Bogaletch Gebre è cresciuta
nella regione etiope detta Kembatta-Tembarro dove, dice, “le donne non
hanno più valore delle mucche che mungono”, le bambine sono analfabete e
i “rapimenti di spose” sono comuni.
Non sa esattamente quanti anni ha,
solo che è nata nei ’50.
Sua sorella maggiore è morta a causa delle
mutilazioni genitali femminili, un’altra pratica comune in Etiopia:
“Era
in gravidanza avanzata, aspettava due gemelli. Ha cominciato a perdere
sangue e non hanno potuto farle partorire i bambini, perché a causa
delle cicatrici l’apertura era troppo stretta. Chiamano la pratica rimozione della sporcizia.Ti
dicono che manterrà la donna pulita. Ma il suo significato reale è
rendere una giovane donna docile e obbediente, e controllare la sua
sessualità. Quando è toccato a me, sono quasi morta a causa
dell’emorragia.”
Quando Bogaletch era piccola
il suo sogno era imparare a leggere. Non c’era speranza di frequentare
le elementari, così imparò intrufolandosi in una piccola scuola
parrocchiale fra un viaggio e l’altro per raccogliere acqua. Dopo di
ciò, insistette tanto sulla propria istruzione che riuscì a farsi
mandare a studiare nella capitale, Addis Abeba, dove vinse una borsa di
studio per specializzarsi in microbiologia e fisiologia in Israele. Una
volta là, ne vinse un’altra per la specializzazione in parassitologia
all’Università del Massachusetts e fatto questo si spostò all’Ucla, in
California, dove si laureò in epidemiologia.
Mentre viveva negli Usa,
mise in piedi un’organizzazione chiamata “Sviluppo tramite l’istruzione”
e cominciò a correre nelle maratone per raccogliere denaro che sarebbe
servito a mandare libri in Etiopia: ne ha spediti a casa 300.000. Tenete
presente che in precedenza, a causa di un’incidente stradale in cui
aveva sofferto serie ferite alla schiena, i medici le avevano detto che
non sarebbe neppure più riuscita a camminare normalmente. Ma Bogaletch
Gebre è fatta così. Se il destino si mette di traverso lo scavalca.
Nel
1997 è tornata in Etiopia con un’idea in mente: far sì che nessuna
ragazza attraversasse l’orrore e rischiasse la morte per le mutilazioni.
Con un’altra sorella, Fikrte, ha fondato l’ong “Kembatti Mentti
Gezzimma”, ovvero “Le donne di Kembatta si ergono insieme”.
La visione
in grande sono i diritti umani delle donne, ma la prima cosa che
Bogaletch ha affrontato sono state le mutilazioni genitali femminili.
Sapeva che era un tabù persino parlarne, sapeva che non sarebbe bastato
dire “smettiamo” per cancellare una pratica così radicata, perciò:
“Ho
cominciato raccontando la mia storia e la storia di mia sorella, e le
donne hanno cominciato a capire e piangevano, perché anche loro
conoscevano qualcuna che era morta, perché le loro bambine erano morte,
ma non si erano mai permesse, prima, di entrare direttamente in
relazione con le cause.”
Il modo in cui
l’associazione opera per il cambiamento sociale è la “conversazione
comunitaria”, che porta a discutere insieme giovani, anziani, leader
comunitari e religiosi, cristiani e musulmani. Bogaletch Gebre usa il
Corano e la Bibbia per dimostrare che le mutilazioni non sono un obbligo
religioso: nessuno dei due libri le menziona.
“Mi appello alla loro
stessa fede: Come cristiani e musulmani noi stiamo dicendo: Dio, tu
sei perfetto, ma quando hai creato la donna hai fatto un errore. Ci
riteniamo in grado di correggere Dio?”
Il punto di svolta arrivò nel 2002, con la prima celebrazione pubblica
di un matrimonio in cui la sposa non aveva subito mutilazioni.
I due
giovani portavano entrambi dei cartelli: quello di lei attestava che non
era stata “tagliata”, quello di lui dichiarava che era felice di
sposare una donna intera. Le celebrazioni tradizionali per le ragazze
mutilate sono state trasformate in “festeggiamenti dell’intero corpo
femminile”.
Quando l’Unicef condusse una ricerca nella regione
Kembatta-Tembarro, nel 2008, scoprì che il 97% della sua popolazione era
contraria alle mutilazioni genitali femminili: nella regione erano
praticamente “universali” solo un decennio prima. L’Unicef sta
raccomandando il modello usato da Gebre e le sue amiche in altre regioni
africane. Lei è una donna pratica e non si fa illusioni, sa quanto sono ancora diffuse le mutilazioni genitali femminili nella
stessa Etiopia:
“Dovremmo essere in grado di mettere fine alla faccenda
in 10/15 anni. Ma il cambiamento richiede impegno. Non accade per
miracolo.”
Il mese scorso, Bogaletch Gebre ha vinto un premio (http://www.kbprize.org/)
per la sua “guida ispirata” nel far avanzare i diritti delle donne e
nell’affrontare istanze sociali come le mutilazioni, i matrimoni forzati
e l’Hiv/Aids. Con i 150.000 euro del premio spera di aprire un liceo
scientifico. Come ex docente universitaria di biologia ci tiene a
smantellare il mito che le ragazze non possono occuparsi di scienza.
Maria G. Di Rienzo
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