venerdì 5 settembre 2014

Basta ostacoli alla legge 194!


Ha subito negli anni e sotto varie forme un costante boicottaggio.
L’intervento del presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, che modifica il ruolo dell’obiezione di coscienza per il personale dei consultori, rappresenta un passo nella giusta direzione
(articolo di Maria (Milli) Virgilio del 09/07/2014)

La legge 194/78, quella che ha consentito l’interruzione volontaria di gravidanza, ha subìto un costante boicottaggio, che ha assunto nel tempo varie forme e modalità. Le interpretazioni della legge sono state piegate strumentalmente secondo gli scopi del momento, come dimostra la storia della obiezione di coscienza e della sua portata (non è affatto scontato che questa costituisca un diritto -  e per di più un diritto privilegiato senza oneri, come accade invece per l’obiezione militare; che ci siano dei doveri costituzionali da rispettare è ben illustrato in un libro recente di Federica Grandi, Doveri costituzionali e obiezione di coscienza, Ed. Sc. Napoli 2014).

Memoria storica impone di ricordare che, all’inizio, gli obiettori sostenevano che la loro coscienza li esonerava da tutti i tipi di atti e attività, a tal fine interpretando nel modo più esteso - e illegittimo - la dizione “esonera il personale (…) dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione di gravidanza”.

Ma, ben presto, i cosiddetti movimenti per la vita si resero conto che in tal modo si precludevano ogni diretto contatto con le donne che chiedevano di abortire e quindi perdevano occasioni di  dissuasione. Dunque introdussero la distinzione, nell’art. 5, tra il rilascio del certificato attestante l’urgenza, che consente di praticare l’interruzione di gravidanza, e il documento invece attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta della donna. Sostennero che quest’ultimo, non essendo diretto all’interruzione, era dovuto e non poteva essere rifiutato accampando l’obiezione di coscienza. La tesi fu esplicitata allora dalla Regione Veneto (nella circ. 54 del 1978).

Ma poi tale tesi è stata superata in quanto non più utile: quel distinguo è stato reso superfluo dal consolidarsi di fatto della obiezione che è divenuta maggioritaria in molte strutture e in alcune totale, tanto da determinare la cosiddetta obiezione di struttura (chiaramente illecita perché l’art. 9 impone che “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso a assicurare l’espletamento delle procedure e l’effettuazione degli interventi”).
 
E l’interpretazione viene nuovamente ampliata secondo gli interessi degli obiettori di comodo che rivendicano un diritto a tutto campo. Anzi - da quella via - anche farmacisti e medici di base si pretendono obiettori e vorrebbero comprendere nell’esonero perfino la pillola del giorno dopo (che nulla hanno a che vedere con l’interruzione volontaria di gravidanza).

Per questo, quando Zingaretti della regione Lazio prescrive nelle sue linee di indirizzo che il personale operante nei Consultori familiari non può esercitare l’obiezione di coscienza rispetto alla attività di attestazione dello stato di gravidanza e della richiesta della donna di effettuare IVG, nonché deve prescrivere la pillola del giorno dopo, fa semplicemente il suo dovere.
Anzi quello che la regione Lazio manda ai consultori dovrebbe essere indirizzato - ben più incisivamente - alle strutture sanitarie, perché lì il problema si impone frontalmente, quando cioè occorre effettuare l’interruzione.

Il vento sta cambiando. In più città si stanno muovendo gruppi di lavoro composti da associazioni di donne e misti, operatori e esperti (giuristi e medici), raccogliendo le forze, promuovendo iniziative di stimolo e di suggerimento alle istituzioni, ma anche con diffide e messa in mora degli enti che non assicurano l’effettuazione degli interventi di IVG.

Occorre un’attenta raccolta dei dati numerici (analitici per struttura e complessivi) per mettere in luce le illegittime obiezioni di struttura e stroncarle. Bisogna richiamare le Regioni al loro dovere (è sempre l’art.9) di controllo e di garanzia dell’attuazione della legge “anche attraverso la mobilità del personale”. Costruttivamente occorre adoperarsi per eliminare la vergogna degli obiettori di comodo, intervenendo a livello amministrativo sui profili organizzativi e del lavoro. Ma anche offrire disponibilità legale per tutelare giudizialmente le donne che subiscono danni oppure ricevono rifiuti e incontrano ostacoli nell’ottenere IVG o aborto farmacologico o la pillola del giorno dopo.

fonte: http://www.ingenere.it/articoli/basta-ostacoli-alla-legge-194

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