del corpo per sé
stessi.”
Poi ci sono Mary Daly, Sheila Jeffreys e Julie Bindel – tutte voci
femministe di primo piano che usano il femminismo per tormentare le
persone trans, sostenendo che l’esistenza stessa delle persone trans non
si allinea con l’ideologia femminista.
È davvero tragico che alcuni dei discorsi più carichi di odio
contro le persone transgender siano venuti dall’interno del movimento
femminista.
La cosa continua oggi sotto forma di guerre su Twitter,
nell’esclusione fisica delle donne trans da spazi esclusivamente
femminili, e nella teoria dietro quella branca del femminismo conosciuta
come Femminismo Radicale.
Nonostante le femministe transfobiche siano una minoranza, sono state
in grado di farsi ascoltare e creare potere, spesso associandosi con i
Conservatori di destra in politiche sul tema, e contribuendo alla cultura di violenza e persecuzione contro le persone trans.
Le loro posizioni vanno dal credere che le persone a cui è stato
assegnato il sesso maschile si identificano come donne “per stuprare le
donne” e “per appropriarsi e infiltrarsi negli spazi femminili”, al
concetto che le persone a cui è stato assegnato il sesso femminile si
identificano come uomini “per sfuggire al sessismo e raggiungere i
privilegi maschili”.
Ci sono discorsi, siti web e interi libri
dedicati a disumanizzare, rivelare le tendenze sessuali (outing) e
esporre all’umiliazione pubblica (shaming) le persone trans da una
prospettiva apparentemente femminista. Questo comportamento non è solo
offensivo e dannoso per la comunità trans, ma è distruttivo per il movimento femminista.
Le persone transgender affrontano la discriminazione istituzionale,
l’oppressione e la violenza come risultato della transfobia, ma anche del sessismo
– a causa di un’ossessione strutturale per la dualità di genere, per il
controllo culturale e politico dei ruoli di genere, e una generale
svalutazione delle qualità femminili.
Le problematiche trans sono problematiche femministe
– e se vogliamo costruire un movimento femminista intersezionale ed
efficace, è imperativo lavorare per rendere il femminismo trans
inclusivo.
Esclusione delle Trans
Una forma comune di transfobia vista nel movimento femminista è l’esclusione delle donne trans dagli spazi solo per donne.
Le donne trans sono spesso escluse dai rifugi contro la violenza
domestica, dai rifugi per le donne senzatetto e da altri spazi di
supporto femminile, lasciando così le donne trans a combattere gli
abusi, l’assenza di una casa e la misoginia nei rifugi per uomini, in
famiglie violente o per strada. Le donne trans sono anche escluse da
molti college femminili.
Le donne trans sono state e continuano ad essere escluse dagli spazi femministi solo per donne.
Il più famoso è il Michigan Womyn’s Music Festival,
un festival musicale per sole donne che nacque negli Anni ’70 come zona
protetta per le donne per condividere musica, e che serviva come spazio
per la sensibilizzazione politica e l’emancipazione.
Ma dopo aver cacciato una donna trans nel 1991, il festival ha mantenuto una politica di esclusione verso le donne trans. Molte artiste e frequentatrici hanno preso posizione contro questa cosa, boicottando il festival e chiedendo petizioni, tuttavia l’organizzazione del festival prosegue con questa politica ogni anno.
Ciò a cui questa posizione di esclusione veramente si riduce è una visione di cosa sia uno spazio solo per donne, ovvero che uno spazio per sole donne è uno spazio solo per donne cis.
Spazi solo per donne
Gli spazi esclusivi per le donne possono dare potere ed essere
importanti nel creare degli spazi in cui le donne si sentano al sicuro –
fin quando c’è l’impegno a includere tutte le donne, in particolare
quelle emarginate per la classe sociale, la razza, le capacità, la
sessualità e lo stato di trans.
Poiché le donne trans sono donne, dovrebbero essere
incluse negli spazi per sole donne. Eppure in qualche modo il concetto
di spazi solo per donne è stato usato per escludere le donne trans da
questi spazi volutamente sicuri.
Il Michigan Womyn’s Music Festival giustifica la sua intenzionale
esclusione delle trans sostenendo che crescere come una donna cis è “una prospettiva unica che le donne trans non potrebbero mai capire”. Poiché le donne trans non fanno questa esperienza, dicono, non c’è posto per loro in uno spazio solo per donne.
Questa posizione è un insulto sia alle donne trans che cis.
Parte dal presupposto di un’esperienza femminile universale, una qualche qualità unificante che tutte le donne cis condividono.
C’è un totale disprezzo per l’intersezionalità qui –
si insinua che tutte le donne, senza distinzioni di classe
socioeconomica, razza, etnia e nazionalità, orientamento sessuale,
capacità ecc., hanno avuto le stesse esperienze nella vita, e che questa
esperienza sia unica e porti alla creazione di una spazio sicuro.
Si suppone pure che le persone trans non siano state discriminate nei
loro diritti e non abbiano affrontato gravi fragilità e lotte nel
processo di crescita e di coming out come trans.
Le donne trans vivono la particolare esperienza di subire sia la transfobia che la misoginia.
E chi dice che gli spazi solo per donne, essendo solo per donne, siano di per sé spazi sicuri?
Questo concetto presuppone che l’oppressione e la violenza interpersonale siano sempre perpetrate dagli uomini contro le donne.
Ma le donne bianche hanno, storicamente e tutt’oggi, violato la
sicurezza delle donne di colore; le donne delle classi alte continuano a
sfruttare e beneficiare del lavoro delle donne della classe operaia; le
donne eterosessiste discriminano le donne queer.
Capisco il bisogno dei gruppi emarginati di spazi che siano
esclusori e specificatamente contrassegnati per discutere le particolari
problematiche che affrontano, ma noi dovremmo pensare in modo inclusivo
i confini di questi gruppi: chi è dentro e chi è fuori?
Chi vuole che spazi solo per donne significhi solo per donne cis hanno adottato il termine “donne nate donne” (women-born women).
Questo termine comporta una specie di guerra di autenticità, in cui i confini delle femminilità sono controllati. La vera femminilità è quindi definita come essere “nate in questo modo” o piuttosto, come avere i relativi genitali.
Con questa categorizzazione arbitraria e inesatta, le donne trans non
sono qualificate per essere autentiche donne e quindi per gli spazi
femministi/per donne in generale.
Se c’è bisogno di spazi solo per donne cis, allora chiamateli così.
Ma quando uno spazio per sole donne è letto come spazio solo
per donne cis, allora l’esistenza stessa dei gruppi serve a
delegittimare le identità di genere delle donne trans e le loro
esperienze.
L’analisi Anti Trans
L’analisi presentata da alcune femministe radicali trans escludenti (o TERFs, come sono spesso chiamate)
tende a ricadere lungo le linee del determinismo biologico, sostenendo
che la biologia è destino, che le donne nascono come cittadini di
seconda classe e che gli uomini sono il problema sottostante di tutta
l’oppressione. Vedono la soluzione nella fine della dualità di genere.
Esse sostengono che le persone trans rinforzano la dualità di genere, e quindi sono una minaccia all’eguaglianza di genere.
Ho sempre trovato questo punto bizzarro, perché non capisco come trans e persone non conformi al genere rinforzino la dualità di genere.
Semmai, le persone trans rendono più accettabile rompere
quella dualità, sovvertire l’assegnamento e la socializzazione al genere
e creare una comprensione più fluida del genere.
Il genere non è semplice come questa analisi afferma: esso è
complesso, fluido e si basa su una moltitudine di assunti e
caratteristiche culturali che variano da cultura a cultura e si
intersecano con altre variabili e identità.
Il problema non è che la dualità di genere esiste, ma
piuttosto che il genere viene assegnato senza il consenso, e che
chiunque esca dai confini definiti culturalmente è emarginato e vive
l’oppressione sistemica e la violenza.
Il problema non è la femminilità o la mascolinità. È la femminilità e la mascolinità obbligatorie, legate a un sistema di valori che svaluta tutto ciò che è femminile.
Negando l’esistenza di un privilegio cis, l’analisi delle TERFs semplifica oltremodo le esperienze vissute dalle donne in una società che svaluta queste esperienze.
Anche se la loro analisi ha un senso logico, ogni teoria che supporta
la subordinazione di un gruppo di persone, che ci chiede di sacrificare
i bisogni di un gruppo emarginato, deve essere rifiutata.
Le persone sono più importanti della teoria.
Ma poiché queste analisi sono espresse all’interno della retorica
femminista, il femminismo trans escludente ottiene spesso un posto al
tavolo del dialogo, come un’altra prospettiva del femminismo.
Dobbiamo stare attente a notare quando ciò accade, richiamando
l’attenzione sugli spazi femministi che lo fanno in un tentativo di
essere includenti.
Inclusione non dovrebbe mai voler dire includere discorsi di incitamento all’odio, mentre qui si tratta precisamente di questo.
Se permettiamo alla transfobia di esistere e di passare come
femminismo, allora questa è una causa che tutte le femministe devono
appoggiare come propria.
Sul costruire un movimento femminista trans includente
Nonostante il titolo di questo articolo, la nostra lotta non dovrebbe focalizzarsi solo sul rendere il movimento femminista più inclusivo – si tratta si rendere le persone trans e altri membri emarginati del movimento femminista una sua parte centrale.
Non possiamo solo richiamare i comportamenti transfobici, dobbiamo dare alle persone trans una voce e uno spazio non solo simbolico nel nostro movimento.
Nel suo libro Excluded: Making Feminist and Queer Movements More Inclusive,
Julia Serano dice: “Abbiamo tutte un obiettivo comune: trovare una rete
di supporto fuori dal sistema principale etero maschio-centrico, dove
possiamo finalmente sentirci emancipate e affermate come donne.”
Così il nostro obiettivo diventa, nota l’autrice, creare comunità che
celebrano la differenza, invece dell’uguaglianza, dove a tutte è dato
ascolto, dove tutte sono viste come legittimo oggetto del desiderio,
dove le espressioni e le rappresentazioni di genere non sono
controllate, e dove le donne trans non sono considerate meno legittime
delle donne cis.
Dobbiamo riconoscere le donne trans come donne (e includerle negli spazi femminili!),
riconoscere gli uomini trans come uomini, e riconoscere i genderqueer e
le persone che non si identificano della dualità come fuori o tra
queste categorie, definite dalle proprie esperienze e dalla propria
espressione sullo spettro dei generi.
Possiamo imparare a rispettare la legittimità delle persone che auto-identificano il proprio genere.
Possiamo aprirci alla complessità del genere, andare oltre la nostra limitata comprensione e le esperienze vissute a riguardo.
Possiamo rispettare che ogni persona è l’autorità competente sulle proprie esperienze.
Donne cis e trans sono alleate – una parte dello stesso movimento per combattere il sessismo
– e abbiamo assolutamente bisogno di un movimento inclusivo che
supporti e lotti per tutti, se vogliamo sinceramente capire e superare i
problemi che fronteggiamo oggi.
***
Laura Kacere collabora con Everyday Feminism. È un’attivista e
organizzatrice femminista, dottoranda, insegnante di yoga e fa servizio
di scorta nelle cliniche abortive. Vive a Chicago. Su Twitter è
@Feminist_Oryx
[Traduzione di Mara Bevilacqua]
Nessun commento:
Posta un commento