domenica 30 giugno 2013

I diritti internazionali delle donne

"Il capitale umano è equamente distribuito tra i due sessi. Solo, alle donne non era concesso di utilizzare il proprio". (Rita Levi Montalcini)

Introduzione
Tre quinti del miliardo di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà sono donne. Dei 960 milioni di analfabeti, due terzi sono donne, ragazze e bambine. Ogni giorno 1.600 donne e più di 10.000 neonati perdono la vita per cause legate alla gravidanza e al parto. 1 donna su 5 nel mondo ha subito una qualche forma di violenza.
I dati del rapporto Lo stato della popolazione nel mondo 2008 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), intitolato quest’anno Punti di convergenza: cultura, genere e diritti umani), chiariscono a un primo sguardo che la più persistente disparità ancora esistente è quella di genere. Ingiustizie e discriminazioni sono ancora diffuse, talvolta aggrappate a salde radici culturali, talaltra consolidate da strutture o sistemi sociali che marginalizzano le donne nella vita culturale, economica, sociale e politica. 

Sebbene la mancanza di risorse sia spesso terreno fertile per queste situazioni di ingiustizia, i diritti delle donne sono a rischio in molti paesi anche sviluppati. In diversi incontri internazionali, in particolar modo dal 1975 a oggi, governi, società civile ed enti internazionali si sono impegnati per le donne, con specifici obiettivi di uguaglianza e tutela dei diritti. Eppure i progressi appaiono troppo lenti su ogni fronte: diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale, all'eguaglianza e a fondare una famiglia, accesso all'informazione e all'istruzione, assistenza sanitaria e, ancora, riconoscimento professionale e partecipazione alla vita politica.

Disparità nel mondo
Una importante prospettiva di osservazione è offerta dal Gender Gap Report 2008 (in .pdf), lo studio del World Economic Forum sulle disparità di genere nel mondo che analizza la situazione delle pari opportunità in 130 paesi, che rappresentano il 90% della popolazione mondiale [1]. I risultati indicano una globale riduzione dei divari di genere nei settori dell’economia, della politica e dell’istruzione, mentre un aumento delle disparità si registra nell’ambito della salute. In questa classifica mondiale sono i paesi del Nord Europa a mostrare il minore divario di opportunità tra uomo e donna, con Norvegia al primo posto e Finlandia, Svezia e Islanda a seguire. Chiude l’elenco, invece, lo Yemen.

Istruzione
La dipendenza delle donne è stata per lungo tempo culturale. Raggiunto e spesso superato il livello di istruzione maschile nei paesi più sviluppati, le donne nei paesi più poveri sono ancora oggi tenute in uno stato di ignoranza che preclude loro una piena coscienza della propria dignità e dei propri diritti. Il terzo degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio pone l’attenzione sulla necessità di uguaglianza, chiedendo in particolare di eliminare le differenze nelle possibilità di istruzione primaria e secondaria entro il 2005, e a tutti i livelli di istruzione entro il 2015.
Sebbene il numero di ragazze che accedono all’istruzione primaria ogni 100 ragazzi nei paesi in via di sviluppo sia cresciuto da 87 a 94 fra il 1990 e il 2005, il Report Onu 2008 sugli Obiettivi del Millennio (in .pdf) rivela che 113 paesi non hanno raggiunto la parità in questo campo.
Le percentuali più basse si registrano in aree rurali sub-sahariane dove bambine e ragazze, invece di dedicarsi alla scuola, sono costrette a occuparsi della famiglia e delle mansioni della casa, come la raccolta dell’acqua e della legna per il fuoco. Il rapporto inoltre valuta che solo 18 paesi fra questi riusciranno probabilmente a superare la disparità in tutti i livelli dell’istruzione entro il 2015.

Salute e sopravvivenza al femminile
Salute e sopravvivenza, sempre secondo il Global Gender Gap Report 2008 (in .pdf), si distinguono fra i parametri più critici di disuguaglianza a scapito delle donne. I maggiori divari si registrano in Asia: in particolare in Cina, India, Azerbaijan e Armenia. Buona la situazione in America Latina (dove molti paesi tra cui Argentina, Brasile, Cile e Messico sono a pari merito con alcuni stati europei come Austria, Finlandia, Francia, Lettonia e Slovacchia) e punteggi alti per alcuni paesi africani, come Angola, Gambia, Lesoto, Madagascar, Mauritania, Mauritius e Yemen. In molte parti dell’Africa e del Sud Asia, l’aspettativa di vita delle giovani donne resta in ogni caso a livelli dell’Europa medievale.
L’edizione 2009 della pubblicazione conferma che la maternità rimane uno dei più gravi rischi per le donne nei paesi meno sviluppati, dove risulta 300 volte più probabile morire durante il parto o per complicazioni legate alla gravidanza. Su questo punto si concentra il quinto Obiettivo del Millennio, che prefigge di ridurre del 75% la mortalità materna entro il 2015. L’impegno per la salute riproduttiva delle donne si esplica in un’assistenza sanitaria sicura e nel diritto alla pianificazione familiare e l’interruzione di gravidanza.
Human Rights Watch stima che 20 milioni di aborti insicuri hanno luogo ogni anno a causa della criminalizzazione della pratica in molte regioni del mondo. Le donne, per ragioni biologiche, culturali, economiche e religiose, sono infine più esposte al contagio di Aids e Hiv e alle discriminazioni conseguenti.

Donne e lavoro
Sono un miliardo e duecento milioni le donne che lavorano nel mondo. Nonostante nell’ultimo decennio il numero di lavoratrici sia lievitato quasi del 20% (dal 1997 a oggi 200 milioni unità in più), non sembrano però essere migliorate le condizioni femminili nel mercato del lavoro [LAVORO]. Come mette in evidenza dal rapporto "Le Tendenze Globali dell'Occupazione Femminile" (in .pdf), presentato nel marzo 2008 dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, le donne restano per lo più confinate nei settori meno produttivi, sopportano maggiori rischi economici e sono private di protezione sociale e diritti fondamentali.
"Le donne continuano a entrare nella forza lavoro in gran numero. Questo progresso non deve tuttavia far passare inosservate le grandi ingiustizie che continuano a esistere nei posti di lavoro di tutto il mondo" - ha ammonito il direttore generale dell’ILO, Juan Somavia.
Nell'ultimo decennio è scesa in ogni caso (dal 56,1 al 51,7%) la quota di donne impiegate in posizioni vulnerabili, ma il fenomeno rimane particolarmente acuto soprattutto nelle regioni più povere del mondo - con percentuali che superano l'80% in aree come l'Africa sub-sahariana e l'Asia del Sud. Qui manca spesso qualsiasi forma di riconoscimento e retribuzione per le donne nonostante rappresentino una forza determinante nei processi di sviluppo e produzione della ricchezza. 
Di contro, nei Paesi industrializzati, essere a un livello culturale più elevato di quello degli uomini il più delle volte corrisponde a un lavoro di livello più basso e meno retribuito.

Disuguaglianza e tradizione
Spesso sono tradizioni culturali, esplicite o celate in leggi discriminatorie, innestate in un tessuto sociale estremamente povero, a creare il maggior ostacolo al raggiungimento dell’uguaglianza. La convinzione che le ragazze debbano lavorare piuttosto che studiare e che una donna non possa acquisire alcun diritto alla proprietà, per esempio, sono profondamente radicate in molte culture e legislazioni. Questioni legali molto problematiche sono presenti anche nei paesi islamici dove sono in vigore i dettami della legge della Sharia che governano la condizione delle donne.
Pakistan, Afghanistan e Iran mostrano diverse situazioni in cui il ruolo della donna nella società è condizionato da difficili restrizioni, pur nella contraddizione che vede nelle Università iraniane molte più donne. Un’ulteriore brutale espressione della forza di antiche norme discriminatorie si trova nell’aborto selettivo in funzione del sesso del nascituro e negli infanticidi delle bambine, tuttora diffusi in India e Cina. O, ancora, pratiche coercitive di violazione dei diritti più elementari della donne, come i matrimoni precoci o le mutilazioni genitali femminili, compiute nel rispetto di riti atavici per consacrare il passaggio alla vita adulta. 
Ancora in uso in alcuni paesi africani, nonostante le leggi che le vietano, vengono condotte spesso in condizioni igieniche discutibili, da persone senza adeguata conoscenza medica. Alla luce della grande influenza di questi retaggi, The State of World Population 2008 l’ultimo report del Fondo della Popolazione delle Nazioni Unite, ha focalizzato l’attenzione sull’importanza di strategie di sviluppo che agiscano sui valori culturali per ridurre le violazioni contro le donne e promuoverne i diritti.

Violenze
Una delle conseguenze più brutali della disuguaglianza economica, sociale, politica e culturale, è la violenza contro le donne. “Una donna su tre è maltrattata, violentata o subisce altre forme di abuso nella sua vita”, ha denunciato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, lanciando la campagna 2008 UNite to End Violence Against Women. Gli abusi - che vanno dalle violenze domestiche agli omicidi di onore – sono da considerarsi elemento integrante del modello culturale di molti paesi, più o meno avanzati, spesso in assenza di leggi e provvedimenti soddisfacenti per la tutela delle donne. A questi si sommano la pratica del traffico di donne per sesso o altre forme di sfruttamento, nate dalla combinazione di criminalità e povertà.
Infine, donne e bambine sono esposte a situazioni di pericolo e gravi violenze durante i conflitti armati. Lo stupro come arma di guerra per demolire le custodi della cultura e della stirpe.

Donne e sviluppo
Indicatori sociali ed economici mostrano che sono le donne a sopportare il peso maggiore dell’arretratezza culturale ed economica nelle comunità più povere. Nel contempo sono anche le protagoniste dei programmi di riduzione della povertà e rinascita economica di ogni paese. Come rilevato dal precedente Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, “non c’è alcuno strumento per lo sviluppo più efficace che l’educazione delle ragazze”. Per abbattere ingiuste gerarchie sociali, è necessario affiancare a questa, un identico accesso alle risorse come la salute, la terra, credito e tecnologie. La convinzione che la prospettiva di genere debba riflettersi in ogni strategia di sviluppo si fonda su una chiara evidenza del ruolo chiave nel ridurre la povertà, generare attività economica e migliorare la qualità della salute e della produttiva del nucleo familiare.

La lotta per i diritti delle donne
Nel XVIII e nel XIX secolo sono stati compiuti molti passi avanti verso l'uguaglianza di genere. I movimenti femministi hanno abbattuto molte barriere, contribuendo a vasti cambiamenti sociali e politici. Con tempi, dimensioni e modalità differenti da paese a paese, questi movimenti hanno lottato per migliorare la condizione femminile a partire dal conseguimento di diritti pari a quelli degli uomini: istruzione, cittadinanza, voto, eleggibilità e così via. 
A livello internazionale nel 1945 nel documento costitutivo delle Nazioni Unite è stata aggiunta una dichiarazione d'impegno per l'uguaglianza tra uomini e donne, ripresa poi nel 1948 nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che sancisce
(art. 2): "a ogni individuo spettano tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente Dichiarazione senza distinzione alcuna per ragioni di razze, di colore, di sesso, di lingua e di religione". 

Questo si rivelò però poco utile in termini pratici e fu necessario lottare oltre 30 anni per maturare a livello internazionale un impegno reale contro l’ingiustizia di genere. 
Nel 1967 a Città del Messico, la prima Conferenza Mondiale sulle donne riconobbe il contributo al femminile nei processi di sviluppo, dichiarando l'importanza di promuovere un cambiamento sociale ed economico.

Un reale impegno prese però forma solo nella Convenzione per l'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW), adottata nel 1979 ed entrata in vigore nel settembre del 1981. Definita la “Carta dei diritti delle donne”, è il più importante strumento internazionale, giuridicamente vincolante, in materia di diritti delle donne: specifica le aree in cui le donne sperimentano la discriminazione; indica misure per eliminare la discriminazione; impegna i paesi a emendare le loro leggi, costruire politiche nazionali di genere e creare istituzioni per perseguirle. 

A venti anni dalla sua entrata in vigore, l'Assemblea Generale dell'ONU ha poi varato il "Protocollo facoltativo della Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne" (in .pdf) (entrato in vigore nel dicembre del 2000) che definisce procedure di indagine e intervento in casi di violazione delle norme stabilite dalla Convenzione nei paesi che hanno sottoscritto il Protocollo facoltativo.

Le conferenze internazionali su donne e sviluppo, promosse dall’Onu, hanno contribuito ad accrescere la consapevolezza circa la rilevanza delle disparità di genere. Parallelamente la crescente richiesta di organismi nazionali e intergovernativi ha portato alla creazione di ministeri e commissioni specifiche sulla questione femminile in numerosi paesi, mentre nell’ambito dell’Onu hanno visto la luce il Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo delle donne (UNIFEM) e l’istituto internazionale di ricerca per il progresso delle donne (INSTRAW). 

L’impegno più concreto si è raggiunto nella Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne, tenuta a Pechino nel settembre del 1995. In questa occasione i governi si sono impegnati nella Piattaforma di azione di Beijing, un dettagliato piano per sradicare discriminazione e povertà. I membri hanno ribadito e rafforzato questa piattaforma nel 2000 durante la revisione dei cinque anni, e successivamente quella dei dieci anni nel 2005.

Tuttavia, una valutazione sulla realizzazione della Piattaforma d’azione di Pechino, svela un notevole divario tra le politiche elaborate e la loro applicazione. L’assenza di una volontà politica si riflette in particolare nella scarsità di risorse disponibili. 

Contro questa mancanza di impegno concreto si è espresso lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite in occasione della giornata internazionale della donna del 2008. Secondo i critici, il consolidamento della legislazione non è stato aiutato dal grande numero di organizzazioni Onu che lavorano sui differenti aspetti della disuguaglianza di genere. Come conseguenza del processo di riforma Onu, sono state avanzate richieste per una più fluida architettura delle agenzie e, quindi, coerenza nella lotta per i diritti delle donne.

Europa e Italia, in statistiche
All’interno dell’Unione europea si lavora da tempo sul tema della parità fra generi, comunitariamente e nei singoli stati membri, con risultati apprezzabili su diversi fronti: salute, istruzione, legislazione, tutela. Ciò nonostante rimangono grandi sfide da affrontare. Le donne continuano a giocare un ruolo importante nella crescita dell’occupazione in Europa ma restano sfavorite rispetto agli uomini nel mercato del lavoro, come confermano sia la seconda edizione di "Life of women and men in Europe - a statistical portrait" pubblicato da Eurostat, sia l’edizione 2008 del rapporto adottato dalla Commissione europea sulla Parità fra donne e uomini
Nonostante il livello più alto di istruzione (il 59% dei laureati è costituito da donne), continuano a ricoprire ruoli meno significativi rispetto agli uomini e a ottenere stipendi più bassi (in media il 15% meno). Da una parte, più del 7,5% dei 12 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa creati dal 2000 è stato occupato da una donna. Dall’altra, il livello di impiego femminile rimane più basso (14,4 punti in meno).
Su questo tema si è pronunciato il Parlamento europeo con una risoluzione del 15 gennaio 2009 concernente la direttiva per l’attuazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne in merito ad accesso al lavoro, formazione e promozione professionali e condizione di lavoro. 

Nelle prime dieci posizioni del Report Gender Gap 2008 si distinguono come virtuosi otto paesi europei: guidano i paesi scandinavi, capeggiati dalla Norvegia. Germania e Gran Bretagna scivolano più in basso a causa di una diminuzione delle donne ai livelli dirigenziali, mentre Svizzera e Francia risalgono. Gli Stati Europei che registrano le maggiori disparità sono Georgia (82), Malta (83), Albania (87) e Turchia (123).
In questo panorama l’Italia (scheda in .pdf): non gode di una buona posizione (67), pur recuperando 18 posti rispetto al 2007 grazie all’aumento della presenza femminile in parlamento, nei ministeri e tra i manager. Non sono critiche le situazioni di istruzione e partecipazione politica, rispettivamente alla posizione 43 e 46, ma nelle pari opportunità a livello economico l’Italia si colloca solo alla posizione 83, dopo paesi come il Botswana e il Burkina Faso. Poco incoraggiante anche la classifica dei parametri legati alla salute.

ALCUNI DATI
Donne e occupazione: risultati di un decennio
Indicatori del mercato globale del lavoro
  1997 2007
DONNE    
Occupate (in milioni) 1.001,60 1.186,10
Disoccupate (in milioni) 70,2 81,6
Tasso occupazione 49,5% 49,1%
Tasso disoccupazione 6,5% 6,4%

   
UOMINI    
Occupati (in milioni) 1.530,30 1.787,00
Disoccupati (in milioni) 94,6 108,3
Tasso occupazione 75,7% 74,3%
Tasso disoccupazione 5,8% 5,7%
Fonte: ILO, “Global Employment Trends for Women”, marzo 2008
     
     
Donne e occupazione: salariate e vulnerabili
Composizione occupazione per status dal 1997 al 2007
     
  1997 2007
DONNE    
Dipendenti salariate 41,8% 46,4%
Imprenditrici 2,1% 1,8%
Occupate in impieghi vulnerabili 56,1% 51,7%
     
UOMINI    
Dipendenti salariati 44,9% 47,9%
Imprenditori 4,3% 3,4%
Occupati in impieghi vulnerabili 50,7% 48,7%
Fonte: ILO, “Global Employment Trends for Women”, marzo 2008

Bibliografia minima
- Bartolini, S., A volto scoperto. Donne e diritti umani, Manifestolibri, Roma, 2002
- Hacker, H.M., Women as a minority group, Social Forces,1951
- Mae Kelly R., Gender, Globalization and Demcoratization, Rowman & Littlefield Publishing, 2001
- Amnesty International, Mai più! Fermiamo la violenza sulle donne, EGA, Torino 2004

Documenti utili
- Gender Gap Report 2008 (in .pdf)
- Punti di convergenza: cultura, genere e diritti umani, Report Lo stato della popolazione nel mondo 2008 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA)
- Rapporto sull’uguaglianza fra uomini e donne 2008 – Commissione Europea (inglese) (in .pdf)

[1] L’analisi si sviluppa sulla base di quattro indicatori: economico (partecipazione nei diversi ambiti occupazionali, guadagno e possibilità di carriera); istruzione (rapporto tra generi nell'educazione primaria, secondaria e terziaria); coinvolgimento politico (percentuale di donne tra le alte cariche); condizioni di salute (aspettative di vita, maltrattamenti, malnutrizione e altri fattori sanitari).

(Scheda realizzata con il contributo di Francesca Naboni)

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