mercoledì 3 luglio 2013

Infibulazione: B. Gebre e "le donne di Kembatta si ergono insieme"

Bogaletch Gebre è cresciuta nella regione etiope detta Kembatta-Tembarro dove, dice, “le donne non hanno più valore delle mucche che mungono”, le bambine sono analfabete e i “rapimenti di spose” sono comuni.
Non sa esattamente quanti anni ha, solo che è nata nei ’50.
Sua sorella maggiore è morta a causa delle mutilazioni genitali femminili, un’altra pratica comune in Etiopia:
“Era in gravidanza avanzata, aspettava due gemelli. Ha cominciato a perdere sangue e non hanno potuto farle partorire i bambini, perché a causa delle cicatrici l’apertura era troppo stretta. Chiamano la pratica rimozione della sporcizia.Ti dicono che manterrà la donna pulita. Ma il suo significato reale è rendere una giovane donna docile e obbediente, e controllare la sua sessualità. Quando è toccato a me, sono quasi morta a causa dell’emorragia.”
Bogaletch Gebre (sin.) e Almaz Someno
Quando Bogaletch era piccola il suo sogno era imparare a leggere. Non c’era speranza di frequentare le elementari, così imparò intrufolandosi in una piccola scuola parrocchiale fra un viaggio e l’altro per raccogliere acqua. Dopo di ciò, insistette tanto sulla propria istruzione che riuscì a farsi mandare a studiare nella capitale, Addis Abeba, dove vinse una borsa di studio per specializzarsi in microbiologia e fisiologia in Israele. Una volta là, ne vinse un’altra per la specializzazione in parassitologia all’Università del Massachusetts e fatto questo si spostò all’Ucla, in California, dove si laureò in epidemiologia.

Mentre viveva negli Usa, mise in piedi un’organizzazione chiamata “Sviluppo tramite l’istruzione” e cominciò a correre nelle maratone per raccogliere denaro che sarebbe servito a mandare libri in Etiopia: ne ha spediti a casa 300.000. Tenete presente che in precedenza, a causa di un’incidente stradale in cui aveva sofferto serie ferite alla schiena, i medici le avevano detto che non sarebbe neppure più riuscita a camminare normalmente. Ma Bogaletch Gebre è fatta così. Se il destino si mette di traverso lo scavalca. 

Nel 1997 è tornata in Etiopia con un’idea in mente: far sì che nessuna ragazza attraversasse l’orrore e rischiasse la morte per le mutilazioni. 
Con un’altra sorella, Fikrte, ha fondato l’ong “Kembatti Mentti Gezzimma”, ovvero “Le donne di Kembatta si ergono insieme”. 
La visione in grande sono i diritti umani delle donne, ma la prima cosa che Bogaletch ha affrontato sono state le mutilazioni genitali femminili.
Sapeva che era un tabù persino parlarne, sapeva che non sarebbe bastato dire “smettiamo” per cancellare una pratica così radicata, perciò:
“Ho cominciato raccontando la mia storia e la storia di mia sorella, e le donne hanno cominciato a capire e piangevano, perché anche loro conoscevano qualcuna che era morta, perché le loro bambine erano morte, ma non si erano mai permesse, prima, di entrare direttamente in relazione con le cause.”

Il modo in cui l’associazione opera per il cambiamento sociale è la “conversazione comunitaria”, che porta a discutere insieme giovani, anziani, leader comunitari e religiosi, cristiani e musulmani. Bogaletch Gebre usa il Corano e la Bibbia per dimostrare che le mutilazioni non sono un obbligo religioso: nessuno dei due libri le menziona.

“Mi appello alla loro stessa fede: Come cristiani e musulmani noi stiamo dicendo: Dio, tu sei perfetto, ma quando hai creato la donna hai fatto un errore. Ci riteniamo in grado di correggere Dio?

Il punto di svolta arrivò nel 2002, con la prima celebrazione pubblica di un matrimonio in cui la sposa non aveva subito mutilazioni.
I due giovani portavano entrambi dei cartelli: quello di lei attestava che non era stata “tagliata”, quello di lui dichiarava che era felice di sposare una donna intera. Le celebrazioni tradizionali per le ragazze mutilate sono state trasformate in “festeggiamenti dell’intero corpo femminile”.

Quando l’Unicef condusse una ricerca nella regione Kembatta-Tembarro, nel 2008, scoprì che il 97% della sua popolazione era contraria alle mutilazioni genitali femminili: nella regione erano praticamente “universali” solo un decennio prima. L’Unicef sta raccomandando il modello usato da Gebre e le sue amiche in altre regioni africane. Lei è una donna pratica e non si fa illusioni, sa quanto sono ancora diffuse le mutilazioni genitali femminili nella stessa Etiopia:
“Dovremmo essere in grado di mettere fine alla faccenda in 10/15 anni. Ma il cambiamento richiede impegno. Non accade per miracolo.”

Il mese scorso, Bogaletch Gebre ha vinto un premio (http://www.kbprize.org/) per la sua “guida ispirata” nel far avanzare i diritti delle donne e nell’affrontare istanze sociali come le mutilazioni, i matrimoni forzati e l’Hiv/Aids. Con i 150.000 euro del premio spera di aprire un liceo scientifico. Come ex docente universitaria di biologia ci tiene a smantellare il mito che le ragazze non possono occuparsi di scienza.
Maria G. Di Rienzo

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