Ogni anno arrivano in Italia migliaia di ragazze nigeriane. Almeno la metà di loro, secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono vittime della tratta di esseri umani, cioè sono state rapite o ingannate per essere destinate allo sfruttamento sessuale.
Il sistema di accoglienza italiano, però, fatica ad identificare queste
situazioni, riconsegnando spesso le ragazze alle reti criminali.
A denunciare le negligenze del sistema anti-tratta italiano
sono sia le organizzazioni internazionali che le associazioni e le
cooperative del nostro paese, che quotidianamente si danno da fare per
contrastare il traffico di esseri umani. Secondo Maria Grazia Giammarinaro,
referente speciale delle Nazioni unite sulla tratta, in Italia non
mancano delle leggi adeguate, ma piuttosto l'attenzione politica
necessaria a renderle efficaci.
Le vittime della tratta dovrebbero essere
riconosciute al loro arrivo sulle coste italiane. Sono ragazze, spesso
sotto i 25 anni, che hanno già alle spalle mesi o anni di violenze e ne
portano i segni sul corpo. Se gli operatori dell'accoglienza non
riconoscono questi segnali, le giovani seguono l'iter di qualunque richiedente asilo.
Nel caso in cui vengano rimpatriate, tornano dagli stessi sfruttatori
che le avevano inviate in Italia. Se rilasciate con un permesso d'asilo,
invece, vengono intercettate dai loro "protettori" e costrette alla prostituzione.
A questo punto, è ancora più difficile riuscire a sottrarle alle
organizzazioni criminali: una volta in strada, se sottoposte ad un
controllo delle forze dell'ordine, finiscono per essere considerate di
nuovo migranti da rimpatriare.
Il Testo unico sull'immigrazione
prevede, per le vittime della tratta, un percorso specifico di
assistenza e reintegrazione sociale. Attualmente, però, questi progetti
sono riservati a quelle ragazze che denunciano i propri
sfruttatori. Un gesto che poche riescono a portare a termine, perché
costantemente minacciate di ritorsioni verso di loro o verso le loro
famiglie in Nigeria.
L'intervento di associazioni e cooperative, in questa situazione, è essenziale. C'è chi, come le socie della cooperativa BeFree, l'associazione Differenza donna e le attiviste di LasciateCIEntrare,
aiuta le ragazze nei Centri di identificazione ed espulsione,
riconoscendo e segnalando le situazioni a rischio. Altri le intercettano
in strada, come la cooperativa Parsec di Roma. Infine, avvocati e studenti di giurisprudenza, tra cui volontari dello sportello legale dell'università di Roma Tre, assistono i ricorsi contro i rimpatri.
Il tutto in attesa di un Piano anti-tratta nazionale:
l'adozione era prevista per giugno 2015, ma il testo non è ancora stato
approvato dalla Conferenza Stato-regioni. La responsabile del documento
era Giovanna Martelli, delegata alle Pari opportunità
del governo Renzi, che però si è dimessa a fine novembre. Nel frattempo,
il terzo settore colma le lacune del sistema di accoglienza italiano.
Nessun commento:
Posta un commento