contro pregiudizi e discriminazioni
IL LATO BICI - Un progetto di lezioni di bicicletta a donne emigrate coglie l'attenzione di Striscia la Notizia che, nel suo servizio, intervista un Imam che non vede di buon occhio l'utilizzo della bicicletta da parte delle donne islamiche. La risposta è stata la pedalata rosa di domenica 13 marzo. Cui abbiamo partecipato.
di Mariateresa Montaruli
Ho inforcato una delle mie vecchie biciclette e mi sono unita, ieri, 13 marzo, a Sumaya Abdel Qader
e ad altre 200 donne per lo più musulmane, per la prima pedalata con il
velo, contro la violenza e la discriminazione di genere, mai avvenuta a
Milano. Una manciata di chilometri, 7 appena. In portata
simbolica, un intero Camino di Santiago. La massa critica si è mossa
lentamente all’inizio, con qualche insicurezza – molte delle donne non
salivano in bicicletta da tempo; in 70 hanno utilizzato le bici messe a
disposizione dal bikesharing del Comune – dalla Moschea di via Padova,
nella profonda periferia Nord. Su via Palmanova, il corteo era già più
spedito, addirittura cantato, senz’altro accompagnato da una riaffermata
allegria fino a Porta Venezia.
I fatti sono che da qualche mese, coinvolta dall’associazione sportiva Cyclopride, sto dando “lezioni di bicicletta”
a donne emigrate, per lo più nordafricane, con qualche presenza
sudamericana e dell’Europa dell’Est. Ne ho raccontato sul mio bike blog,
Il lato Bici. L’articolo
è stato letto dal regista Marco Melloni di Striscia la notizia che è
partito da quelle lezioni nel cortile di una scuola elementare di Milano
per fare più di un servizio.
Le affermazioni, apparse nel suo
primo video, dell’Imam della Moschea di Segrate sulla presunta
preziosità delle donne musulmane che meritavano, piuttosto che una
modesta bicicletta o lezioni di bici, di viaggiare in Cadillac e
Mercedes, hanno suscitato un vespaio.
“L’Imam si è espresso
male: ha voluto fare una battuta che gli è venuta malissimo. Il suo
centro ha aderito alla nostra pedalata” nota Sumaya Abdel Qader,
l’attivista che ha lanciato con il Caim, il coordinamento delle
associazioni islamiche di Milano, l’idea della pedalata in rosa.
Sumaya Abdel Wader, l'attivista nata a Perugia da genitori giordano-palestinesi |
Nata a Perugia 37 anni fa, di origini giordano-palestinesi, i
genitori già studenti di medicina in Italia, tre figli e un marito di
origini siriane, Sumaya ha studiato biologia, lingue e culture
straniere, e sociologia. Lavora attualmente per Telefono Azzurro. Ad
andare in bicicletta ha imparato a tre anni, con l’aiuto del padre.
Adesso, lo schiacciamento di una radice nervosa, le impedisce di usare
la bici come un tempo. Ma non le ha vietato, via Facebook e
distribuendo volantini nelle moschee, di organizzare la sua
specialissima Critical Mass partecipata anche dalle figlie Dana di 13
anni e Lin di 11 che sanno già andare in bicicletta.
Rispetto alla scivolata dell’Imam di Segrate dice ancora: “esiste una
pluralità di opinioni. Tuttavia, la maggioranza dei musulmani è a
favore della dignità e delle pari opportunità delle donne. La sfida
dell’attivismo, in Italia, è quella di costruire ponti per avvicinare le
diverse culture. Siamo un unico grande Paese. Dobbiamo riconoscere che
siamo interdipendenti. La donna musulmana, in Italia, è purtroppo
discriminata due volte: perché è donna e perché è emigrata. Le sue
esigenze nascono dalla provenienza da culture diverse: non vanno confuse
con questioni di religione.
Con la biciclettata vogliamo far
passare il messaggio che la maggioranza degli uomini musulmani che
vivono in Italia non sono contrari all’uso delle bici. Un mezzo che è
certamente a sostegno a una vita più green, ma che è soprattutto
attività fisica, cura di sé, attenzione alla salute. Anche un momento di
grande libertà.
Così immagino siano le vostre lezioni di
bicicletta: uno spazio e un tempo per fare ciò che piace, per disporre
di sé. Sono contenta che il Comune di Milano, con la fornitura delle
biciclette del bikesharing, abbia risposto positivamente alla nostra
iniziative. La maggior parte delle donne che partecipano alla pedalata
non possiede infatti una bicicletta: hanno paura, abitano lontano o non
se la possono permettere”.
Sumaya indossava un velo giallo domenica e ha fatto da apripista sul
percorso. Dietro di lei, veli rossi, grigi, rosa, arancione. Hafida
e Reem, due “allieve” del nostro Mamme in Bici, erano con noi, per la
prima volta su strada, fuori dal cortile dove teniamo le lezioni.
Martedì ci rivediamo in classe. Con una briciola di fiducia e
contentezza in più. Il 15 maggio, con loro, apriremo la
pedalata pubblica di sensibilizzazione organizzata da Cyclopride.
Accade, talvolta, di fare, e scrivere, qualcosa di utile.
Con due mie "allieve" del corso Mamme in bici |
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