lunedì 20 gennaio 2014

Dopo il massacro al Circeo Izzo uccide ancora


Il 30 aprile 2005 Angelo Izzo viene arrestato a Campobasso. Si trovava in libertà vigilata. Con lui vengono arrestati anche Luca Palaia e Guido Palladino. L’accusa è di aver ucciso due donne.
Il 3 maggio Izzo crolla e confessa, questa volta veri reati. E’ stato lui ad uccidere Maria Carmela Maiorano, 48 anni, e la figlia quattordicenne Valentina. Ma nega di averle violentate.
I cadaveri delle due donne sono stati trovati sepolti nel prato di un villino di Ferrazzano (Campobasso) dove Izzo si recava dopo aver ottenuto la semilibertà.
L’autopsia rivela quale causa della morte l'asfissia da soffocamento conseguente all’occlusione delle vie aeree con un sacchetto di plastica sigillato con nastro adesivo da imballaggio. Sul corpo di Maria Carmela Maiorano sono presenti anche ematomi alla testa e alla gamba sinistra. Su quello di Valentina c'è un graffio alla spalla sinistra.

La donna e la ragazza - madre e figlia dell’ex “collaboratore di giustizia” pugliese Giovanni Maiorano - erano entrambe chiuse in sacchi di plastica verdi, ammanettate con le braccia dietro alla schiena, e nascoste in un'unica fossa ricoperta con strati di terra e polvere di calce: proprio l'acquisto della calce risalente al giorno prima dell’assassinio è l’elemento di riscontro per l’ipotesi della premeditazione.

Ma perché Angelo Izzo era in semilibertà? 
A concedergliela era stato il giudice relatore del tribunale di sorveglianza di Palermo, Gabriella Gagliardi, anche sulla base di una relazione presentata nel 2002 dal gruppo di assistenza del carcere di Campobasso. In essa si sosteneva che “Angelo Izzo è una persona ben dotata intellettualmente che punta a un rinnovamento di se stesso”.
Con le buone note firmate dagli assistenti sociali molisani, Izzo aveva iniziato ad usufruire di permessi dal carcere. Gli assistenti sociali di Campobasso avevano presentato Izzo ai colleghi di Palermo come uno “specialista nel trattamento degli alcolisti e nell’integrazione scolastica dei bambini nomadi”.
Due anni dopo, nell’aprile del 2004, gli psicologi del carcere di Pagliarelli, a Palermo, avevano scritto: Izzo “è un soggetto che sembra compiere un processo psicologico di riparazione di anni di offese arrecate, processo indispensabile per il recupero”. E poi ancora: “Il detenuto ha tenuto un comportamento regolare ed educato. Rispetto alle vicende devianti denota un bisogno di condividere tutto e subito, di esternare all'educatore e di prendere le distanze da un passato denso di vicende aberranti”.

Ma il tentativo, peraltro riuscito, di Izzo di presentarsi agli “esperti” come una pecorella smarrita era cominciata già prima. Nel 2001 così Izzo si raccontava a Luigi Di Nunzio, psichiatra carcerario di Palermo che lo aveva avuto in cura: “Per arrivare a ridimensionare me stesso e a considerarmi un piccolo uomo ci sono voluti molti anni. Provato dalla durezza della carcerazione e dall’impietosa criminalizzazione da parte dell’opinione pubblica e di settori dell’apparato giudiziario, ma sostenuto dai miei familiari e da altre persone amiche, sono riuscito a cogliere la bellezza di essere niente altro che un uomo fra gli altri uomini”.
Era stato Izzo, detenuto nel carcere di Palermo, a chiedere di incontrare il professionista, che alla fine dei colloqui prendeva atto “degli indiscutibili passi avanti sulla via dell' autocoscienza e della revisione critica del suo allucinante passato compiuti dal paziente”.

Insomma Izzo, al fine di ritornare nel carcere di Campobasso dal quale era stato allontanato per la sua violenza, era riuscito a dimostrare allo psichiatra un ravvedimento reale, tanto che Di Nunzio, al termine del percorso di osservazione, concludeva la sua relazione ritenendo che i giudici potessero prendere in considerazione “senza timore l’ipotesi della concessione di un permesso-premio di riapertura al detenuto, e ciò non solo per consentirgli di avere nuovamente un approccio con la società libera, ma anche per raccogliere sul suo conto ulteriori e forse ancor più importanti elementi di valutazione in chiave trattamentale”. 

Emerge così che Izzo aveva goduto di tanti i permessi premio e mai nessun pubblico ministero, e nessuna procura, ha fatto ricorso in Cassazione negli ultimi 15 anni per chiedere la revoca dei provvedimenti “buonisti”.
La notizia emerge dall'archivio informatico della Suprema Corte che registra un vuoto totale di ricorsi, inoltrati da magistrati, in eventuale dissenso sui trattamenti premiali per il pluriomicida. In sostanza, stando ai terminali della Cassazione, ogni qual volta Izzo ha presentato istanza per ottenere una detenzione più umana, subito - fin dalla prima richiesta - gli è stato risposto di “sì”, senza che nessuno abbia poi avuto nulla da eccepire, senza che mai il suo difensore abbia dovuto reiterare la domanda. 

Il 12 maggio 2005 Izzo spiega il movente del suo duplice omicidio, altri due futili omicidi: la cura delle due donne, madre e figlia, gli era stata affidata da un “pentito” della Sacra corona unita, Giovanni Maiorano, conosciuto nel carcere di Campobasso e con il quale doveva mettersi in affari, ma per Izzo “quella donna (la madre) per me era diventata opprimente, ho voluto liberarmi di lei”. La figlia sarebbe stata eliminata in quanto testimone degli eventi.

“La presenza di Maria Carmela - racconta Izzo - i progetti che faceva, l'idea di fuggire con me all'estero, forse perché pensava che io potessi darle una speranza di vita diversa: tutto questo per me era diventato oppressivo”. Giovedì 28 aprile, Maria Carmela e Valentina non erano state portate nella villetta di Ferrazzano per essere uccise, “ma per un picnic, per mangiare qualche panino insieme”, racconta Izzo.
La ricorrente idea di uccidere la donna - sicuramente già coltivata, avendo procurato anche la calce per distruggere i corpi - si sarebbe manifestata all'improvviso, soffocando prima Maria Carmela, e quindi la piccola Valentina “poiché seguiva sempre la mamma ed era diventata così una scomoda testimone”. La tragica sequenza vede poi Izzo, con il concorso di Luca Palaia, chiudere i corpi ammanettati in due sacchi di plastica (Valentina sarebbe stata spogliata perché si era ricordato che la calce agisce meglio se non ci sono vestiti) e seppellirli nella buca scavata in giardino.

Ed ecco la ricostruzione cronologica del duplice delitto fatta dallo stesso Izzo:
il massacratore del Circeo dice di aver chiamato Maria Carmela Maiorano in cucina, di averla fatta distendere e di averla soffocata infilandole la testa in una busta di plastica. Izzo avrebbe a quel punto chiamato nella stanza Luca Palaia e gli avrebbe chiesto di tenere sotto controllo il corpo. Lui sarebbe andato in un’altra parte della villetta per eliminare la piccola Valentina. “Guido Palladino - aggiunge Izzo - è arrivato quando tutto era già concluso”.

Izzo fa anche un riferimento a quanto accaduto trent'anni prima al Circeo:
“Volevo portarle via nel portabagagli dell'auto, proprio come avvenne con Rosaria e Donatella alla villa di Ghira. Poi ci ho ripensato”. Un racconto che viene smentito dai fatti. Non un delitto d’impeto, ma un duplice delitto premeditato: lo stesso Izzo, giorni prima, aveva comprato la calce che voleva depositare sui corpi delle due donne prima di sotterrarle.

Davanti ai magistrati che lo interrogano Izzo racconta di aver puntato la pistola contro Palaia e di avergli ordinato: “Esci in giardino e scava una buca”.
Il 12 gennaio 2007 arriva la prima condanna, un nuovo ergastolo. Izzo ascolta impassibile la sentenza letta dal Gup del Tribunale di Campobasso, Stefano Calabria. Il processo si è svolto con rito abbreviato e a porte chiuse. Il giudice accoglie la richiesta del carcere a vita avanzata dal pubblico ministero, Rita Caracuzzo.

Dal processo sono emerse diverse novità. La moglie di Maiorano si era trasferita con la figlia a Ferrazzano, dove avrebbe dovuto aprire un ristorante in societa' con Izzo, investendo i soldi del marito. Secondo Izzo, lui e Maria Carmela erano diventati amanti. Una circostanza smentita da Maiorano, il quale era convinto che Izzo fosse omosessuale (“altrimenti non gliele avrei affidate”). La relazione con “quella donna mi asfissiava, voleva fuggire con me”, ha ribadito Izzo. “Era diventata opprimente”. Mentre Valentina era “una scomoda testimone'”.
Nella vicenda sono coinvolti anche Luca Palaia - imputato in un processo con rito ordinario per concorso nel delitto - e Giovanni Palladino, il quale ha patteggiato due anni e tre mesi per l'aiuto dato nel tentativo di nascondere i cadaveri. Sul viso della ragazza furono trovate tracce organiche di Izzo, che hanno motivato le accuse di violenza sessuale rivolte dal pm. 

Il 31 maggio 2007, nel corso del processo a Palaia, Izzo racconta nei dettagli l’assassinio delle due donne. Ecco alcuni estratti della sua confessione durata tre ore: “Era mia complice a tutti gli effetti, ma cominciò a rompermi le scatole. Gli dava fastidio persino il fatto che io davo i soldi a Palaia. Ho cercato di farle avere una casa, di aiutarla, loro invece mi stavano addosso. Ho cercato di risolvere la questione con le buone, voleva scappare con me, sapeva della mia attività criminale. Io mi trovavo in una posizione tale da poter essere ricattato da queste persone, sono impazzito. In quel periodo stavo organizzando tre o quattro omicidi e così le ho buttate in questo discorso qua”.
“Avevo accumulato un certo rancore - prosegue Izzo - una certa rabbia nei loro confronti. Avevo pensato in un primo momento di ucciderle a Cercemaggiore, in una casa diroccata vicino a Campobasso. Le volevo sparare lì. Poi le cose sono andate diversamente”.
“Palaia sapeva che dovevamo andare a fare dei sopralluoghi, forse a Roma, per le attività criminali che avevo in mente. Intendiamoci, lui non è un angioletto, sapeva che io facevo attività criminali, ma non sapeva che volessi ammazzare due persone. L’idea di farlo alla villa è nata all’ultimo minuto. Gli ho detto che dovevamo accompagnarle all’aeroporto, ma prima dovevamo passare alla villa perché dovevo prendere dei soldi. Luca in un primo momento ha collaborato, poi ha cominciato a sbandare. Ho messo il laccio emostatico a Maria Carmela, lei ha cominciato ad agitarsi, le ho legato mani e piedi con lo scotch. Luca all'inizio mi passava le cose poi si è messo paura. Non vedevo l’ora di levarmele dalle scatole. Luca era seduto, era pallido e allora ho pensato ‘questo qui non è Gianni Guido, non ha niente di lui’. Le ho impacchettate, gli ho dato un calcio e ho colpito Maria Carmela con il calcio della pistola. Poi ho ammanettato la ragazzina. Luca tremava, era in stato di precollasso. L’ho abbracciato gli ho dato uno schiaffo, volevo tranquillizzarlo. ‘Stai calmo, non è successo niente’. Io avevo guanti e lui no, è la prova che lui non sapeva”.
“A Maria Carmela - aggiunge - ho detto di sdraiarsi perchè dovevo perquisirla, poi l’ho ammanettata e impacchettata, infine mi ci sono seduto sopra. Valentina non si è accorta di nulla e quindi mi sono dedicato a lei. L’ho ammanettata, imbavagliata, spogliata, infine l’ho impacchettata. Gran parte della cosa l’ho fatta io. Luca mi ha aiutato dopo, a seppellirle. Ha scavato per un paio d’ore, io ho fatto finta di aiutarlo. La piccola era innocente e mi dispiace averla dovuta ammazzare. Mi era già successo tanti anni fa quando abbiamo ammazzato un boss e siccome con lui c’era la moglie abbiamo dovuto uccidere pure lei”. 

Il 4 marzo 2008 l’ergastolo per Izzo viene confermato in appello.
La giustizia, si sa, è lenta, ma è quasi immobile quando deve giudicare se stessa. Il 14 marzo 2008, quattro anni dopo la concessione della semilibertà a Izzo, la sezione disciplinate del Consiglio superiore della magistratura infligge una lieve sanzione, l’ammonizione, ai giudici palermitani Pietro Cavarretta e Gabriella Gagliardi, colpevoli di “lesione del prestigio dell’ordine giudiziario” per aver omesso di valutare, nell’emettere il loro provvedimento, gli elementi negativi che risultavano dal fascicolo e che avevano spinto il giudice di sorveglianza di Campobasso e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ad allontanare Izzo dal Molise. 
Le motivazioni della condanna della sezione disciplinare spiegano che i due giudici meritano la sanzione non per la decisione in sé (la semilibertà), ma per “non aver considerato in alcun modo” e addirittura “ignorato”, al punto che nella loro pronuncia non ne fanno alcuna menzione, la circostanza che i colleghi di Campobasso e il Dap avevano disposto l'allontanamento di Izzo dal carcere molisano; insomma per aver omesso di compiere una valutazione che era invece “imprescindibile”. I giudici di Palermo si erano difesi sostenendo che nel provvedimento dei colleghi del Molise si affermava soltanto la pericolosità della permanenza di Izzo nel carcere di Campobasso senza spiegarne le ragioni.

 “Il fatto storico che Izzo aveva trasgredito gli obblighi'' legati alla concessione di un precedente permesso “era nel fascicolo del detenuto, come pure la diagnosi di pericolosità del tribunale molisano - nota la sezione disciplinare - I giudici palermitani, in definitiva, sapevano, ovvero non potevano ignorare, che Izzo era stato rimosso dal Molise perché ritenuto pericoloso, in quanto ivi collocato, quando, undici mesi dopo soltanto, lo rimandavano in regime di semilibertà in quella regione”. 

L’11 novembre del 2008 si apprendono nuovi particolari sui “premi” carcerari concessi a Izzo: almeno 40 permessi di uscita dal carcere di Campobasso. Inoltre - per sua stessa ammissione - Izzo aveva disposizione dieci cellulari. 

Il 20 novembre 2008 la Cassazione rende definitiva la condanna all’ergastolo per il duplice omicidi odi Ferrazzano. 

Il 5 dicembre dello stesso anno, nelle motivazioni,la Cassazione scrive che una “lucida volontà manipolatrice” ha portato Angelo Izzo, prima ad ottenere la semilibertà e poi a compiere poi altri due omicidi. 

Il 15 aprile 2009 la Cassazione conferma la sanzione disciplinare dell’ammonimento ai due magistrati del Tribunale di sorveglianza di Palermo.
Otto mesi dopo, il 15 dicembre, l’'Italia viene condannata dalla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo perché ritenuta responsabile della morte di Maria Carmela e Valentina Maiorano. Secondo Strasburgo, sbagliarono i giudici a concedere la semilibertà a Izzo, senza indagare più a fondo sulle responsabilità. Sentenza confermata il 1° aprile 2010.

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