Articolo di Mariagrazia Rossilli
Perché occorre parlare dei diritti delle donne come insieme di diritti particolari rispetto ai diritti umani in generale?
Quando si parla di diritti umani in generale ci si riferisce ai diritti di uomini e donne. La necessità di riferirsi in particolare ai diritti delle donne come diritti specifici discende, oltre che dal riconoscimento della loro differenza inseparabile dal riconoscimento del loro diritto all’uguaglianza, anche da altri tipi di considerazioni.
Va ricordato, infatti, che in passato, come ancora oggi in molte parti del mondo, alle donne non sono stati garantiti diritti uguali a quelli degli uomini. Le donne non potevano votare, non potevano (e, in molte parti del mondo, non possono) esercitare alcune professioni, erano (e, in molte parti del mondo, sono) in posizione subordinata rispetto al marito all’interno della famiglia, non avevano (e, in molte parti del mondo, non hanno) diritto alla proprietà della terra, all’eredità ecc.
Molte discriminazioni sono cadute in molti paesi, ma molte altre permangono sicché l’uguaglianza è ancora un obiettivo da conquistare, che si tratti di uguaglianza formale o di uguaglianza sostanziale come nei nostri paesi del Nord del mondo.
La tutela dei diritti umani delle donne ha ricevuto un impulso significativo grazie agli strumenti internazionali e all’impegno profuso dalle Nazioni Unite nel loro riconoscimento e nell’elevamento dei relativi standard.
A partire dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo del 1948 fino al recente Protocollo aggiuntivo alla Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, i diritti delle donne sono stato oggetti di un lento processo di espansione e ridefinizione.
Sia la Dichiarazione Universale del 1948 che i successivi patti attuativi sui diritti civili e politici e su quelli economici sociali e culturali, sancendo il divieto di discriminazione di sesso e l’uguaglianza di diritti individuali di uomini e donne, formulano i diritti in
modo quanto più possibile neutro, sì che le violazioni possano essere
parimenti perseguite nel caso che la vittima sia donna o uomo.
Successivamente la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Convention for the Elimination of all forms of Discrimination Against Women-Cedaw) approvata nel 1979 ha costituito la più estesa carta mondiale dei diritti delle donne e stabilito gli standard di uguaglianza a cui si riferiscono le donne del mondo.
Identificando le discriminazioni più evidenti in tutte le principali aree di diritti civili economici sociali e politici, essa impegna gli Stati membri ad eliminarle e a promuovere, in aggiunta, l’uguaglianza di opportunità attraverso misure positive.
Nonostante sia una delle Convenzioni più ratificate dagli Stati (179 ratifiche), le riserve, le inadempienze e le violazioni sono così generalizzate che si è reso necessario aggiungervi un Protocollo opzionale, che, dalla sua entrata in vigore nel 2001, consente ad associazioni non governative e ad individui di denunciare le violazioni esistenti nei diversi stati alla apposita Commissione, la quale è, a sua volta, abilitata a condurre indagini sul caso e a formulare raccomandazioni al governo responsabile.
Fino alla Conferenza di Vienna del 1993, i diritti umani garantiti dalla Dichiarazione Universale e dalle principali Convenzioni Onu sono stati, tuttavia, interpretati in modo tale che le violazioni dei diritti delle donne che avvengono in famiglia tra "privati" individui sono state rese invisibili e considerate come al di là della supervisione dello stato.
A questo proposito ha scritto Charlotte Bunch (Executive Director of the Center for Women's Global Leadership):
“Ovviamente i diritti umani delineati dalla Dichiarazione Universale sono intesi come applicati alle donne. Tuttavia, la tradizione, il pregiudizio, l'interesse sociale, economico e politico si sono combinati per escludere le donne dalla definizione prevalente della "generalità" dei diritti umani, ed hanno relegato le donne a significanti di un interesse "secondario" o "specifico" all'interno del quadro. Tale marginalizzazione delle donne nel mondo dei diritti umani si è originata come riflesso dell'ineguaglianza di genere nel mondo ed ha un terribile impatto sulle vite delle donne. Essa ha contribuito a perpetuare, e financo a condonare, uno status subordinato femminile.”
Una delle ragioni che ha marginalizzato le donne rispetto al meccanismo internazionale dei diritti umani e che ha indebolito la loro cittadinanza è la divisione "pubblico"/"privato". Poiché la sfera "pubblica" è considerata come il focus dell'interazione fra Stato e cittadini, l'abuso in tale relazione è stato considerato al centro della tutela dei diritti umani. Perciò, per quei cittadini - in maggioranza maschi - che predominano nei regni
del "pubblico" la preoccupazione primaria si è rivolta agli abusi dei
diritti civili e politici a cui essi sono più spesso vulnerabili, quali
la violazione del diritto di parola, la detenzione arbitraria, la
tortura durante la detenzione, l'esecuzione sommaria.
Nel mentre le donne hanno potuto appellarsi alla macchina internazionale dei diritti umani quando si sono trovate in situazioni simili, alcune delle loro esperienze, specificatamente legate al genere hanno avuto scarsa visibilità all'interno della definizione prevalente di "abuso". Questo perché le donne sono tradizionalmente intese come legate alla sfera "privata", concernente la casa e la famiglia ed il cittadino "tipico" viene descritto come maschio: la nozione dominante di abuso dei diritti umani ha avuto implicitamente l’uomo come archetipo.
Il genere è un fattore significativo nelle decisioni dei governi di intervenire in quella che si definisce la sfera "privata" allo scopo di perseguire le violazioni dei diritti umani. I governi hanno ignorato abusi perpetrati sul corpo delle donne da parte dei maschi della loro famiglia, come la violenza domestica o il confinamento o lo stupro coniugale, persino dove esistono leggi che proibiscono tali abusi.
Le violazioni dei diritti umani delle donne compiute all’interno della famiglia, magari anche in nome della religione e della cultura, sono state occultate dalla santità della sfera cosiddetta "privata".
Solo dall’approccio nuovo e dalla riconcettualizzazione operata nella Conferenza Mondiale sui Diritti Umani di Vienna (1993) che nella Dichiarazione conclusiva afferma esplicitamente, per la prima volta nella storia, che "i diritti umani delle donne e delle bambine sono un'inalienabile, integrale ed indivisibile parte dei diritti umani universali", scaturisce il riconoscimento delle forme specifiche di violenza contro le donne come violazione dei loro diritti umani.
Dalla Dichiarazione della Conferenza di Vienna del 1993 e dalla Dichiarazione contro la violenza sulle donne, votata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite in quello stesso anno, fino all’inclusione tra i crimini contro l’umanità, perseguibili della Corte Penale Internazionale (1998), delle violenze di massa e sistematiche, come lo stupro etnico, la gravidanza forzata, la tratta finalizzata allo sfruttamento sessuale, la lotta alla violenza contro le donne è diventata il terreno su cui sperimentare una nuova dimensione dei diritti umani.
Sulla scia dell’affermazione della Dichiarazione di Vienna sull’indivisibilità dei diritti umani delle donne, il Programma d'azione della IV Conferenza Mondiale delle Donne di Pechino (1995) riconoscendo i diritti sessuali e riproduttivi delle donne come parte integrante dei loro diritti fondamentali, rappresenta un punto d’arrivo carico di potenzialità e promesse, purtroppo ampiamente tradite sia nella implementazione da parte di molti governi nazionali che negli stessi Programmi d’Azione approvati nelle successive Conferenze di Pechino+5 e Pechino+10.
Nel corso degli anni ’90, quindi, si è venuta affermando l’idea che per la tutela dei diritti delle donne non è sufficiente il divieto di discriminazione di sesso e il riconoscimento dell'uguaglianza dei diritti, sanciti nella Dichiarazione Universale e nei successivi trattati, ma occorre anche garantire i diritti umani propri delle donne in quanto differenti nei loro corpi e nella loro soggettività e rileggere in una prospettiva di genere i diritti umani e le libertà fondamentali.
L’idea dell’integrazione della prospettiva di genere (gender mainstreaming),
mentre ha fatto parecchia strada all’interno delle politiche per lo
sviluppo delle Nazioni Unite sì da sfruttare al meglio le risorse umane
femminili a fini di crescita economica, stenta, tuttavia, ad affermarsi
con altrettanta forza nell’ambito delle garanzie dei diritti umani. Su
questo cambiamento di prospettiva continuano a lavorare esperte ed
attiviste di organizzazioni femminili e femministe impegnate negli
organismi internazionali e nel movimento internazionale per i diritti
umani delle donne.
Le
pressioni politiche e le lotte di queste donne, che hanno prodotto
l’approccio innovativo degli anni ’90, rappresentano la punta di iceberg
della diffusa mobilitazione e dei numerosi movimenti di donne che
lottano per l’affermazione dei diritti umani nei diversi paesi.
Riconcettualizzando la differenza di sesso-genere e liberandola da
visioni essenzialiste e identitarie e sforzandosi, altresi’, di
affrontare le differenze tra le donne, questi movimenti hanno
contribuito a far emergere nell’orizzonte politico internazionale una
rinnovata visione di universalismo dei diritti che sfida anche la
pretesa che i diritti umani delle donne possano essere limitati o
sacrificati dal rispetto di pratiche religiose o di tradizioni culturali
relative al ruolo femminile nella società.
In
opposizione alle forme di relativismo etico che, sulla base
dell’essenzializzazione delle differenze culturali e della
rivendicazione dei diritti culturali collettivi della comunità
d’appartenenza, arriva a legittimare le più gravi violazioni dei diritti
individuali delle donne e finanche le più orribili violenze sul loro
corpo (mutilazioni genitali femminili), si sta facendo strada a livello
internazionale una nozione di universalismo in grado di essere
compatibile con alcune diversita’ culturali e religiose salvaguardando
un comun denominatore basilare di diritti e libertà fondamentali.
La
formulazione dei diritti umani delle donne a partire sia dalla
differenza del corpo femminile che dalla rilettura dei diritti umani
universali attraverso la prospettiva di genere, lungi dall’obliterare la
specificità di questa differenza, assimilandola a qualsiasi altra
diversità culturale o sociale, rappresenta una via maestra per estendere
e ripensare l’ universalismo dei diritti.
L'integrazione
dei diritti delle donne nel sistema dei diritti umani opera, infatti,
come fattore critico di decostruzione del modello maschile che ha
improntato formulazione e interpretazione dei diritti, consentendo di
rivisitare il rapporto tra uguaglianza e differenza e
di recuperare per questa via universalismo giuridico e orizzonte della differenza di sesso-genere.
Ad
onta dei progressi, la strada per il rispetto dei diritti umani delle
donne rimane ancora lunga e tutta in salita, non solo nei paesi meno
sviluppati, ma anche nel cuore della civilissima Europa. Basti pensare
alle violazioni dei diritti fondamentali delle donne che avvengono in
Europa, come le percentuali di donne che subiscono violenze domestiche
nei paesi dell’UE (una su cinque nella media UE) drammaticamente ci
ricordano.
Benché
tanto rimanga da fare perché il rispetto dei diritti umani divenga
realtà nell’intero pianeta, l’elaborazione attraverso trattati
internazionali di standard di diritti civili politici economici sociali e
culturali ha fornito e fornisce alle donne del mondo strumenti e
linguaggi per rivendicare anche a livello nazionale il soddisfacimento
dei propri bisogni e, innanzi tutto, il rispetto della propria dignità e
libertà.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Pitch T, “Libertà femminile e politica” in Giovanna Fiume (a cura di ) Donne diritti democrazia XL edizioni, 2007
Rossi Doria A., “Diritti delle donne e
diritti umani” in AAVV, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
10 dicembre 1948 Ediesse , Roma 2006 pp. 63-94.
Bunch Charlotte, I DIRITTI UMANI DELLE DONNE (allegato)
Moller Okin S, Diritti delle donne e multiculturalismo, Raffaello Cortina Editore, 2007
Brunelli G, Donne e politica Il Mulino 2006.
• DOCUMENTI:
-CONVENZIONE PER L’ELIMINAZIONE DI TUTTE LE FORME DI DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE
-DICHIARAZIONE E PROGRAMMA D’AZIONE
ADOTTATI DALLA QUARTA CONFERENZA MONDIALE DELLE DONNE, PECHINO 1995-
Presidenza del Consiglio dei Ministri