Signor Presidente del Consiglio,
l’attribuzione della delega alle Pari opportunità alla viceministra del Lavoro è un passo indietro, una “non scelta” come ha scritto Barbara Stefanelli sul Corriere. Questo Ministero, voluto dal Governo Prodi nel 1996, aveva sancito un punto: esiste in Italia una discriminazione di genere.
l’attribuzione della delega alle Pari opportunità alla viceministra del Lavoro è un passo indietro, una “non scelta” come ha scritto Barbara Stefanelli sul Corriere. Questo Ministero, voluto dal Governo Prodi nel 1996, aveva sancito un punto: esiste in Italia una discriminazione di genere.
Da allora che cosa è cambiato? I più dicono che questo Ministero non è
servito a niente, altri che ne hanno seguito l’evoluzione attribuiscono
alle Pari opportunità alcuni provvedimenti significativi. Ma la scelta
di non sostituire la Ministra Idem non nasce certo da una valutazione
sull’efficacia di quel Ministero che il Presidente del Consiglio aveva
riconfermato appena due mesi fa evidentemente confidando nella sua
necessità. E in questi due mesi per la verità ci sono ragioni nuove a
sostegno dell’utilità del Ministero sia sul piano simbolico che sul
piano materiale.
Tra i primi atti di questa legislatura c’è stato quello di approvare
all’unanimità, alla Camera e al Senato, la ratifica della Convenzione di
Istanbul. Un atto dovuto, ma non scontato, a cui si è arrivati
soprattutto grazie alla capacità dei movimenti delle donne di imporre il
tema della violenza maschile e del femminicidio nell’agenda politica
del Paese. Se il Parlamento ha finalmente preso consapevolezza di questo
fenomeno – dei numeri, delle dinamiche e dello stato sociale e
culturale in cui tutto ciò si determina – e se aveva appena avviato i
suoi lavori la task force voluta dall’ex ministra Josefa Idem, come si
può pensare che in una fase così delicata l’atto politico successivo
possa essere quello di eliminare il Ministero che più di tutti aveva il
compito di monitorare il percorso iniziato attraverso quel voto?
Pertanto, piuttosto che attribuire una
delega specifica sul “femminicidio” – come è stato fatto con Isabella
Rauti – disconoscendo di fatto la complessità del fenomeno, sarebbe
stato necessario mettere nelle condizioni il Ministero delle Pari
opportunità di farsi da garante fino in fondo della piena applicazione
della Convenzione che investe, e attraversa, tutti gli altri Ministeri:
dall’Istruzione al Lavoro, dall’Economia agli Affari sociali. È una
scelta incomprensibile, Signor Presidente, nella forma e nella sostanza,
nella superficie e nella profondità.
Temiamo che, purtroppo, anche questo passaggio sia stato viziato
dalle “larghe intese”, che in questa fase evidentemente non godono di
buona salute: non vorremmo cioè che le mancate alchimie politiche
prevalessero sul bene comune.
Non siamo portatori di una visione ideologica ma non abbiamo mai
creduto a una politica “neutra” delle donne: essere di parte però non ci
ha mai impedito di riconoscere, se buono, il lavoro dei nostri
avversari politici. Anzi, di recente, attraverso il voto alla nostra
mozione sulla piena applicazione della legge 194, abbiamo scoperto il sì
del Pdl contro la sorprendente astensione del Pd. A dimostrazione che
su certi terreni non si può ragionare con schemi politici predefiniti.
È importante il profilo politico del Ministero delle Pari opportunità
e, per questo, avevamo criticato l’accostamento con lo Sport sotto la
direzione di Josefa Idem. Mai ci saremmo aspettati, dopo appena tre
mesi, di dover chiedere almeno il ripristino di ciò che era stato già
acquisito.
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