Da fine luglio 2014 il dibattito pubblico americano, e poi di tutto il mondo, è stato infiammato da quello che più che un hashtag, è apparso subito come una vera e propria arma politica: #WomenAgainstFeminism.
Molte donne – soprattutto teenager
americane – hanno iniziato a pubblicare degli autoscatti con dei
cartelli che spiegano perché hanno deciso di rinnegare il femminismo.
Il
successo di questa iniziativa collettiva ha destato scalpore,
problematizzando la questione già ampiamente dibattuta sul senso che il
femminismo debba assumere in una contemporaneità in cui molte delle
rivendicazioni storiche del movimento sembrano essere raggiunte.
Le difficoltà nella costituzione di una
comunità di donne che sono state aggravate dall’avvento delle nuove
tecnologie della comunicazione erano, in realtà, già state individuate
da Simone De Beauvoir che, nel suo Il secondo sesso (1949),
spiegava che i movimenti delle donne non sono paragonabili ad altri noti
gruppi di resistenza come i “negri” d’America, gli ebrei dei ghetti o
gli operai delle fabbriche.
«Le donne vivono disperse in mezzo agli
uomini, legate ad alcuni uomini – padre o marito – più strettamente che
alle altre donne. […] Il legame che unisce [la donna] ai suoi oppressori
non si può paragonare ad alcun altro».
Tra i vincoli creati dalla casa,
dal lavoro e dalle condizioni sociali c’è, infatti, l’entità della
“coppia” come struttura basilare della famiglia, «unità fondamentale le
cui metà sono connesse indissolubilmente l’una all’Altra».
Oltre a
questo c’è, però, dell’altro. Lo esplicita Monica Lanfranco nel suo
articolo Femminista a chi? (2012):
«C’è, ed è storia, un forte
elemento di ingratitudine e di ignoranza delle giovani donne verso
quelle femministe che hanno preso parola, prima di loro, per se stesse,
ma anche per chi sarebbe venuta dopo di loro. La cultura nella quale la
maggior parte di loro è cresciuta ha raccontato il femminismo in modo
distorto, caricaturale, o semplicemente l’ha rimosso».
Le Women Against Feminism
possono essere legittimamente tacciate d’ignoranza visto che
disprezzano quello che le loro nonne hanno comodamente consegnato loro
dopo molte lotte o la colpa è del contesto culturale che non ha saputo
trasmettere i veri valori del femminismo alle nuove generazioni?
È innegabile che, oltre ad avere delle
evidenti difficoltà strutturali nel formarsi, come già aveva osservato
De Beauvoir, il movimento femminista sia stato, nel corso della storia,
oggetto di interpretazioni scorrette e devianti, mal percepito e quindi
non capito.
Ancora oggi prevale una visione offuscata del fenomeno, che
dà adito a stereotipi come quello delle lesbo-femministe avverse agli
uomini o a convizioni false come quella per cui i femministi
rivendicherebbero la superiorità del genere femminile.
La conseguenza
più allarmante è che questo atteggiamento diventa virale, e prese di
posizione contrastanti e strampalante, come quelle delle Women Against Feminism, rischiano
di ottenere molta risonanza mediatica.
Quale può essere la contromossa,
se ce n’è una? Fare informazione. Parlare di che cosa è stato e cosa
rappresenta il movimento delle donne. Invitare ad aprire un vocabolario e
cercare la definizione di “femminismo”, o in alternativa leggere questo articolo.
Bisogna far conoscere il femminismo nelle scuole, dove si è sempre prodighi a insegnare gli incipit
dei poemi, i re di Roma e le leggende dell’antichità, mentre che i
femministi non sono animali mitologici, quello no, non lo spiega mai
nessuno.
Fonte: Zero-e-Uno
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