Il 30 aprile 2005 Angelo Izzo viene arrestato a
Campobasso. Si trovava in libertà vigilata. Con lui vengono arrestati
anche Luca Palaia e Guido Palladino. L’accusa è di aver ucciso due
donne.
Il 3 maggio Izzo crolla e confessa, questa volta veri reati. E’
stato lui ad uccidere Maria Carmela Maiorano, 48 anni, e la figlia
quattordicenne Valentina. Ma nega di averle violentate.
I cadaveri delle due donne sono
stati trovati sepolti nel prato di un villino di Ferrazzano
(Campobasso) dove Izzo si recava dopo aver ottenuto la semilibertà.
L’autopsia rivela quale causa della morte l'asfissia da soffocamento
conseguente all’occlusione delle vie aeree con un sacchetto di plastica
sigillato con nastro adesivo da imballaggio. Sul corpo di Maria
Carmela Maiorano sono presenti anche ematomi alla testa e alla gamba
sinistra. Su quello di Valentina c'è un graffio alla spalla sinistra.
La donna e la ragazza - madre e
figlia dell’ex “collaboratore di giustizia” pugliese Giovanni Maiorano
- erano entrambe chiuse in sacchi di plastica verdi, ammanettate con
le braccia dietro alla schiena, e nascoste in un'unica fossa ricoperta
con strati di terra e polvere di calce: proprio l'acquisto della calce
risalente al giorno prima dell’assassinio è l’elemento di riscontro per
l’ipotesi della premeditazione.
Ma perché Angelo Izzo era in
semilibertà?
A concedergliela era stato il giudice relatore del
tribunale di sorveglianza di Palermo, Gabriella Gagliardi, anche
sulla base di una relazione presentata nel 2002 dal gruppo di
assistenza del carcere di Campobasso. In essa si sosteneva che “Angelo
Izzo è una persona ben dotata intellettualmente che punta a un
rinnovamento di se stesso”.
Con le buone note firmate dagli assistenti
sociali molisani, Izzo aveva iniziato ad usufruire di permessi dal
carcere. Gli assistenti sociali di Campobasso avevano presentato Izzo
ai colleghi di Palermo come uno “specialista nel trattamento degli
alcolisti e nell’integrazione scolastica dei bambini nomadi”.
Due anni
dopo, nell’aprile del 2004, gli psicologi del carcere di Pagliarelli, a
Palermo, avevano scritto: Izzo “è un soggetto che sembra compiere un
processo psicologico di riparazione di anni di offese arrecate,
processo indispensabile per il recupero”. E poi ancora: “Il detenuto
ha tenuto un comportamento regolare ed educato. Rispetto alle vicende
devianti denota un bisogno di condividere tutto e subito, di esternare
all'educatore e di prendere le distanze da un passato denso di vicende
aberranti”.
Ma il tentativo, peraltro
riuscito, di Izzo di presentarsi agli “esperti” come una pecorella
smarrita era cominciata già prima. Nel 2001 così Izzo si raccontava a
Luigi Di Nunzio, psichiatra carcerario di Palermo che lo aveva avuto
in cura: “Per arrivare a ridimensionare me stesso e a considerarmi un
piccolo uomo ci sono voluti molti anni. Provato dalla durezza della
carcerazione e dall’impietosa criminalizzazione da parte dell’opinione
pubblica e di settori dell’apparato giudiziario, ma sostenuto dai miei
familiari e da altre persone amiche, sono riuscito a cogliere la
bellezza di essere niente altro che un uomo fra gli altri uomini”.
Era stato Izzo, detenuto nel
carcere di Palermo, a chiedere di incontrare il professionista, che
alla fine dei colloqui prendeva atto “degli indiscutibili passi avanti
sulla via dell' autocoscienza e della revisione critica del suo
allucinante passato compiuti dal paziente”.
Insomma Izzo, al fine di ritornare
nel carcere di Campobasso dal quale era stato allontanato per la sua
violenza, era riuscito a dimostrare allo psichiatra un ravvedimento
reale, tanto che Di Nunzio, al termine del percorso di osservazione,
concludeva la sua relazione ritenendo che i giudici potessero prendere
in considerazione “senza timore l’ipotesi della concessione di un
permesso-premio di riapertura al detenuto, e ciò non solo per
consentirgli di avere nuovamente un approccio con la società libera, ma
anche per raccogliere sul suo conto ulteriori e forse ancor più
importanti elementi di valutazione in chiave trattamentale”.
Emerge così che Izzo aveva goduto
di tanti i permessi premio e mai nessun pubblico ministero, e nessuna
procura, ha fatto ricorso in Cassazione negli ultimi 15 anni per
chiedere la revoca dei provvedimenti “buonisti”.
La notizia emerge
dall'archivio informatico della Suprema Corte che registra un vuoto
totale di ricorsi, inoltrati da magistrati, in eventuale dissenso sui
trattamenti premiali per il pluriomicida. In sostanza, stando ai
terminali della Cassazione, ogni qual volta Izzo ha presentato istanza
per ottenere una detenzione più umana, subito - fin dalla prima
richiesta - gli è stato risposto di “sì”, senza che nessuno abbia poi
avuto nulla da eccepire, senza che mai il suo difensore abbia dovuto
reiterare la domanda.
Il 12 maggio 2005 Izzo spiega il
movente del suo duplice omicidio, altri due futili omicidi: la cura
delle due donne, madre e figlia, gli era stata affidata da un “pentito”
della Sacra corona unita, Giovanni Maiorano, conosciuto nel carcere di
Campobasso e con il quale doveva mettersi in affari, ma per Izzo
“quella donna (la madre) per me era diventata opprimente, ho voluto
liberarmi di lei”. La figlia sarebbe stata eliminata in quanto
testimone degli eventi.
“La presenza di Maria Carmela -
racconta Izzo - i progetti che faceva, l'idea di fuggire con me
all'estero, forse perché pensava che io potessi darle una speranza di
vita diversa: tutto questo per me era diventato oppressivo”. Giovedì
28 aprile, Maria Carmela e Valentina non erano state portate nella
villetta di Ferrazzano per essere uccise, “ma per un picnic, per
mangiare qualche panino insieme”, racconta Izzo.
La ricorrente idea di
uccidere la donna - sicuramente già coltivata, avendo procurato anche
la calce per distruggere i corpi - si sarebbe manifestata
all'improvviso, soffocando prima Maria Carmela, e quindi la piccola
Valentina “poiché seguiva sempre la mamma ed era diventata così una
scomoda testimone”. La tragica sequenza vede poi Izzo, con il concorso
di Luca Palaia, chiudere i corpi ammanettati in due sacchi di plastica
(Valentina sarebbe stata spogliata perché si era ricordato che la
calce agisce meglio se non ci sono vestiti) e seppellirli nella buca
scavata in giardino.
Ed ecco la ricostruzione
cronologica del duplice delitto fatta dallo stesso Izzo:
il
massacratore del Circeo dice di aver chiamato Maria Carmela Maiorano in
cucina, di averla fatta distendere e di averla soffocata infilandole
la testa in una busta di plastica. Izzo avrebbe a quel punto chiamato
nella stanza Luca Palaia e gli avrebbe chiesto di tenere sotto
controllo il corpo. Lui sarebbe andato in un’altra parte della villetta
per eliminare la piccola Valentina. “Guido Palladino - aggiunge Izzo -
è arrivato quando tutto era già concluso”.
Izzo fa anche un riferimento a
quanto accaduto trent'anni prima al Circeo:
“Volevo portarle via nel
portabagagli dell'auto, proprio come avvenne con Rosaria e Donatella
alla villa di Ghira. Poi ci ho ripensato”. Un racconto che viene
smentito dai fatti. Non un delitto d’impeto, ma un duplice delitto
premeditato: lo stesso Izzo, giorni prima, aveva comprato la calce che
voleva depositare sui corpi delle due donne prima di sotterrarle.
Davanti ai magistrati che lo
interrogano Izzo racconta di aver puntato la pistola contro Palaia e di
avergli ordinato: “Esci in giardino e scava una buca”.
Il 12 gennaio 2007 arriva la prima
condanna, un nuovo ergastolo. Izzo ascolta impassibile la sentenza
letta dal Gup del Tribunale di Campobasso, Stefano Calabria. Il
processo si è svolto con rito abbreviato e a porte chiuse. Il giudice
accoglie la richiesta del carcere a vita avanzata dal pubblico
ministero, Rita Caracuzzo.
Dal processo sono emerse diverse
novità. La moglie di Maiorano si era trasferita con la figlia a
Ferrazzano, dove avrebbe dovuto aprire un ristorante in societa' con
Izzo, investendo i soldi del marito. Secondo Izzo, lui e Maria Carmela
erano diventati amanti. Una circostanza smentita da Maiorano, il quale
era convinto che Izzo fosse omosessuale (“altrimenti non gliele avrei
affidate”). La relazione con “quella donna mi asfissiava, voleva
fuggire con me”, ha ribadito Izzo. “Era diventata opprimente”. Mentre
Valentina era “una scomoda testimone'”.
Nella vicenda sono coinvolti anche
Luca Palaia - imputato in un processo con rito ordinario per concorso
nel delitto - e Giovanni Palladino, il quale ha patteggiato due anni e
tre mesi per l'aiuto dato nel tentativo di nascondere i cadaveri. Sul
viso della ragazza furono trovate tracce organiche di Izzo, che hanno
motivato le accuse di violenza sessuale rivolte dal pm.
Il 31 maggio 2007, nel corso del
processo a Palaia, Izzo racconta nei dettagli l’assassinio delle due
donne. Ecco alcuni estratti della sua confessione durata tre ore: “Era
mia complice a tutti gli effetti, ma cominciò a rompermi le scatole.
Gli dava fastidio persino il fatto che io davo i soldi a Palaia. Ho
cercato di farle avere una casa, di aiutarla, loro invece mi stavano
addosso. Ho cercato di risolvere la questione con le buone, voleva
scappare con me, sapeva della mia attività criminale. Io mi trovavo in
una posizione tale da poter essere ricattato da queste persone, sono
impazzito. In quel periodo stavo organizzando tre o quattro omicidi e
così le ho buttate in questo discorso qua”.
“Avevo accumulato un certo rancore
- prosegue Izzo - una certa rabbia nei loro confronti. Avevo pensato
in un primo momento di ucciderle a Cercemaggiore, in una casa diroccata
vicino a Campobasso. Le volevo sparare lì. Poi le cose sono andate
diversamente”.
“Palaia sapeva che dovevamo andare
a fare dei sopralluoghi, forse a Roma, per le attività criminali che
avevo in mente. Intendiamoci, lui non è un angioletto, sapeva che io
facevo attività criminali, ma non sapeva che volessi ammazzare due
persone. L’idea di farlo alla villa è nata all’ultimo minuto. Gli ho
detto che dovevamo accompagnarle all’aeroporto, ma prima dovevamo
passare alla villa perché dovevo prendere dei soldi. Luca in un primo
momento ha collaborato, poi ha cominciato a sbandare. Ho messo il
laccio emostatico a Maria Carmela, lei ha cominciato ad agitarsi, le ho
legato mani e piedi con lo scotch. Luca all'inizio mi passava le cose
poi si è messo paura. Non vedevo l’ora di levarmele dalle scatole.
Luca era seduto, era pallido e allora ho pensato ‘questo qui non è
Gianni Guido, non ha niente di lui’. Le ho impacchettate, gli ho dato
un calcio e ho colpito Maria Carmela con il calcio della pistola. Poi
ho ammanettato la ragazzina. Luca tremava, era in stato di precollasso.
L’ho abbracciato gli ho dato uno schiaffo, volevo tranquillizzarlo.
‘Stai calmo, non è successo niente’. Io avevo guanti e lui no, è la
prova che lui non sapeva”.
“A Maria Carmela - aggiunge - ho
detto di sdraiarsi perchè dovevo perquisirla, poi l’ho ammanettata e
impacchettata, infine mi ci sono seduto sopra. Valentina non si è
accorta di nulla e quindi mi sono dedicato a lei. L’ho ammanettata,
imbavagliata, spogliata, infine l’ho impacchettata. Gran parte della
cosa l’ho fatta io. Luca mi ha aiutato dopo, a seppellirle. Ha scavato
per un paio d’ore, io ho fatto finta di aiutarlo. La piccola era
innocente e mi dispiace averla dovuta ammazzare. Mi era già successo
tanti anni fa quando abbiamo ammazzato un boss e siccome con lui c’era
la moglie abbiamo dovuto uccidere pure lei”.
Il 4 marzo 2008 l’ergastolo per Izzo viene confermato in appello.
La giustizia, si sa, è lenta, ma è
quasi immobile quando deve giudicare se stessa. Il 14 marzo 2008,
quattro anni dopo la concessione della semilibertà a Izzo, la sezione
disciplinate del Consiglio superiore della magistratura infligge una
lieve sanzione, l’ammonizione, ai giudici palermitani Pietro
Cavarretta e Gabriella Gagliardi, colpevoli di “lesione del prestigio
dell’ordine giudiziario” per aver omesso di valutare, nell’emettere il
loro provvedimento, gli elementi negativi che risultavano dal fascicolo
e che avevano spinto il giudice di sorveglianza di Campobasso e il
Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ad allontanare Izzo dal
Molise.
Le motivazioni della condanna
della sezione disciplinare spiegano che i due giudici meritano la
sanzione non per la decisione in sé (la semilibertà), ma per “non aver
considerato in alcun modo” e addirittura “ignorato”, al punto che
nella loro pronuncia non ne fanno alcuna menzione, la circostanza che i
colleghi di Campobasso e il Dap avevano disposto l'allontanamento di
Izzo dal carcere molisano; insomma per aver omesso di compiere una
valutazione che era invece “imprescindibile”. I giudici di Palermo si
erano difesi sostenendo che nel provvedimento dei colleghi del Molise
si affermava soltanto la pericolosità della permanenza di Izzo nel
carcere di Campobasso senza spiegarne le ragioni.
“Il fatto storico
che Izzo aveva trasgredito gli obblighi'' legati alla concessione di un
precedente permesso “era nel fascicolo del detenuto, come pure la
diagnosi di pericolosità del tribunale molisano - nota la sezione
disciplinare - I giudici palermitani, in definitiva, sapevano, ovvero
non potevano ignorare, che Izzo era stato rimosso dal Molise perché
ritenuto pericoloso, in quanto ivi collocato, quando, undici mesi dopo
soltanto, lo rimandavano in regime di semilibertà in quella regione”.
L’11 novembre del 2008 si
apprendono nuovi particolari sui “premi” carcerari concessi a Izzo:
almeno 40 permessi di uscita dal carcere di Campobasso. Inoltre - per
sua stessa ammissione - Izzo aveva disposizione dieci cellulari.
Il 20 novembre 2008 la Cassazione rende definitiva la condanna all’ergastolo per il duplice omicidi odi Ferrazzano.
Il 5 dicembre dello stesso anno,
nelle motivazioni,la Cassazione scrive che una “lucida volontà
manipolatrice” ha portato Angelo Izzo, prima ad ottenere la semilibertà
e poi a compiere poi altri due omicidi.
Il 15 aprile 2009 la Cassazione
conferma la sanzione disciplinare dell’ammonimento ai due magistrati
del Tribunale di sorveglianza di Palermo.
Otto mesi dopo, il 15 dicembre,
l’'Italia viene condannata dalla Corte dei diritti dell'uomo di
Strasburgo perché ritenuta responsabile della morte di Maria Carmela e
Valentina Maiorano. Secondo Strasburgo, sbagliarono i giudici a
concedere la semilibertà a Izzo, senza indagare più a fondo sulle
responsabilità. Sentenza confermata il 1° aprile 2010.
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