Denuncia choc: "Donne allontanate dal centro antiviolenza, i nomi a Motta"
E'
stata una conferenza stampa dai toni concitati quella che si è tenuta
presso la struttura che offre sostegno alle vittime della violenza di
genere. Oltre alle anomalie di una convenzione con l'Ambito territoriale
sociale, non ancora sottoscritta, la segnalazione di pressioni subite
da alcune assistite
LECCE – Anomalie concentriche. Una dentro l’altra. Sono quelle denunciate, nel corso della mattina, dalla portavoce del Centro antiviolenza “Renata Fonte”, Maria Luisa Toto.
Dei contorni torbidi avvolgerebbero, innanzitutto, la vicenda legata ad
una convenzione relativa al 2013 che la struttura dovrebbe (avrebbe già
dovuto) sottoscrivere con l’Ambito territoriale e sociale di zona, di
cui è presidente Paolo Perrone. Ma la questione più inquietante,
segnalata dalle volontarie del centro, è un’altra. E riguarderebbe
direttamente le “utenti” dell’associazione. Quelle donne, cioè, vittime
di violenza di genere che prende forma in umiliazioni psicologiche,
fisiche, sessuali ed economiche.
Almeno cinque di loro,
infatti, nel corso degli ultimi mesi, sarebbero state avvicinate da
persone vicine al settore pubblico, ed esortate ad abbandonare il centro
“Renata Fonte”. Esortate a cambiare struttura perché ritenuta debole,
ininfluente “nelle alte sfere” (queste le parole riportate da alcune
delle cinque donne, ndr). I casi, tutti slegati tra loro, hanno però un
filo invisibile che li riannoda.
Un
gioco di potere, una sorta di braccio di ferro che sarebbe in atto tra
il centro stesso e un altro soggetto, inteso come ente, o come
istituzione, che sta spadroneggiando e lottizzando il dolore femminile
rendendolo un business e che ora Maria Luisa Toto vorrebbe identificare.
“Chi sono i nemici delle donne? Fuori i nomi. Chi si nasconde dietro
quest’operazione pianificata per screditare il nostro lavoro?”. E
ancora: “Quali interessi si celano? E a chi potrebbe risultare scomodo
il nostro centro?”.
Una
settimana di tempo a partire da oggi. Questo l’aut aut lanciato dalla
direttrice del centro, "Si facciano avanti per un confronto, o i loro
nomi finiranno sul tavolo del procuratore Cataldo Motta”.
Alcuni di questi “loro” nomi, dunque, si conoscerebbero già. E persino
l'ente "antagonista" sembra avere ormai un identikit. Tutto sarebbe
partito da una delle donne prese in carico che, un giorno, ha
comunicato di voler abbandonare l’iter intrapreso, per essere seguita da
una struttura pubblica.
Un mese dopo, però, si è ripresentata per chiedere nuovamente assistenza ed elencare una serie di pressioni esterne
subite, pur di prendere le distanze dalla struttura antiviolenza.
Sarebbe stata invitata a rivolgersi a un bravo e “costoso” avvocato, per
dirimere con successo le questioni economiche in sospeso con il proprio
ex marito. Una violenza nella violenza, insomma.
Assieme a questo caso,
ne sono spuntati altri. Di altre ragazze gettate in confusione,
convinte o costrette ad abbandonare il sostegno delle volontarie. Un
team composto da psicologhe, assistenti sociali, avvocatesse che, da 15
anni, offrono un aiuto alle altre donne. Centinaia soltanto nel primo
semestre del 2013.
Numeri che, per l’amministrazione pubblica, sono importanti. Tanto da considerare, con la delibera numero 4 del 24 gennaio del 2011, il centro antiviolenza, a pieno titolo, come struttura convenzionata con l’Ambito territoriale di zona di Lecce (e che include anche altri comuni dell’hinterland) presieduto da Paolo Perrone.
Si trova elencata nella serie di servizi offerti, e nella rete nazionale delle strutture che offrono il sostegno grazie al numero gratuito 1522.
Tutto questo, sì, ma solo sulla carta. Fino ad ora, neppure il becco di un quattrino.
In quell’occasione un finanziamento regionale di circa 45mila euro fu
stanziato per il centro antiviolenza. Ma la copertura del 2011 e quella
del 2012 costituiscono un mistero per le socie del gruppo, le quali
denunciano: “Eppure, le istituzioni si sono fregiate di avere a
disposizione un centro antiviolenza dell’Ambito”.
Poi la novità. Dal primo gennaio dell’anno in corso, un’altra delibera con la proposta di un’altra convenzione e 10mila euro
di finanziamenti da destinare al “Renata Fonte”.
Fino ad ora, però,
quest’accordo non è stato siglato. E per condizioni che la portavoce
ritiene inaccettabili (dall’Ambito vorrebbero poter accedere ai dati
delle “utenti”, mentre il centro tiene alla privacy delle sue
assistite), e per motivi che le volontarie ritengono al momento oscuri,
quest’intesa non è stata raggiunta e il 2013 è ormai agli sgoccioli.
Un’altra delle anomalie sulle quali Maria Luisa Toto pretende di fare chiarezza.
“C’è, di fondo, una mancata volontà a raggiungere un accordo. Ma
tangano giù le mani dalle donne e non provino a ricattarle. Ora è il
momento della verità”.
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