venerdì 22 agosto 2014

Le donne che si ribellano all'acido

In India nel 2014 ci sono stati 30 casi di violenza con l'acido. L'associazione Stopacidattacks si batte in difesa delle donne.
 
di Elsa Pasqual su ThePostInternazionale
 
Le donne che si ribellano all'acido
(Reuters/Andrew Biraj)
 
Non appena l’acido tocca la pelle, la sensazione è di freddo. Poi solo tanto dolore. La pelle inizia a squamarsi e nei peggiori dei casi l’acido penetra nelle ossa e inizia a corroderle.
Laxmi Saa lo sa bene. Aveva solo 15 anni quando le è stato sfregiato per sempre il volto. In una mattina di maggio del 2005, mentre attendeva l’autobus per andare a lavoro presso una libreria di Nuova Delhi, un uomo di 32 anni le ha versato in faccia un secchio di acido.
Il motivo? Laxmi non voleva sposarlo, non lo amava.

“È come se il mio volto avesse preso fuoco, la pelle si scioglieva e si staccava dalla faccia. Urlavo dal dolore, piangevo, chiedevo aiuto ai passanti, ma nessuno è venuto in mio soccorso”.

Per Laxmi, i nove anni successivi all’attacco sono stati segnati da lunghi ricoveri in ospedale, ha dovuto sottoporsi a sette interventi chirurgici per cercare di ridare forma al suo volto.

“Dopo un po' s'impara a convivere con il dolore fisico, ma è quello psicologico che non passa", racconta Laxmi. "Non ti senti più a tuo agio con il tuo corpo, lo specchio diventa il tuo peggior nemico, eviti di uscire e se lo fai ti copri con un velo. La società ti emargina, il senso di solitudine ti opprime. Ogni mattina mi alzo chiedendomi qual è stata la mia colpa per meritarmi tutto questo”.

Nonostante tutto, Laxmi ha trovato la forza di ricominciare a vivere, aiutando le donne che, come lei, hanno subito un attacco simile. Ha iniziato a far parte di Stopacidattacks, un’associazione fondata da Alox Dixit, giornalista che si batte per creare un ponte tra le vittime dell’acido, la società e il governo indiano, in modo da finanziare le loro spese mediche e garantire pene più certe.

“Il mio aggressore è stato condannato a soli dieci anni di carcere dopo avermi rovinato per sempre la vita", racconta Laxmi. "Quando sarà di nuovo libero, quale garanzia ho che non mi farà più del male?”.

Prima di gennaio 2013 non c’era nessuna legge specifica che prevedesse sanzioni per gli “attacchi con l’acido”. Solo grazie a una relazione fatta da un comitato ad hoc le cose sono iniziate a cambiare. Nel codice penale dell’India è stato inserito il reato di violenza con l’acido, punibile con il pagamento di una multa e la reclusione minima di dieci anni estendibile al carcere a vita. Ma anche questo aggiornamento della legge non basta.

In India l’acido solforico, comunemente usato come detergente, è molto facile da reperire. Per aggirare questo problema, nel luglio dell’anno scorso la Corte suprema indiana ha emanato una sentenza che stabilisce una serie di regole per controllare la vendita di acido, imponendo una licenza per distribuirlo e proibendone l’acquisto ai minorenni.
Ma l’associazione Stopacidattacks fa notare che questa sentenza trascura alcuni elementi importanti come l’assistenza medica gratuita e il controllo effettivo dalle autorità di polizia sull’applicazione delle regole.

Fare una stima di quante vittime sono state colpite dall’acido in India nell'ultimo anno non è cosa semplice: mancano dati ufficiali. Molte donne dopo aver subìto questo tipo di violenza non denunciano i loro aggressori, sia perché provano vergogna, sia perché nutrono poca fiducia nei tribunali indiani.

“Se io sono riuscita a ricominciare a vivere, anche le altre donne colpite dall’acido possono farcela”, sostiene Laxmi. “Mai farsi rubare la speranza. Bisogna lottare per i nostri diritti”.

L’Acid Survivors Foundation, un ente di beneficenza con sede a Londra che promuove lo stop alla violenza con l’acido, ha stimato che dal 1999 al 2013 in Bangladesh, Cambogia, Uganda, Pakistan, Nepal e India sono accaduti 3.184 episodi di violenza con l’acido.
Da gennaio a giugno di quest’anno, sono stati registrati 30 atti di violenza di questo tipo. I motivi che spingono a compiere questi gesti sono molteplici: il mancato pagamento della dote, controversie famigliari, dispute sulla terra, rifiuti di avances o di matrimonio.
 

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